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Tessitrice di culture

Un sorriso radiante e lo sguardo fiducioso - Chantal Loïal trasmette subito voglia di ballare. Ma il lavoro della coreografa antillese agisce anche su un piano politico.
Sfilata Difé Kako
Foto: Facebook

La danza unisce le persone – non è solo un modo di dire, ma la verità. Pensare invece che bisogna avere un particolare talento nei movimenti eleganti per sentire la magia, è un’illusione: basta tuffarsi nella folla effervescente all’uscita di uno spettacolo del festival Bolzano Danza, avvicinarsi a un gruppo di ballerini e ballerine che chiacchierano in francese, presentarsi e -voilà- che ci si ritrova con un grande sorriso e un invito ad assistere a una lezione di danza ispirata alle coreografie africane e antillesi.

Da scoprire c’è un mondo intero, un mondo pieno di allegria e vitalità creato da Chantal Loïal, una coreografa nata a Pointe-à-Pitre in Guadalupa che ha fatto della sua passione, la danza, non solo il suo mestiere, ma anche una missione politica legata alla rappresentazione di diverse culture. Sono incontri con professionisti e professioniste della musica e della danza ad arricchire costantemente la sua esperienza, che sceglie di condividere con entusiasmo attraverso i suoi stage, le sue "conferenze ballate" e lezioni. Dal 1995, Chantal Loïal trasmette la sua arte come fondatrice della sua propria compagnia di danza, Difé Kako, composta da ballerini e ballerine dotati/e di una formazione di ballo pluridisciplinare e musicisti/e che padroneggiano diversi strumenti a percussione. L’intenzione principale dell’associazione non è soltanto l’innovazione della danza contemporanea, ma soprattutto la diversificazione artistica dell’ambito – a questo scopo, Difé Kako ha sviluppato una varietà di concetti pedagogici e coreografici che portano il pubblico alla scoperta di un intreccio di danze africane, antillesi, tradizionali e contemporanee.

Le iniziative di Chantal Loïal sono coronate da successo: nel 2015, le è stato conferito l’Ordine nazionale della Legion d’onore (Légion d’Honneur) da François Hollande, allora presidente della Repubblica francese e solo due anni più tardi, la talentuosa ballerina ha dato vita al Féstival Mois Kréyol, un festival destinato a fare brillare la lingua e la cultura creola nella Francia continentale e non solo.

 

Chantal Loïal
Una ballerina in giro per il mondo: Chantal Loïal nella palestra della scuola elementare di Gries (Foto: Salto.bz)

 

Salto.bz: Signora Loïal, com’è nata la sua passione per la danza?

Chantal Loïal: Sin da quando ero piccola, mi piaceva ballare e ho continuato a seguire questa mia passione anche dopo essermi trasferita in Francia continentale, a Parigi, nel 1977 – ho sempre continuato a praticare la danza. Il mio professore congolese di jazz mi ha consigliato di tenermi sulla strada della danza classica, perché sono molto agile. Allora ho cominciato a frequentare corsi di danza classica, ma quando mi sono state date le prime istruzioni – “Domani si balla in collant, guai a chi sporge il sedere” – ho subito capito che non fa per me, per il mio fisico. Quando si è adolescenti, spesso non ci si sente a proprio agio a causa di certe particolarità fisiche, ma con il passare del tempo ho imparato ad accettare il mio corpo, a giocarci e a farlo parlare. In seguito, mi sono dedicata ad altri tipi di danza: da quando ho compiuto 18 anni fino all’età di 27 anni circa, ho girato il mondo insieme a delle orchestre di musica africana. Le nostre tappe si trovavano sull’intero globo, abbiamo spesso visitato l’Italia, la Spagna, gli Stati Uniti, il Giappone e in questo modo ho potuto perfezionare la danza africana e, allo stesso tempo, praticare la danza antillese.

 

Sono sempre stata affascinata dalle differenze di questi tipi di danza, dall’alterità e dalle identità multiple"

 

Lei è anche fondatrice di una compagnia di danza. Può raccontarne? 

Esatto, la mia compagnia si chiama Difé Kako, è un’espressione in lingua creola che significa “si anima” (francese: ça chauffe). È nata come sfogo creativo, il mio sfogo di gioia, piacere e amore – non potevo farne a meno, voglio dedicare tutta la mia vita alla danza. Ho fondato Difé Kako nel 1995, unendo due tipi di movimenti e gestualità diversi, la danza africana e quella antillese. Quest’anno la mia compagnia compirà già 28 anni e nel 2025 festeggeremo i suoi 30 anni! Attualmente è composta da una quarantina di persone; insieme organizziamo degli spettacoli su scala variabile: assoli, duetti, terzetti, esibizioni di otto, nove o anche venti persone. Ovviamente, non può mancare il giusto accompagnamento musicale: la mia squadra di percussionisti è specializzata nei ritmi congolesi e antillesi, come il ritmo zebola e quello tumblak. 

