Un partito come tutti gli altri
Scandali intercettati
Ogni partito ha i suoi scandali. E ogni scandalo che si rispetti ha le sue intercettazioni, che in Italia sono lo strumento principe e definitivo delle indagini giudiziarie.
Sentire un politico denigrare un collega sta diventando un fatto del tutto banale. È lampante che tra i politici la stima reciproca è generalmente scarsa e i giudizi spregiativi che spesso essi danno l’uno dell’altro sono parte dell’armamentario con cui si scende in campo. Ci sono però frasi che si dicono solo in contesti riservati e confidenziali, come una telefonata o un colloquio privato, lasciandosi andare a un linguaggio non proprio diplomatico, e ciò le rende molto più autentiche di una dichiarazione pubblica, per quanto offensiva o sboccata. Nessuno dice «il tale è un cretino» ai microfoni di radio e tv, ma al cellulare sì. E quando si è intercettati e l’intercettazione diventa di dominio pubblico, allora davvero le parole che sono uscite di bocca diventano pietre, per chi le riceve e per chi le ha scagliate. Vale per chiunque, per un motivo o per l’altro, inciampi in un incidente del genere. Tutti sappiamo, con- cedendo tanto o poco al cinismo, che le imprese vogliono fare affari. Ma sentire l’audio di una telefonata tra due imprenditori che poche ore dopo il terremoto dell’Aquila ridono pregustando i lucrosi appalti che si aggiudicheranno con la ricostruzione, fa tutt’altro effetto.
Uno scandalo simile cade addosso alla SVP nella primavera del 2022 con la pubblicazione del libro dal titolo Freunde im Edelweiss. Ein Sittenbild der Südtiroler Politik (Amici nella stella alpina. Uno spaccato etico della politica sudtirolese), scritto a quattro mani dai giornalisti Christoph Franceschini e Arthur Oberhofer. Viene presentato il 18 marzo a Bolzano; la sala del Filmclub è affollatissima, perché la storia è nell’aria da mesi. Si sa che c’è un’indagine della Procura sulla gara per il servizio trasporto persone intercomunale su gomma in Alto Adige/Südtirol, un appalto da 960 milioni per dieci anni; si sa che riguarda alcuni titolari di imprese private, diversi funzionari pubblici e lo stesso presidente della Giunta provinciale, poi prosciolto da tutte le accuse. Il libro contestualizza e trascrive le parti più salienti dell’indagine, che a quel punto ha già messo insieme seimila pagine a fronte di cinquecento ore di intercettazioni, con relativi brogliacci raccolti nel corso di cinque mesi a cavallo tra il 2018 e il 2019. Per quattro di queste intercettazioni nel volume sono riportati codici QR che permettono di ascoltarle dalla viva voce dei protagonisti.
C’è una Ur-Partei, uno zoccolo duro del partito che tenta in modo massiccio, con minacce e avvertimenti, di favorire la SAD. È un nucleo orientato alla conservazione del vecchio sistema, con a capo Luis Durnwalder
La vicenda è intricata, ma la sostanza è questa: c’è una Ur-Partei nella Volkspartei, uno zoccolo duro del partito che tenta in modo massiccio, con minacce e avvertimenti, di favorire la SAD, azienda privata di trasporti che gestisce tale servizio da diversi decenni. È un nucleo orientato alla conservazione del vecchio sistema, con a capo l’ex presidente della Giunta provinciale Luis Durnwalder e insieme a lui gli uomini e le donne che ha saputo raccogliere intorno a sé nella sua lunga carriera: assessori e consiglieri provinciali, Obmänner, sindaci, funzionari, avvocati, professionisti, tanta gente comune cui piace lo stile decisionista del vecchio Landeshauptmann, e per finire l’amministratore delegato della SAD Ingemar Gatterer, che gli elargisce un compenso annuo di novantamila euro in qualità di consulente, dichiarando di essere disposto a seguirlo «come un cagnolino».
