Kultur | Haydn

“...la bellezza come responsabilità.”

“Gli ultimi giorni di Garibaldi” è la nuova composizione di Alessandro Meacci. L'intervista di SALTO al compositore, pianista, ricercatore, ideatore culturale e docente, classe 1997.
Alessandro Meacci, compositore
Foto: FHS
  • SALTO: Maestro Meacci, nella sua biografia si legge che suo padre, di professione psicologo, le ha fatto conoscere un repertorio ampio quanto eterogeneo, da Bach ad Arvo Pärt, da Duke Ellington a Miles Davis, e Genesis e King Crimson. Oggi cosa preferisce ascoltare?

    Alessandro Meacci: Ascolto ancora tutto questo, con la stessa curiosità di quando ero bambino. Ma oggi, più che mai, cerco la musica primitiva: le culture che vivono ai margini, le tradizioni che si stanno estinguendo, le sonorità arbëreshë di Calabria e Sicilia, i ritmi delle culture africane e orientali che non si trovano sulle piattaforme. Mi affascina la musica “senza firma”. È da lì che nasce spesso la mia scrittura: da ciò che non si ascolta più.

     

    "Gli ultimi giorni di Garibaldi è il ritratto di un uomo disilluso, alla fine della vita."

     

    Cosa la affascina nell’uomo che ha smantellato il Regno d’Italia, ed è celebrato in Europa e America Latina per la sua lotta per la libertà?

    Mi affascinava il suo lato umano ed emotivo, più ancora della storia. Gli ultimi giorni di Garibaldi è il ritratto di un uomo disilluso, alla fine della vita, ritiratosi sull’isola di Caprera, consapevole che la sua Italia non sarebbe mai esistita. Garibaldi diventa simbolo del tramonto di un ideale, di una nazione che si scopre fragile dopo il sogno. È un’opera nata sul testo del M° Vicari, direttore artistico di Roma Tre Orchestra, che mi ha donato questo scritto, a tratti doloroso ed introspettivo. Un lavoro molto sentito e forse anche provocatorio dalle vostre parti, ma proprio Trento ha a che fare con il destino umano di Garibaldi. Sono commosso ed onorato di ascoltare queste note da un’orchestra importante e luminosissima come la Haydn, con un Direttore come il M° Bonato che ha grandissima lucidità e preparazione sulle partiture orchestrali e credo abbia preso a cuore questo titolo. La Fondazione Haydn ed il suo pubblico, partecipe ed entusiasta, sono come un faro alessandrino in un ambiente spesso grigio della musica classica.

  • “Gli ultimi giorni di Garibaldi”:: la prima pagina della partitura commissionata dalla Fondazione Haydn. Foto: Alessandro Meacci - FHS
  • Ci descrive con quattro aggettivi (o come preferisce) la sua nuova composizione?

    Direi: meditativacrepuscolare, narrativa e ossessiva.
    È una partitura che lavora sulla sottrazione, sulla memoria del suono. Ho cercato di scrivere come se la musica fosse già un ricordo, e non fosse solo musica, ma tutto avesse carattere descrittivo, come se Garibaldi stesso parlasse da un luogo oltre il tempo. Ampio spazio viene dato alle percussioni, mia particolare passione, che sono distribuite secondo una geografia dei suoni: America Latina e Sud Italia, con ritmi ed idiomi tipici del folklore con gli immancabili marranzano putipù. Chi ha potuto sfogliare la partitura in anteprima mi ha detto che si avverte la caducità dell’Italia verista, dagli scorci di Franco Alfano ma anche scenari cinematografici del secondo novecento. Per mia cifra stilistica non rinuncio mai alla melodia. In questo sono orgogliosamente italiano.

    Lei si è diplomato con il massimo dei voti in Pianoforte e con lode in Composizione, si è poi specializzato in Musica elettronica e informatica musicale. Come si augura evolva l’uso dell'intelligenza artificiale nella composizione musicale? Lei ne fa, o ne farà, uso?

