Chronik | Dopo la frana

“Eberle e non solo, ecco le zone rosse”

Il geologo della Provincia Volkmar Mair sulla tragedia sfiorata all’hotel Eberle, il futuro della struttura e il pericolo dalle montagne attorno a Bolzano.
Mair, Volkmar, geologo, Provincia
Foto: Asp

salto.bz: Volkmar Mair, responsabile dell’ufficio geologia della Provincia di Bolzano, quali sono gli ultimi sviluppi per la situazione dell’hotel Eberle, travolto dalla frana martedì 5 gennaio?

Volkmar Mair: Non ci sono particolari novità, il sopralluogo di mercoledì ha confermato quanto già dichiarato martedì sera subito dopo il crollo, ovvero il fatto che la roccia fosse satura d’acqua e che ci sia stato il probabile contributo del gelo per il cedimento. I geologi e ingegneri incaricati dal proprietario hanno compiuto sopralluoghi presso i massi, sia mercoledì che giovedì mattina (ieri, ndr), però alla fine i dati sono quelli.

Anche i numeri sulla dimensione del cedimento, duemila metri cubi di roccia, sono confermati.

Sì, la quantità è quella. Riguardo alla statica dell’edificio, è ancora in fase di verifica perché ci vuole tempo. La struttura dell’Eberle è grande e l’accesso è critico. Si arriva solo con una stradina stretta. Occorre quindi verificare quali sono le possibilità tecniche ma anche finanziarie per trovare una soluzione fattibile.

Per l’hotel Eberle, le prime analisi sono confermate. Serve tempo e sangue freddo per stabilire cosa è fattibile, viste le direttive per i Piani di pericolo

 

 

C’è qualche stima sul costo?

No e non è neanche compito dell’ufficio geologia stimare questo, spetta al proprietario.

Si può dire se la struttura potrà essere riutilizzata?

Ancora no, perché come si può ben pensare è un manufatto molto grande, in più ci sono il garage e le infrastrutture. Bisogna verificare con cura e con calma tutto, compreso ciò che è eventualmente riutilizzabile. Ancora, occorre verificare i costi e i benefici tra il demolire tutto e ricostruire, o ricostruire una parte. Ma va stabilito anche che cosa è fattibile, visto che ci sono le direttive per i Piani di pericolo. Ci vuole un po’ di tempo e sangue freddo.

 

 

Allargando lo sguardo ai dintorni, ci sono altre situazioni di rischio elevato nella conca di Bolzano come quella che è emersa a Santa Maddalena?

Basta verificare il Piano di pericolo, accessibile liberamente sul geobrowser (qui il link, ndr) della Provincia: abbiamo tanti pendii in zona rossa. Da Sant’Osvaldo e Santa Maddalena, fino alla zona che confina con Terlano, a nord, ma anche al Virgolo dove abbiamo fatto interventi un anno fa. Poi ci sono le frane sulla ferrovia, sempre vicino al Virgolo. Meno critica invece la situazione ad Aslago, dove le pareti sono più lontane dagli insediamenti. In ogni caso di zone ce ne sono. Ovunque abbiamo pendii ripidi, con porfidi più o meno fratturati, c’è sempre il rischio di una caduta massi. E a condizionare il quadro è la situazione meteorologica e delle temperature: questa fa sì che adesso siamo in piena fase di gelo-disgelo, anche più volte al giorno. Basta vedere le temperature di stamattina (ieri, ndr): meno quattro al mattino e pomeriggio più 5, più 6.

Ovunque abbiamo pendii ripidi, con porfidi fratturati, c’è sempre il rischio di una caduta massi, per giunta con questo mix di pioggia e neve. Va detto che il Comune ha realizzato oltre mille opere di protezione

Questo fenomeno è peggiorato negli ultimi tempi?

È un inverno normale come temperature, purtroppo è il terreno è imbevuto d’acqua e va considerato il mix di pioggia e neve. Tali quantità di precipitazioni non sono normali.

Quanto è avvenuto impone una maggiore cautela per le zone abitate a ridosso delle pareti montuose, a Bolzano come nel resto dell’Alto Adige?

Sì, ma è difficile. Non è che i cedimenti si vedono a occhio nudo. Se uno fa un giro e vede delle fratture è un conto, ma questi movimenti iniziano lentamente, in modo impercettibile. Non vorrei poi che le persone girassero tutti i pendii sopra Bolzano e poi qualcuno possa cadere e farsi male. Va inoltre considerato che se si apre il Piano di pericolo si vedono tutte le opere di mitigazione esistenti nel catasto. Su questo fronte il Comune di Bolzano ha fatto tantissimo, tra tomo-valli, reti paramassi, reti aderenti: sono oltre mille opere.

Dunque sul fronte della prevenzione si fa già abbastanza?

Siamo a buon punto, ovviamente non siamo mai perfetti. Ci sono delle lacune, ma con una lista di priorità il Comune con i contributi della Provincia farà quello che è possibile.

 

 

C’è una priorità su tutte?

Io non conosco i piani del Comune capoluogo, ma so che stanno facendo sempre manutenzione e ci sono sempre lavori in ballo. Ad esempio l’ufficio geologia e prove materiali ha appena fatto di tutto per iniziare i lavori di messa in sicurezza sul Virgolo. Lì dove l’anno scorso abbiamo fatto il disgaggio adesso tutta la porzione tra l’autostrada e la galleria verrà mitigata con opere (qui l’articolo di salto sul tema, ndr). I lavori partiranno a febbraio.

Quindi si fa tanto.

Si fa quello che si riesce a fare con i soldi a disposizione che peraltro cerchiamo di ottenere anche fa fondi europei e dai fondi di Italia sicura.

Tornando all’Eberle, si è parlato di 2.000 metri cubi da rimuovere, per quante tonnellate?

Il calcolo si fa presto, ogni metro cubo di roccia vale circa 2,7 tonnellate.

Volendo rimuoverle, come si fa?

Essendo difficile arrivare lassù, i camion da utilizzare non potranno essere grandissimi. Prevedo che un camion possa caricare un numero di metri cubi tra i 7 e i 10, non di più. Se facciamo i 2.000 metri cubi per 2,7, sono circa 5.600 tonnellate, diviso 10 corrispondono più o meno a 500 camion.

Per  il futuro dell’hotel Eberle dipende tutto dalle possibilità economiche dei privati. Una soluzione sono certo si troverà

C’è un costo per ciascuna corsa del camion?

Non saprei e comunque dipende molto dall’accessibilità. L’operazione è certamente costosa, la questione non è facile.

A oggi non ci sono certezze sul futuro dell’hotel?

Dipende molto dalle possibilità che i proprietari avranno per demolire, portare via il materiale, rifare le opere di mitigazione che certamente saranno necessarie per contenere il pericolo della parete, dell’ammasso roccioso. Sono calcoli che non si fanno a spanne, passerà minimo un mese. Ci vuole un buon gruppo di lavoro, ma poi sono sicuro che si riuscirà a trovare una soluzione idonea.