Kultur | Salto Afternoon

Arte e matematica

Incontro con Paolo Bottarelli; un dialogo tra arte, matematica, scacchi, Bach e neuroscienza.
Bottarelli
Foto: Salto.bz

In occasione dell’ultimo salto talk Paolo Bottarelli presentando la mostra The edge of the edge ha parlato della sua personale ricerca, del proprio approccio al mondo della scienza, agli scacchi e a Bach, ma anche della consapevolezza dell’impossibilità di afferrare fino in fondo il senso delle cose.

L’artista, nato a Salò e trasferitosi successivamente a Berlino, nei molti anni trascorsi a studiare ha adottato un metodo multidisciplinare per capire e interpretare ciò che ci circonda. Nel dialogo con Paolo Bottarelli i temi ricorrenti sono stati la razionalità degli scacchi in opposizione alle contraddizioni dei fenomeni del mondo materico. Anche la scienza, come dimostrato dal paradosso del gatto di Schrödinger, non sembra essere un luogo sicuro, privo di quelle incongruenze che mettono in discussione il modo in cui le cose del mondo appaiono a differenza di come sono realmente. Si è quindi parlato dell’opposizione tra l’apparire e l’essere, ma anche di metacognizione, la riflessione sull’atto del pensare in sé. Il tema del limite è debitore dell’interesse di Bottarelli per la topologia, una branca della matematica che studia (anche) il limite. “D’altronde”, ci ricorda l’artista, “l’universo stesso è infinito e limitato, come un palloncino che si espande all’infinito ma è limitato dalla membrana di gomma che lo contiene”.

Le opere esposte presso Pop Up Gallery a Bolzano sono dei sofisticati giochi che tengono insieme il vasto bagaglio di studi e conoscenze dell’artista nonché l’immediatezza del gesto artistico stesso. Un dispositivo visivo atto a ingrandire un’opera incorniciata si rivela un marchingegno ottico che devia lo sguardo dell’osservatore verso un’altra parte della stanza. D’altronde - come dimostra la fisica quantistica - se osservate, alcune particelle di materia si spostano verso un altro luogo.

Eva von Ingram Harpf ha ideato la piattaforma why contemporary, per avvicinare all’arte contemporanea persone che solitamente non la frequentano. Per questa iniziativa Paolo Bottarelli ha condotto un workshop in cui a un gruppo di bambini sono state sottoposte delle cartine del mondo in cui erano segnati i muri eretti negli ultimi cento anni per separare stati e popolazioni. Successivamente i bimbi sono stati invitati a disegnare nuove nazioni limitate da detti muri. Un gioco serio, atto a mettere in luce le contraddizioni, passate e presenti, del mondo.

In occasione del talk Paolo Bottarelli ha dialogato con il pubblico e risposto a domande di salto.bz.

salto.bz: Lei vive una vita molto profonda, dedicata a arte, matematica, neuroscienza. Ha trascorso l’infanzia non molto lontano dall’Alto Adige, a Salò, per poi partire e lasciare la sua terra d’origine.
Paolo Bottarelli: Dopo il militare sono andato a Venezia dove ho studiato presso l’Academia di belle Arti, successivamente, per molti anni, ho fatto il portiere di notte arrotondando come giocatore di scacchi a livello semi professionale. Venezia è una città particolare, un labirinto metafisico, dove si può vivere galleggiando. Quando la troppa razionalità degli scacchi stava diventando pericolosa, sono tornato all’arte, ho conosciuto mia moglie e ci siamo trasferiti a Berlino, dove oggi vivo.

Cosa ha fatto dopo il conseguimento del diploma presso l’Accademia di Belle Arti fino al 2008, anno della sua prima mostra a Milano?
Mi sono alienato dal mondo, ho fatto il portiere di notte, ho giocato molto a scacchi, ascoltato molta musica e letto molti libri.

Allora in quegli anni è nato il suo amore per la matematica, la scienza?
Sì molti amici scacchisti mi hanno introdotto, da neofita, all’approccio scientifico che osserva il mondo senza posizioni di tipo ideologico.

Cercando un filo logico nelle sue opere, la logica stessa potrebbe rappresentare il fil rouge della sua ricerca artistica.
Ho la fortuna che mia moglie, una storica dell’arte, si occupi di neuroscienze in collaborazione con il Max Planck Institut di Berlino. La sua ricerca verte su ciò che accade nel nostro cervello quando interiorizziamo un processo artistico. Questa spalla mi aiuta a delineare una ricerca che si basa non solo sui confini di quello che l’arte può evocare ma su un linguaggio multidisciplinare.

