Ancora con questa Heimat?
salto.bz: Frau Kofler, oggi all'unibz si terrà il convegno dal titolo “Heimat. Ancora oggi? Sulla durata e l'attualità di un concetto” curato dalla Piattaforma Patrimonio e Produzione Culturale di cui lei è direttrice. Secondo lei è possibile ridefinire un termine, o un concetto, ormai così logoro come quello di Heimat?
Waltraud Kofler Engl: Lo chiamo più volentieri “concetto”, alla luce dei cambiamenti e delle instabilità politiche – e di un crescente populismo di destra di fronte alla globalizzazione, ai movimenti migratori e alla digitalizzazione. Heimat è partecipazione, coinvolgimento nelle questioni dell'ambiente e della comunità, e secondo me anche un diritto culturale, un lavoro creativo e una responsabilità. Su queste basi abbiamo pensato a questo convegno, con cinque relatori e relatrici che possano avvicinarsi al concetto da punti di vista differenti. A relatori e relatrici ho chiesto di offrire uno sguardo non solo storico, bensì anche sulla vita contemporanea.
Manca in Sudtirolo un dibattito che sia inclusivo: di Heimat se ne parla ancora in modo molto “diviso”.
In Alto Adige Heimat si usa (o abusa?) molto...
È oggetto di libri, contributi, convegni. Il concetto di Heimat ha più sfaccettature, nel passato e nel presente. In Alto Adige il termine è però molto legato alla storia, dall'annessione al fascismo alle Opzioni – sebbene siano vicende accadute non esclusivamente ai sudtirolesi – e manca un dibattito che integri e non escluda: di Heimat se ne parla ancora in maniera molto “divisa” ed esclusiva, quasi solo tra le persone di lingua tedesca. In Germania invece c'è il grande peso ideologico-politico legato al periodo nazista, tant'è vero che per alcuni decenni si evitava di pronunciare la parola Heimat. Per non lasciare il discorso alla destra, occorre però la partecipazione di chiunque la pensi diversamente. L'abuso del termine da parte dei fascismi non lo rende negativo di per se.
La questione dell'intraducibilità del termine tedesco è ancora rilevante?
Non esiste la traduzione, ma il fenomeno della nostalgia di casa esiste dappertutto: in italiano è “sentirsi a casa” – alcuni dicono piccola patria, ma patria corrisponde più a Vaterland – mentre in Inghilterra o nel mondo anglosassone si parla di home o the sense of place. Anche se non la chiamiamo Heimat, la sentiamo tutti vicina a noi. È un fatto antropologico di cui si parla sin dall'antichità: essere portati via da casa era un castigo. Perciò il fenomeno esiste in ogni lingua, in ogni cultura, in ogni paese. Viene solo detto (e a volte strumentalizzato) diversamente.
Il concetto di Heimat esiste in ogni lingua, cultura, paese. Viene solo detto diversamente.
La Heimat è legata solo a un luogo?
La Heimat ha un collegamento con il luogo, sebbene vi siano persone che non hanno più i loro luoghi dove sono cresciuti o nati, come i migranti, o chi vive altrove, all'estero. C'è un legame coi luoghi, sì, ma anche con quelli “nuovi”, ai quali vogliamo appartenere o dove viviamo e ci troviamo bene.
Su quali basi comuni, dunque, si può impostare un “nuovo” discorso sulla Heimat?
La pandemia ci ha tenuti chiusi in casa, i giovani ci accusano di distruggere il loro futuro, o di averlo già distrutto, perché non abbiamo un altro luogo dove stare come la nostra Terra. Nella contemporaneità c'è perciò una grande volontà, un grande interesse al cambiamento, nel trovarsi a casa in un mondo dove sia possibile partecipare, includere le persone con un background migratorio, includere nuove culture, altre religioni, altri punti di vista. Si desidera una società vissuta e modellata con la partecipazione delle persone che vivono un luogo, anziché una Heimat ideologica imposta dall'alto.
Di cosa parleranno relatrici e relatori?
Aleida Assmann, importante Kulturwissenschaftlerin, ha scritto molto sulle Erinnerungskulturen e ci ricorderà che quando si parla di Heimat parliamo anche di memorie, di patrimonio culturale – che non è una cosa statica ma viene fatta dalla partecipazione delle persone. L'antropologa Elsbeth Wallnöfer porterà una visione della Heimat come l'arte di collegare la vita con l'ambiente e le altre persone. Hans Heiss parlerà – tra le altre cose – del nesso con la crisi climatica, mentre Gabriele Di Luca affronterà il concetto in chiave filosofica partendo da una citazione di Hölderlin. Infine, il collega Martin Bredenbeck è dell'opinione che una “nuova” Heimat si possa creare solo con la partecipazione. Infine, la tavola rotonda con il pubblico, senza entrare in implicazioni politiche o ideologiche.
"Heimat è partecipazione,
"Heimat è partecipazione, coinvolgimento nelle questioni dell'ambiente e della comunità, e secondo me anche un diritto culturale, un lavoro creativo e una responsabilità."
Dankeschön für dieses sehr gelungene und einschließende Verständnis von "Heimat" !