Chronik | Sulla morte di Giulio Andreotti

Il lutto, l'essere per la morte, il segreto

Il titolo di questo post riprende quello dell'ultimo paragrafo di Maurizio Ferraris, "Introduzione a Derrida", Laterza, 2003, pp. 115-117.
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Foto: Transart23

Concludendo la sua introduzione a Derrida, Maurizio Ferraris accenna allo sviluppo del tema del lutto intrapreso a partire dagli anni Ottanta, dopo la morte dell'amico Paul de Man. Sovvertendo l'idea di Heidegger, che vede nella morte il momento di autenticità, Derrida, scrive Ferraris, afferma che noi possiamo esperire la morte solo attraverso il lutto per la morte dell'altro. Però "il lutto è un'esperienza incompleta, perché l'altro non viene conservato come altro, ma viene mangiato e completamente interiorizzato".

Prepariamoci dunque al lavorìo del lutto che a partire da domani sarà messo in scena per la morte di Giulio Andreotti, che da varie parti verrà "mangiato e completamente interiorizzato", finendo per lasciare solo un'ombra dell'uomo che fu.

Ma che uomo fu, Andreotti? Lo potremo mai dire? Che ruolo ha avuto nella storia italiana? Le risposte cariche di retorica che già vengono vergate nelle redazioni e nelle segreterie politiche le conosciamo già. Chiediamo dunque ancora aiuto a Derrida, via Ferraris: "non possiamo mai sapere che cosa siano davvero gli altri, come dire che ci sono segreti psicologici molto più inquietanti degli enigmi ontologici e scientifici".

L'esempio viene proprio da Paul de Man: poco tempo dopo la sua morte, emerse che, quando viveva in Belgio all'epoca della occupazione tedesca, aveva pubblicato degli articoli antisemiti su un quotiano collaborazionista. De Man, che da anni viveva negli Stati Uniti, non aveva mai fatto parola a Derrida (che, lo ricordo per inciso, scontò nell'infanzia, in quanto ebreo algerino, le conseguenze della politica antisemita della Francia occupata) di quei trascorsi. Conclude Ferraris: "Era un bugiardo? Supponeva che Derrida lo spaesse già? Si vergognava troppo? Mentiva anche a se stesso? Ecco qualcosa che non potremo mai sapere, mentre possiamo legittimamente attenderci che, col tempo, la fisica elabori una Teoria del Tutto".

Andreotti ha attraversato tutta la storia dell'Italia repubblicana, stando sempre saldamente seduto nelle stanze del potere. Andreotti sapeva molte cose. E su molte di queste ha sempre taciuto e, a meno che non emergano dal suo lascito delle carte attraverso le quali ci parli post mortem, facendo luce su molti misteri della nostra storia recente, per sempre tacerà.

Ma quante cose sapeva davvero Andreotti? Perché non le ha mai dette? Non avrebbe avuto il dovere morale di dirle? Non sarebbe stato ormai tempo che le dicesse? Ecco qualcosa che non sapremo mai. Come anche, al di fuori delle retoriche contrapposte che stanno per affrontarsi nel discorso pubblico, mai sapremo chi davvero è stato Giulio Andreotti.