Nemici di partito
Nelle intercettazioni sentiamo alcuni di costoro tramare per imporre il loro uomo, Thomas Widmann, all’Assessorato provinciale alla Mobilità, denunciando il concorrente, Daniel Alfreider, esponente di punta della SVP-Ladina, per un presunto abuso edilizio e cercando prove e indiscrezioni a suo carico. Ascoltiamo un sindaco, nonché esponente SVP, augurarsi un salasso elettorale per i suoi colleghi di partito, scopriamo che una segretaria dell’ufficio coinvolto nello svolgimento della gara spedisce via posta elettronica documenti riservati e si incontra con un rappresentante della SAD, e veniamo a conoscenza di molto altro. Per esempio del fatto che Luis Durnwalder, che di giunte provinciali se ne intende, fa da suggeritore della Lega e avverte il consigliere Massimo Bessone di non lasciarsi abbindolare dalla Volkspartei nelle trattative per la formazione del nuovo governo provinciale: «Guarda, gli ho detto, come minimo dovete chiedere l’Assessorato alla Cultura italiana e poi all’Edilizia e soprattutto alla Mobilità», rivela Durnwalder al sodale Gatterer durante una telefonata. Il tutto dopo aver sottolineato a più riprese, in altre conversazioni telefoniche, di avere un certo ascendente sugli uomini del Carroccio. C’è un particolare, nelle intercettazioni nelle quali inciampa Durnwalder, che la dice lunga sulla sua furbizia. Emerge quando suo nipote Meinhard gli chiede di intervenire presso Calderoli, amico di vecchia data dello zio, affinché i vertici bolzanini della Lega si convincano a compiere determinate scelte e a porre certe condizioni per entrare in giunta. Durnwalder approva, ma invita il nipote, che tra l’altro è senatore, a contattare lui stesso Calderoli per dirgli che c’è una situazione ingarbugliata con gli uomini di punta del Carroccio a Bolzano e che può telefonare a zio Luis per saperne di più. Capito? Un conto è fare una telefonata, un altro riceverla.
Nelle intercettazioni ce n’è anche per l’Obmann Achammer – «sì, sì, Philipp...» – e soprattutto per il presidente della Giunta in carica, Arno Kompatscher: «un debole», uno che «fa porcherie», «una catastrofe», lo definisce l’assessore alla Sanità Thomas Widmann, che vuole fargli le scarpe. E finalmente il giudizio più atteso, visto il tono: «ein Trottel», uno scemo. Indigeribile. Il minimo che l’interessato possa fare è licenziare il suo “ministro”, il quale, dopo un’iniziale resistenza, pressato dal partito getterà la spugna.
Poi, dice Kompatscher, c’è da affrontare la questione morale, altrimenti «siamo un partito come tutti gli altri»: fine della specialità sudtirolese, con tutti gli annessi e connessi.
C’è da affrontare la questione morale, dice Kompatscher, altrimenti «siamo un partito come tutti gli altri». Un partito nel quale, secondo il cancelliere tedesco Konrad Adenauer, il più acerrimo nemico di un uomo politico è il suo collega di partito.
Questione morale
Veder sollevare la “questione morale” può far sorridere il pubblico italiano, che ne sente parlare da mezzo secolo. Anche l’affare SAD: nulla di nuovo, penserà chi per forza di cronaca ha fatto il callo agli scandali e sa bene, secondo la massima attribuita al cancelliere tedesco Konrad Adenauer, che il più acerrimo nemico di un uomo politico è il suo collega di partito. Ci sono però diversi motivi per ritenere che questo scandalo non sarà assorbito come altri, archiviati con perdite tutto sommato contenute. «È il più grave della nostra storia», hanno dichiarato due ex Obmänner della stella alpina, Siegfried Brugger ed Elmar Pichler Rolle.