Veniamo alla mostra bolzanina, The edge of the edge. Studiando abbiamo appreso che in termini matematici il limite del limite è uguale a zero […].
André Weil, fratello di Simone Weil, in La fredda bellezza, spiega la topologia che studia, ad esempio, il bordo delle nuvole o il fumo di una sigaretta. Tali conoscenze, apparentemente inutili, furono applicate allo studio dell’espansione dell’universo. Per me è stato interessante traslitterare l’dea di confine o di bordo in altri ambiti, in un periodo così incerto e precario - penso a Trump - ho giocato poeticamente sul concetto di confine tra l’individuo e quello che lo circonda, su quello che diamo per scontato, quale la libertà di muoversi, la vicinanza al Brennero mi fa riflettere.

Passiamo a Kurt Gödel, Albert Einstein andava al lavoro a piedi solo per condividere con lui la passeggiata mattutina, che influenza ha avuto sulla sua ricerca?
Sono molto in soggezione a parlare di questo gigante. Gödel è il più grande logico venuto dopo Aristotele, eppure ha scritto La prova Matematica dell’esistenza di Dio. In un teorema David Hilbert formulò 24 problemi di matematica che se risolti avrebbero decretato la matematica come scienza compiuta. Ma nel 1923 Gödel formulò il teorema di incompletezza in cui - scusate se per sintesi banalizzo, trivializzo la complessità del pensiero di Gödel - dimostrava che in qualsiasi sistema, con i mezzi stessi del sistema, non si possono dimostrare le verità all’interno del sistema stesso. Per me questa consapevolezza ha rappresentato uno sconforto (psicologico, esistenziale ndr.) perché significa che c’è un limite alla conoscenza. Solo successivamente capii che Gödel lascia delle porte aperte, degli spiragli conoscitivi, io dal canto mio ho scoperto il potere intuitivo dell’arte.

Negli stessi anni ho letto Tra Einstein e Picasso, di Meyer Schapiro, in cui si spiega come Picasso (Les Demoiselles d’Avignon) introdusse la quarta dimensione, ossia il tempo e il cambiamento del punto di osservazione. In quegli anni, a inizio Novecento, spazio e tempo ancora non erano associati, per cui Picasso stravolge l’evoluzione dello sguardo che da Giotto in poi aveva seguito una logica razionale. Smisi di occuparmi di arte, stavo dipingendo quadri con venti, trenta tipi di bianco nei quali cercavo di rappresentare il nulla. Capii che prima di finire male, come Rothko o Malevič, era il caso di smettere e così ho ri-cominciato a giocare molto a scacchi per razionalizzare, per poi tornare a fare arte consapevole, grazie a Gödel, dell’incompletezza insita anche nella ricerca artistica.

Domanda dal pubblico: La musica ha ancora un’influenza sulle sue opere?
Ho fatto risparmiare molti soldi di psicanalista ai miei genitori ascoltando Bach che ha curato la mia anima e la mia mente. Tuttavia il maestro è talmente immenso che è meglio ritirarsi nella caverna platonica. Ho lavorato invece con un tipo particolare di suoni, bineural sounds, impiegati da alcuni scienziati per curare malattie quali l’Alzheimer. Apparentemente ascoltando questi suoni, simili alle frequenze del cervello in fase REM, si cade in una condizione di relax, di quiete.

La mostra parla di limiti. Il limite, secondo alcune interpretazioni, aiuta a definire le cose del mondo, in quanto luogo in cui si rivela l’identità, è d’accordo?
Sì, sono pienamene d’accordo. Il limite è indispensabile, necessario, tuttavia il limite di un bordo, vedi lo studio dei cobordismi, è ampliabile - immaginiamolo fatto di plastilina il che rappresenta uno dei tanti paradossi scientifici. Mi tornano in mente i confini, politici, che sono utili, forse, ma totalmente assurdi e costruiti su errori e disastri commessi nei secoli trascorsi. Dopo aver messo il collare agli esseri umani per trecento anni ora siamo spaventati dal fatto che milioni di persone vogliano abbandonare l’Africa per giungere in Occidente […].

Il dialogo con l’artista è proseguito toccando altri temi quali i neuroni specchio, i frattali di Mandelbrot in relazione alle Variazioni Goldberg di J.S. Bach, e molto altro ancora. Concludiamo citando Vittorio Gallese, neurofisiologo e membro del team di ricercatori dell’università di Parma che sotto la direzione di G. Rizzolatti scoprì i neuroni specchio, il quale afferma che la filosofia, in particolare la fenomenologia, può apportare un contributo al dibattito sull’intersoggettività, su come si sviluppa la nostra intelligenza sociale. Il confronto con le tradizioni del pensiero non è importante perché “abbellisce il risultato della ricerca empirica con qualche spruzzata filosofica che la rende culturalmente più appetibile […]”. Per Gallese la multidisciplinarità aiuta a capire i fenomeni da più punti di vista il che coincide con quello che Bottarelli ha scoperto per sé, studiando Picasso, a proposito della contemporaneità di più punti di osservazione della realtà.