Se la violenza è online

“Da un grande potere derivano grandi responsabilità”, recita l’abusato - eppure intramontabile - motto di Spiderman, e in quanto a potere Internet, va da sé, è un erogatore generoso e infaticabile. Motivo per cui è bene tenere la guardia costantemente alta. Oggi, 9 febbraio, si celebra la XIII edizione del Safer Internet Day, la giornata mondiale per la sicurezza in rete istituita e sostenuta dalla Commissione Europea. Il tema di quest’anno: Play your part for a better internet. In Italia la Polizia Postale e delle Comunicazioni, in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca si è impegnata in particolare nella campagna contro il cyberbullismo. Ad illustrare l’argomento Alexander Wallnöfer, vicedirettore di Raiffeisen OnLine, il provider internet che ogni anno promuove il Safer Internet Day.
Wallnöfer, cos’è il cyberbullismo e chi sono le persone più colpite da questo fenomeno?
Alexander Wallnöfer: Si tratta di atti di bullismo che vengono messi in atto attraverso telefoni cellulari, tablet e dispositivi elettronici in generale. Tali fatti sono resi ancora più gravi perché nella maggior parte dei casi vengono resi pubblici su Internet. Ci sono vittime sia fra gli adulti che fra gli adolescenti e i bambini, presi di mira perché magari hanno un difetto linguistico oppure hanno semplicemente interessi diversi rispetto ai loro coetanei.
Secondo lei il bullismo online è un problema che può essere fattivamente affrontato nelle scuole?
Direi di sì, esempi concreti di cyberbullismo sono stati registrati anche in Alto Adige, nelle scuole bolzanine, meranesi ma anche di periferia, motivo per cui c’è sempre una maggiore sensibilità sul tema da parte del mondo scolastico, che a volte si serve anche del supporto degli psicologi. Fondamentale, inoltre, è fare prevenzione sensibilizzando i ragazzi sull’argomento e soprattutto empatizzare con le vittime.
Che consiglio può dare invece ai genitori di chi subisce questo tipo di abusi?
È molto importante che si instauri fra genitori e figli un solido rapporto di fiducia, se si verificano episodi di cyberbullismo è bene farlo sapere agli insegnanti e allertare la polizia postale che può venire nelle scuole per spiegare ai ragazzi il fenomeno e discuterne con loro. Quando questo non è sufficiente il fatto va denunciato.
Ma si ha sempre il coraggio di denunciare? L'idea, in effetti, è che il cyberbullismo sia ancora un fenomeno sommerso, tenuto nascosto forse per imbarazzo o per paura di ulteriori ritorsioni.
È un’idea condivisa, ma l’intervento preventivo di solito è risolutivo. Capita che la polizia postale, perlomeno in Provincia, si rechi non solo nelle scuole ma anche a casa dei genitori dei cosiddetti cyberbulli per parlare con loro e nella stragrande maggioranza dei casi non serve nemmeno procedere con una denuncia.
Dal momento che tutto si svolge in rete e che quindi è oggettivamente difficile definire tempi e luoghi in cui certe dinamiche si verificano come si può riconoscere e quindi contrastare il cyberbullismo?
Prima cosa è fare una copia del video (magari salvandolo su un supporto usb), delle foto o della pagina “incriminati” che sono stati postati su Internet, così da poter avere a disposizione delle prove. E poi naturalmente riferire di eventuali episodi di molestie a chi di dovere.
Emblematico è stato il caso della ragazzina dodicenne di Pordenone che, vittima delle angherie dei compagni di classe, ha tentato di suicidarsi. Quanto contano nello sviluppo del bullismo i “nuovi” strumenti tecnologici, ma anche il nucleo famigliare e il contesto sociale?
Contano molto, il bullo è spesso espressione di carenze nelle competenze sociali o nell’elaborazione dell’affettività. Gli adolescenti si trovano in un’età in cui si va formando una sempre più definita personalità e quando questa viene messa in discussione o schiacciata dalle prepotenze altrui allora è facile mettere in dubbio anche se stessi.
Mancano, a suo parere, le competenze tecniche necessarie alla comprensione dei meccanismi dei nuovi media? È quindi necessario promuovere quanto più possibile la conoscenza delle strategie migliori per proteggere la propria privacy?
La tecnologia è in continua evoluzione e corre molto più veloce rispetto a quella che è invece l’evoluzione sociale. I giovani sono ormai molto ferrati nell’utilizzo degli strumenti tecnici, il problema sta nel comprendere e saper distinguere i contenuti del web e come reagire a eventuali messaggi aggressivi. Se i genitori parlano con i propri figli del mondo Internet anche loro riescono a capire meglio come si utilizzano, ad esempio, i social media e allo stesso tempo vigilare sulla loro sicurezza spiegando loro come si risponde a un insulto oppure aiutandoli a valutare ciò che si trova in rete, a separare ciò che è reale da ciò che non lo è.
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