A Parigi offriamo delle lezioni di danza fisse ai nostri alunni e alle nostre alunne, organizziamo delle sessioni di ballo nei conservatori, dove possiamo mischiare la danza africana alle coreografie classiche e contemporanee. Inoltre, facciamo anche delle masterclass e degli stage un po’ ovunque, seguendo degli inviti, per esempio in Africa, nelle Antille e nelle altre città francesi. Quest’anno siamo venuti a Bolzano per l’ultima settimana di luglio, ma in passato siamo già stati invitati due volte dalla città di Rovereto e attualmente stiamo anche organizzando un programma per il festival d’Avignone.

 

Sfilata danza
Mille progetti: La compagnia di Chantal Loïal non si ferma mai (Foto: Facebook)

 

Dove sta la particolarità in questo vostro tipo di danza?

Difé Kako propone dei passi di danza molto ibridi, un’intersezione tra varie specie di gestualità. Per esempio, prendiamo spunto da certi movimenti di tipo mandingo, originari dai paesi dell’Africa occidentale, che si basano piuttosto sulle estremità del corpo come le braccia e la testa, e sulla cosiddetta “posizione Dooplé”, la postura tipica dei balli tradizionali africani, spesso rappresentata da diverse statuette di ballerini/e con le ginocchia flesse, i piedi paralleli fermamente piantati sul suolo, distanziati alla larghezza delle spalle, mentre lo sguardo rimane fisso sull’orizzonte. Questa posizione la ritroviamo anche nella danza antillese, caratterizzata ugualmente dal Gwoka della Guadalupa, un genere musicale per la danza di origine africana, risalente all’epoca della schiavitù. Ci ispiriamo anche al Bèlè della Martinica, una delle danze creole più antiche che riflette l’influenza dei balli di fertilità africani. Nella mia compagnia tutto ciò si mischia alla danza dell’Africa centrale, per esempio del Congo, le cui particolarità stanno nei movimenti circolari del bacino e del torace.

Sono sempre stata affascinata dalle differenze di questi tipi di danza, dall’alterità e dalle identità multiple, ma anche della singolarità di ogni persona che li pratica. 

 

Qual è il messaggio che vorresti trasmettere attraverso i tuoi passi di danza?

Personalmente mi considero situata in mezzo a un triangolo: per me era impensabile creare una mia propria compagnia, un mio progetto artistico, tralasciando la cultura africana, perché essendo nata in Guadalupa, non riesco ad immaginare di trasmettere un messaggio senza fare riferimento all’Africa, ma anche all’Europa. Il mio è un lavoro transatlantico, anche se personalmente mi sento una discendente africana – l’Africa rappresenta la radice della mia storia, le Antille invece raccontano la deportazione e la Francia vi è coinvolta a causa del fenomeno della creolizzazione. Le Antille svolgono il ruolo di una componente inaspettata nella mia storia culturale, un posto dove la cultura africana e quella europea si intrecciano; perciò, spero che le coreografie di Difé Kako possano diventare a loro volta qualcosa di inaspettato che adesso presento al pubblico e che altri/e continueranno a presentare nel futuro. Si tratta di un lavoro che persiste a lungo termine, perché il tipo di danza che insegniamo e pratichiamo è un patrimonio immateriale che si costituisce anche attraverso gli artisti che integrano la compagnia: ballerini e ballerine, musicisti e musiciste, uomini e donne che trasmettono con entusiasmo questo prodotto ottenuto dalla fusione di culture diverse.

 

Ballo della compagnia Difé Kako
Solo sorrisi: Le ballerine di Difé Kako si esibiscono (Foto: www.dna.fr)

 

In che misura le sue coreografie trasmettono un messaggio politico?

Danzando nella mia compagnia, voglio passare un messaggio al pubblico, voglio tematizzare delle questioni sociali. Per esempio, abbiamo avuto l’occasione di realizzare dei progetti sulla Prima Guerra mondiale per non farla cadere nell’oblio, abbiamo trattato l’argomento della discriminazione a causa dei colori di pelle nei quartieri di Château Rouge e Château d’Eau a Parigi e ho anche parlato della storia di Saartjie Baartman, una donna Khoikhoi che fu ridotta alla schiavitù ed esibita in tutta Europa per la sua forma del corpo, sotto il nome di Venere ottentotta. Facciamo anche alcuni progetti per sensibilizzare sull’argomento dei cambiamenti climatici, il mio obiettivo è sempre di trasmettere un messaggio attraverso la danza e di incoraggiare all’azione politica – è uno degli aspetti fondamentali del mio lavoro, perché la vita su questa Terra è corta e vorrei sfruttarla per trasmettere dei valori sociali alle persone. Direi dunque che il mio contributo artistico si muove anche su un piano politico.