Intanto, il grado di cinismo tra i sudtirolesi non è così alto e diffuso come in altre parti nel Paese. La SVP può anche essere stata, fin da principio, un partito “come tutti gli altri”, ma di certo una quota significativa dei suoi elettori e militanti non la riteneva tale. La delusione per loro è cocente, e non tutti rimarranno fedeli al simbolo che hanno votato per decenni. La stella alpina è sopravvissuta ad altre tempeste, per esempio lo scandalo SEL nel 2014, dal nome della società elettrica creata dalla Provincia di Bolzano, che era all’epoca l’assegnataria delle concessioni per le principali centrali idroelettriche del territorio. In quell’occasione un alto esponente del partito, l’assessore provinciale all’Energia Michl Laimer, fu accusato di aver pilotato le procedure di gara, “aggiustando” le varie offerte in modo da far assegnare la maggior parte delle concessioni alla società facente capo alla Provincia. Finì per patteggiare una condanna per abuso d’ufficio, truffa, falso ideologico e turbativa d’asta. Brutta storia, anche se si poteva sostenere – sia pure non ufficialmente, e con un certo cinismo – che in fondo l’assessore avesse fatto bene a tenere l’energia sotto il controllo di un’azienda pubblica. L’affare SAD è però diverso, perché in questo caso la SVP e il suo sistema non possono far credere di difendere un interesse pubblico; c’è piuttosto uno schieramento che bombarda l’altro.
L’affare SAD è diverso dallo scandalo SEL, perché in questo caso la SVP e il suo sistema non possono far credere di difendere un interesse pubblico; c’è piuttosto uno schieramento che bombarda l’altro.
La SVP ha conosciuto altre divisioni, che però avevano sempre a che fare con la questione etnica, ovvero con le strategie da adottare per garantire alla minoranza sudtirolese la migliore tutela. Magnago prese la guida del partito scalzando il gruppo dirigente di notabili, accusato di volersi accordare con la DC trentina; al congresso straordinario del 1969, come abbiamo visto, il senatore Peter Brugger, e con lui quasi metà del partito, erano per il “no” al Pacchetto, ritenendolo una misura insufficiente a soddisfare le richieste sudtirolesi. Anche nel 1992, quando la Landesversammlung dovette esprimersi sulla “quietanza liberatoria”, c’era chi sosteneva un nuovo “no”: ciò che ci hanno dato non è abbastanza, la vertenza va tenuta aperta. Nell’affare SAD la questione etnica non c’entra nulla, c’entrano invece gli affari. E quando si tratta di affari, ci si fanno pochi riguardi.
(...)
Conservatori e progressisti
Si è tentati di dividere il campo del partito secondo una linea di demarcazione classica, che finalmente verrebbe a coincidere con i tradizionali schieramenti della politica europea. Intorno al vecchio Landeshauptmann Durnwalder si aggrega un’area conservatrice, espressione di cordate abituate a imporre i loro interessi, che rimpiange lo stile di governo paternalista-decisionista. L’attuale Landeshauptmann Kompatscher si presenta invece come un liberal-progressista, più aperto alle riforme, attento al dialogo e alle ragioni dell’ecologia. Fossimo in Austria, e non ci fosse di mezzo la questione etnica, i sostenitori del primo si riconoscerebbero nella ÖVP, il Partito popolare, quelli del secondo nella SPÖ, il Partito socialdemocratico, e in parte anche nei Grünen, i Verdi.
I conservatori mantengono intatta la loro forza all’interno del partito, possono contare su gruppi d’interesse ben affiatati e su strutture di comando ancora attive, lascito della vecchia stagione. I progressisti riscuotono anche simpatie esterne al mondo Volkspartei, che però hanno poca probabilità di tradursi in consenso elettorale. Chi ha sempre criticato il sistema SVP sta dalla parte di Kompatscher, perché lo considera colui che si oppone alla vecchia classe dei “prepotenti”; ma difficilmente, al momento del voto, metterà la croce sulla stella alpina.
