Senza Schengen si perdono 10 miliardi

“Back to Schengen”, si chiama così il documento con il quale Jean-Claude Juncker si presenterà oggi (7 marzo) al Consiglio europeo sull’emergenza rifugiati. L’idea, scrive Federico Fubini sul Corriere della Sera è quella di “pilotare i leader europei verso un percorso a tappe per poter riattivare la libertà di circolazione in Europa già da dicembre”; fra gli obiettivi anche quello di aiutare la Grecia nella gestione dei flussi.
Cosa significherebbe sospendere il trattato di Schengen per l'Italia? Secondo il report della Cgia di Mestre, che per i suoi calcoli si è basata sullo studio francese “The economic cost of rolling back Schengen” e su quello tedesco “Abkehr vom Schengen-Abkommen”, guai grossi. Tradotto in cifre: dai 5 ai 10 miliardi di euro, a seconda di quanto saranno restrittive le misure relative al blocco dei confini; per la precisione 5,1 miliardi in caso di controlli “blandi” e 10,3 miliardi in caso di un ripristino “radicale” delle frontiere. Un impatto non indifferente per un’economia già fortemente vessata.
Tre sono i settori che, secondo l’associazione degli artigiani e delle piccole e medie imprese, subirebbero le maggiori conseguenze derivanti dall’aumento dei tempi per l’attraversamento della frontiera: il turismo, l’attività dei lavoratori transfrontalieri, il trasporto merci. Due gli scenari prospettati: nel primo si immagina un ritorno a controlli meno invasivi, nel secondo si prende in considerazione “un’attività più stringente della polizia di frontiera”.
Le conseguenze peggiori si avrebbero sulla reintroduzione dei controlli delle merci che potrebbe dar luogo a un forte allungamento dei tempi di attraversamento delle frontiere con la Francia, l’Austria, la Svizzera e la Slovenia, che significherebbe una perdita media del Pil tra i 4,8 e i 9,7 miliardi di euro all’anno a causa dei maggiori costi applicati ai prezzi per le importazioni che, proporzionalmente, inciderebbero sul costo finale dei prodotti.
Altra criticità quella legata ai turisti giornalieri o del fine settimana che potrebbero rinunciare a visitare l’Italia per qualche giorno di vacanza, un’eventualità che comporterebbe una perdita annua variabile tra i 233 e i 465 milioni di euro all’anno. Da non sottovalutare, inoltre, i lavoratori transfrontalieri che dovrebbero sottoporsi ogni giorno al controllo dei documenti causando inevitabilmente code che potrebbero costare tra i 53 e 230 milioni all’anno.
“Anche se fosse temporaneo, l’eventuale ripristino delle frontiere – osserva il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – ci renderebbe tutti meno europei, con ripercussioni negative in campo economico sul fronte dell’export che, ricordo, solo nell’ultimo anno ci ha garantito un saldo commerciale di 45 miliardi di euro”.
Fonte: Cgia di Mestre
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