 

La danza che insegniamo e pratichiamo è un patrimonio immateriale" 

 

Nel 2017 ha creato il Festival Mois Kréyol che ha avuto un grande successo negli ultimi anni. Cosa avete programmato per l’edizione del 2023?

La nuova edizione del festival è intitolata An ka palé kréyol, tradotto significa “io parlo creolo” (francese: je parle créole), e vuole mettere in avanti la lingua creola attraverso alle cosiddette rappresentazioni immersive. Inviteremo il pubblico a prestare attenzione alle varie sfumature delle voci dei Caraibi che risuoneranno nella nostra musica, al ritmo dei nostri tamburi e dei nostri passi di danza. Bisogna anche volgersi al passato in modo da comprendere le multiple identità della cultura creola. Per questo motivo il festival di quest’anno celebra in maniera particolare le personalità e gli eventi storici che hanno segnato i Caraibi e vi hanno permesso l’inclusione della cultura creola. Festeggeremo insieme il 220º anniversario di Toussaint Louverture, un ex schiavo che nel 1801 proclamò l’indipendenza di Haiti, i 170 anni dall’immigrazione del popolo indiano nelle Antille che contribuì alla ricchezza culturale delle isole, e il 40º anniversario della giornata internazionale della cultura e delle lingue creole. Inoltre, vorremmo dedicare la nuova edizione del festival a Sylviane Telchid, deceduta proprio nel mese di marzo di quest'anno, che ha consacrato la propria vita alla trasmissione e all’insegnamento della lingua creola.

Il festival comincerà a ottobre in Francia continentale, dopodiché, a gennaio del 2024, ci sposteremo in Guyana, Martinica e Guadalupa, ovviamente portandoci dietro il nostro repertorio variopinto di concerti, teatrini, spettacoli di danza, atelier immersivi e sfilate in città. Nel 2022, abbiamo riunito più di 12.000 persone – quest’anno speriamo di battere il record!

 

Può descrivermi l’attività della compagnia Difé Kako a Bolzano?

Siamo stati invitati dagli organizzatori e dalle organizzatrici di Bolzano Danza; hai appena assistito a un nostro corso per principianti, ma durante questa settimana abbiamo anche dato delle lezioni ai bambini. Per questo corso aperto agli adulti invece ci è stato chiesto di organizzare delle lezioni adatte anche alle persone anziane; quindi, ho ideato delle coreografie più facili. Altre volte faccio sperimentare la gestualità africana ai ballerini e alle ballerine professionali nell’ambito danza classica o contemporanea, ma per ora Bolzano non mi concede più di organizzare questo tipo di corsi, perché l’associazione fa fatica a trovare dei professori e delle professoresse di danza che si adattano alle capacità individuali dei/delle partecipanti.

Tra l’altro, Bolzano Danza ci ha già invitati nel 2010/2011 per un assolo, la sfilata di Carnevale e un grande ballo in piazza. Quindi adesso aspetto un invito per i nostri 30 anni, me lo auguro – bisogna dirlo all’associazione, scrivilo nel tuo articolo!

 

 

Kalimba
La musica è fondamentale: Vincent, musicista di Difé Kako, mostra uno strumento tipico africano, il kalimba  (Foto: Salto.bz)

 

Cosa ne pensa di Bolzano e dell’Italia?

Adoro Bolzano! Trovo che sia una città molto bella, mi piacciono soprattutto i piatti tradizionali e – come si chiama? – l’Aperol Spritz! Adoro l’Italia in generale, sono anni e anni che ci torno per ballare, per esempio ho organizzato dei balli anche a Roma per cinque anni di seguito e sono persino stata invitata alla Villa Medici.

 

Se potesse dare un consiglio di vita ai lettori e alle lettrici di Salto.bz, quale sarebbe?

Vorrei rivolgermi a chiunque abbia una passione come la mia e non osi fare il grande passo di realizzare i propri sogni: prima di tutto vi auguro tanto coraggio. Ricordate che non bisogna mai arrendersi, ma dotarsi dei mezzi necessari per continuare il proprio percorso, l’importante è avere tanta perseveranza e ostinazione. Credo che la cosa più importante però sia la fiducia in sé stessi, molto difficile da acquisire una volta per tutte – per questo motivo dovete circondarvi di persone che sappiano alimentare le vostre passioni e dirvi di tenere lo sguardo fisso sui vostri obiettivi: non guardate mai indietro, non arrendetevi.