Più di una lobby
Il fatto è che non c’è questa sola divisione. Le lobbies tenute insieme dal partito di raccolta sembrano infatti andare ognuna per conto proprio. I contadini costituiscono il più influente gruppo di pressione. Come misura di sostegno per l’aumento del costo dei mangimi e dell’energia, nell’aprile del 2022 hanno ricevuto dalla Provincia una sovvenzione di trecento euro a mucca per le stalle che ne hanno un minimo di tre e fino alle prime trenta: una manovra costata quindici milioni. Vogliono inoltre norme più lasche per quanto riguarda la ricettività, per poter destinare più camere all’attività agrituristica. Albergatori e pubblici esercenti si oppongono, perché temono la concorrenza dei masi. Nelle città si fanno largo i centri commerciali e la grande distribuzione: una minaccia per i piccoli negozianti, che a loro volta chiedono norme urbanistiche più stringenti per difendere il loro servizio di vicinato. Gli industriali tuonano contro la burocrazia, chiedono il taglio dei posti provinciali e spesso accusano la Giunta di favorire gli artigiani; è successo, per esempio, durante la pandemia, quando è stato dato il via libera alla ripresa delle attività solo per le aziende con meno di cinque dipendenti, non considerando che nei grandi capannoni si lavora a una maggiore distanza l’uno dall’altro rispetto alle piccole imprese artigianali, e quindi con meno pericolo di contagio. L’ala sociale del partito denuncia lo strapotere dei contadini e la mancata crescita degli stipendi, erosi dall’inflazione.
Last but not least, il gruppo raccolto intorno alla famiglia Ebner, che ha interessi in campi decisivi dell’economia e ben oltre i confini dell’Alto Adige/Südtirol: energia, turismo, commercio, edilizia e soprattutto media ed editoria, dove occupa una posizione dominante. Controlla infatti l’80% delle testate giornalistiche registrate in regione, il 50% della raccolta pubblicitaria e il 60% della pubblicità istituzionale. L’impero è in mano ai fratelli Michl e Toni Ebner. Il primo è stato deputato e parlamentare europeo per la SVP e oggi riveste l’importante carica di presidente della Camera di Commercio di Bolzano. Ha una sua rete di relazioni coltivata e costruita negli anni a nord e a sud del Brennero, e politicamente più di un filo diretto con la Lega e con Forza Italia, che non sono certo gli alleati tradizionali della Volkspartei. Toni è invece il direttore del quotidiano “Dolomiten”, il giornale “di famiglia”, che conserva un’enorme influenza sull’orientamento dell’opinione pubblica locale. Nessun politico sudtirolese, tanto meno chi intende tentare una simile carriera, vuole averlo contro, anche se più d’uno quella sorte la subisce. Da queste posizioni i due Ebner, eredi della casa editrice fondata da uno zio della madre, il canonico Michael Gamper, condizionano la vita del partito e non solo, con in testa, più che un’idea politica, un interesse prevalente: quello delle loro aziende.
I due Ebner, eredi della casa editrice fondata da uno zio della madre, il canonico Michael Gamper, condizionano la vita del partito e non solo, con in testa, più che un’idea politica, un interesse prevalente: quello delle loro aziende.
A parte tutto ciò, c’è una lunga serie di fattori che incidono sul nostro piccolo e litigioso mondo, e che in futuro saranno sempre più determinanti. Fattori fuori dal nostro controllo: nulla di più problematico per un partito abituato a tenere il controllo di tutto.