    La tecnologia è un meraviglioso strumento, credo che l’intelligenza artificiale possa diventare un prolungamento della mano di un artista solo se rimane al servizio dell’intuizione umana e dell’umanesimo che ci muove. Nella mia scrittura uso già sistemi algoritmici e generativi, ma sempre come estensione poetica del pensiero. L’AI può aiutare a moltiplicare le possibilità, non a sostituire la coscienza del gesto. La vera musica nasce ancora dall’ascolto profondo, non meramente dal calcolo, dal dialogo con gli strumentisti e i segreti nascosti della tecnica che ogni strumento sottende. Il compositore deve avere un controllo maniacale e totale di tutti i dettagli prima ancora di scrivere. Tanta musica del secondo novecento ha mortificato il pubblico ma la libertà del nostro tempo ha permesso di rompere un tetto di cristallo che altrimenti avrebbe impedito anche ad un giovane come me di farsi strada tra musica per televisione, teatro di prosa, opera lirica e musica assoluta, generi che frequento con la stessa passione e dedizione da dieci anni.

     

    "Viviamo in un’epoca in cui tutto coesiste."

     

    Nella sua pagina web, in bella evidenza, troviamo citata questa frase del 1927 di Arnold Schoenberg: “La musica moderna ha incentrato il proprio interesse su due problematiche: quella della tonalità e quella della dissonanza. Non si può dire che il conflitto relativo a queste questioni sia nuovo, né che sia combattuto con armi nuove.”
    A quasi cento anni di distanza, questo conflitto esiste ancora? Lei cosa considera “dissonanza”?

    Esiste ancora, ma ha cambiato forma. Viviamo in un’epoca in cui tutto coesiste: il canto popolare e l’elettronica, il barocco e il trap, l’atonalità e il silenzio. La dissonanza è la frizione tra mondi che non si parlano più. Nel mio lavoro cerco di ricucire questi frammenti, di restituire alla dissonanza un valore etico prima che estetico. La meraviglia del vivere sta nelle profonde contraddizioni che descrivono noi uomini, farle tacere produce solo frustrazioni. Bisogna avere il coraggio di ritrovare il pubblico della musica colta ma senza perdere di vista che l’arte non deve subire i dettami del mercato, semmai l’opposto.

  • Alessandro Meacci: ha ricevuto commissioni da istituzioni musicali quali: Fondazione Haydn di Bolzano, Fondazione Teatro Politeama di Catanzaro, Accademia Filarmonica Romana, Roma Sinfonietta, Festival d’Autunno, Ensemble Nuove Musiche Savona, Accademia Erard di Ancona e Roma Tre Orchestra. Foto: FHS
  • Nel corso o a margine di un suo concerto le è capitato un episodio buffo (o tragicamente comico) di cui ancora sorride?

    È stato uno degli episodi più rocamboleschi della mia vita musicale. Era il 2019, in occasione della Festa della Musica di Roma, e mi ritrovai a dover portare, letteralmente in spalla, un pianoforte digitale con relativa pedana mobile su per le scalinate di Piazza del Campidoglio. Un’impresa titanica, degna più di un atleta che di un musicista. Arrivato finalmente sulla piazza, sudato ma trionfante, mi resi conto che avrei dovuto fare quello che in gergo si chiama “il gommone”: fingere di suonare, mentre la musica veniva trasmessa in playback. In quel momento capii che certe follie si fanno solo da giovani, con una buona dose di incoscienza e tanta passione.

    Pensa con Dostoevskij che “la bellezza salverà il mondo”?

    Sì, ma solo se sapremo restituirle il suo senso originario: la bellezza come responsabilità, non come ornamento. La bellezza che salva è quella che inquieta, che interroga, che costringe a guardare in profondità. È la stessa bellezza che ho cercato di evocare negli Ultimi giorni di Garibaldi: una bellezza ferita, ma ancora capace di accendere un moto di speranza.


     

  • Martedì 18.11.2025 alle 20.00

    Stagione sinfonica Orchestra Haydn

    Arsenii Moon, pianoforte

    Alessandro Bonato, direttore

    musiche di Meacci, Rachmaninow e Verdi

    Bolzano, Auditorium