Nuovi giocatori
Da qualche anno ha messo gli occhi su Bolzano René Benko, imprenditore immobiliare austriaco molto chiacchierato, con interessi in tutta Europa e negli Stati Uniti. Per un intervento come il suo, che cambia il volto del centro storico, occorrono uomini, cemento, acciaio e consenso. Benko, quest’ultimo, se l’è conquistato. Ha stipulato un public-private-project con l’amministrazione comunale per risanare una zona della città molto vicina alla piazza principale, ma da anni degradata. Il Comune ci mette le superfici di sua proprietà e incassa novanta milioni; lui compra altre aree dai privati, ricostruisce e riqualifica, contando di rifarsi dell’investimento complessivo di trecento milioni con la vendita o l’affitto dei futuri appartamenti, uffici e negozi. Sottoposto a referendum cittadino nel 2016, il progetto vince, sostenuto da una massiccia campagna elettorale, col 64,3% dei voti.
L’imprenditore e il suo luogotenente bolzanino, il commercialista Heinz Peter Hager, hanno dalla loro buona parte della cittadinanza e contro i Laubenkönige, ovvero i proprietari degli immobili dei Portici, la strada più prestigiosa del centro, per decenni padroni assoluti del commercio di qualità a Bolzano. Ora la loro rendita è minacciata, dato che a breve i grandi marchi potranno trasferire i loro punti vendita dai Portici nei locali più ampi, più adeguati e meglio serviti del WaltherPark – così si chiamerà il nuovo quartiere, disegnato dall’archistar David Chipperfield.
Ci sono altri bocconi in Alto Adige/Südtirol per chi ha da investire. Sono i cosiddetti hidden champions, imprese leader ma senza una fama internazionale corrispondente al loro primato. Leitner Ropeways (sistemi di trasporto a fune), Technoalpin (sistemi di innevamento artificiale), Microtec (soluzioni tecnologiche per la scansione e la lavorazione del legno) sono alcune di queste. Aziende altamente specializzate, che a loro volta hanno acquisito altre aziende, ma che operano in settori di nicchia e hanno un mercato ristretto, perciò sono relativamente al sicuro da acquisizioni.
Ci sono altri bocconi in Alto Adige/Südtirol per chi ha da investire. Sono i cosiddetti hidden champions, imprese leader ma senza una fama internazionale corrispondente al loro primato. Leitner Ropeways, Technoalpin, Microtec sono alcune di queste.
Non così società che operano in mercati più estesi, ai quali sono interessati gruppi internazionali. È successo nel 2022 alla Intercable Automotive Solutions, che produce sistemi di distribuzione di energia ad alta tensione. Fondata e sviluppatasi a Brunico con «salde radici territoriali», è finita nel portafoglio della Aptiv, società globale di tecnologie per componenti automobilistici.
Altro caso: l’hotel Rosa Alpina a San Cassiano, nel cuore delle Dolomiti, fra i più lussuosi della zona, a sua volta tra le più lussuose d’Italia. Per generazioni è stato condotto dalla famiglia Pizzinini, che lo ha portato a li- velli di eccellenza; famoso in tutta Europa è il suo ristorante – tre stelle Michelin – gestito dal pluripremiato chef Norbert Niederkofler. Dal dicembre 2022, dopo una nuova ristrutturazione, l’hotel si chiamerà Aman Rosa Alpina, dal nome del gruppo guidato dall’imprenditore russo Vladislav Doronin, proprietario di trentotto alberghi di lusso in ventidue Paesi, entrato nel capitale sociale.
Nell’Alto Adige/Südtirol globalizzato non si gioca più solo tra squadre di casa, che hanno le loro rappresentanze ufficiali ai tavoli dove si discute e si decide. Chi ha diretto finora queste squadre dovrà attrezzarsi. Stanno arrivando nuovi players, mossi da altre logiche, abituati ad altre relazioni con istituzioni e sindacati, e per i quali gli investimenti in provincia di Bolzano sono solo un dettaglio, pur importante, dei loro piani strategici complessivi.
Fine del partito
La tanto evocata e da molti auspicata fine del partito di raccolta sembra stia arrivando, anche se con comodo. Osservata sul lungo periodo, la curva del consenso ha avuto alti e bassi, ma complessivamente è in discesa. Considerando i voti per la Camera dei Deputati, si parte dal 62,7% del 1948, si tocca il massimo nel 1996 col 64,5%, per arrivare infine al 44,1% delle elezioni 2022, il minimo storico. Un andamento analogo si ha per quanto riguarda le elezioni provinciali. Un crollo vero e proprio non c’è stato, almeno finora, piuttosto un calo costante e continuo a partire dalla fine degli anni novanta, in linea con i risultati di altri partiti europei che un tempo potevano definirsi “popolari”. I fratelli della Volkspartei tirolese e i cugini della Christlich-Soziale Union bavarese hanno subìto negli ultimi anni veri e propri salassi elettorali, come del resto i rivali socialdemocratici e altri partiti che hanno fatto la storia dei rispettivi Paesi. Calano i consensi ai partiti tradizionali e cala in generale la partecipazione al voto, che è la fonte di legittimità del gioco politico: esiste segno più evidente del fatto che il sistema sta franando? Alle politiche del 25 settembre 2022 i votanti in Alto Adige/Südtirol sono stati il 62,24% degli aventi diritto, sette punti in meno rispetto al 2018. È solo l’ultima botta.
Punto di non ritorno
Dal 2013, come si è detto, la SVP non dispone più della maggioranza assoluta dei seggi in Consiglio provinciale. Da allora è costretta a cercare altri voti per far passare le sue leggi. Gli alleati tuttavia non le hanno creato grossi problemi, né i due consiglieri del PD, partito in giunta dal 2013 al 2018, né i quattro della Lega dal 2018 a oggi: tutti ben soddisfatti della fetta di potere a loro spettante.
La prossima scadenza elettorale sono le provinciali dell’autunno 2023; questa volta potrebbero davvero essere elezioni decisive per il futuro della SVP e dell’intero Alto Adige/Südtirol. Tutti mettono nel conto un ulteriore calo del partito di raccolta, attualmente al 41,9% e con quindici consiglieri – tre in meno di quanti sono necessari per formare una maggioranza. Se sarà pesante e se la stella alpina sarà costretta dai numeri a cercarsi alleati anche tra gli altri partiti “tedeschi”, allora saremo veramente a un punto di non ritorno, perché ciò renderebbe ancor più evidente e innegabile una condizione che è data già oggi: la SVP non ha più, e da un pezzo, la rappresentanza esclusiva dei sudtirolesi e dei ladini.
Una Provincia autonoma di Bolzano non più guidata dalla stella alpina? Prima o poi dovrà accadere, e allora dei contraccolpi ci saranno, perché la macchina è troppo abituata a essere guidata in un certo modo.
Dovrà scendere dal piedistallo e venire a patti con chi sarà disponibile e per lei digeribile, dimostrando con ciò che il suo predominio non è eterno né assoluto. Peserà di meno anche la sua forza contrattuale con Roma, e la rendita di prestigio e potere che da quella posizione deriva. Vienna, a meno di compiere scelte sfacciatamente di parte, dovrà aprire le porte della Hofburg e del Bundeskanzleramt a esponenti politici che mai hanno avuto l’onore di calpestare quelle sale.
Fermo restando che anche sotto il 40% dei voti la SVP resterà sempre il perno del sistema, c’è da chiedersi che tipo di collaborazione potrà instaurarsi con nuovi alleati provenienti da schieramenti antagonisti. Il maggiore di questi, il Team K, ambisce a presentarsi come la “nuova Volkspartei”. Una Provincia autonoma di Bolzano non più guidata dalla stella alpina? Prima o poi dovrà accadere, e allora dei contraccolpi ci saranno, perché la macchina è troppo abituata a essere guidata in un certo modo e il cambio al volante comporterà sterzate, frenate, cambi di marcia e un opportuno riadattamento di passeggeri e bagagli.