Gesellschaft | Sessualità

Un altro genere è (im)possibile?

La condizione dei transessuali, il MIT, le mobilitazioni e le piccole conquiste. Breve analisi su una delle categorie più discriminate del nostro paese.

Dalla 164, la legge che descrive le norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, sono passati più di trent’anni. Il MIT (Movimento Identità Transessuale) con il suo presidente, Porpora Marcasciano, forse il massimo portavoce dei diritti delle persone transessuali, al posto di questa legge vetusta chiede insistentemente un cambiamento, una rivoluzione, l’ennesima, che allarghi lo sguardo verso i cosiddetti generi “non regolamentati”, verso tutte quelle declinazioni della personalità e sessualità che sfuggono alla categorizzazione maschio/femmina. Una legge che viene considerata superata e ancora discriminante per tutte quelle soggettività che, senza un intervento chirurgico, non hanno il diritto di cambiare né genere né nome all’anagrafe.

Eppure c’è chi ha ottenuto l’inottenibile, anche in Italia. Uno degli ultimi casi si registra nella regione Trentina e più precisamente nella città di Rovereto, dove un quarantenne MtF (Male to Female) ha ottenuto in ambito giuridico il diritto di essere considerata donna anche sulla carta d’identità, nonostante non abbia effettuato l’operazione chirurgica. La campagna promossa dal MIT, nella quale convergono tante altre realtà politiche quali Libellula, la CGIL, ARCIGAY, Equality, si chiama proprio “un altro genere è possibile”, il cui slogan più noto è questo: “Donna nella vita, uomo sulla carta”; del resto sono circa 50mila i transessuali in Italia. Ma qual è il ruolo dei medici o più propriamente degli psichiatri in questo angusto perimetro sociale?

 Il DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), una specie di Bibbia per chi lavora con la mente e la sofferenza umana, categorizza la transessualità all’interno di una malattia mentale, più precisamente nel DIG, disturbo dell’identità di genere o come oggi viene ridefinito “disforia di genere”. Il DSM, adottato da tutti gli psichiatri, rischia di alterare la percezione sociale oltre che di determinare e forse anche e soprattutto di alimentare una cultura dell’intolleranza verso quella determinata categoria.

Anche in questo caso la campagna di sensibilizzazione è stata - ed è ancora - massiccia. Qualche anno fa sui cartelloni campeggiava il volto di Vladimir Luxuria con una scritta emblematica: “io non sono malata”, eppure la possibilità di essere considerati “malati mentali” permette alle persone transessuali di usufruire degli aiuti statali per affrontare l’oneroso iter del cambio di sesso, altrimenti inaccessibile per molti. Vladimir Luxuria si espresse così in merito alla questione: “le donne incinte non sono malate, ma ricevono assistenza medica. Lo stesso dovrebbe accadere con le persone transessuali”. Depatologizzare la transessualità sembra dunque rivelarsi un’arma a doppio taglio che rischia di far sfumare ineluttabilmente la possibilità della transizione. Ma il MIT non demorde e appoggia in pieno il superamento della 164 verso un altro ordinamento giuridico (ultimamente il disegno di legge 405) che dedichi maggiore attenzione verso la pluralità degli orientamenti e delle identità di genere, considerando il transessualismo come una normale variante di genere e non come un “terzo sesso” differente. In Francia questo passo è già stato fatto nel 2010. Al contrario, la persistenza del transessualismo, anche se in termini differenti, all’interno del nuovissimo DSM-V non aiuta il nostro paese a contrastare l’ondata di transfobia dilagante (il 79% delle persone transessuali ha subito almeno una volta un attacco o una violenza di carattere discriminatorio).

Ma cos’è esattamente il MIT? È una Onlus che opera a Bologna dal 1979, la prima per la salute delle persone trans in Europa. È il primo centro dove i servizi non discriminano in base all’identità di genere, al mestiere o alla persona, ma che offrono gli stessi servizi che ogni cittadino ha il diritto di avere. La struttura offre un centro di documentazione, un consultorio (composto da psicoterapeuti, endocrinologhi, avvocati che operano per accompagnare la persona nel suo percorso di transizione), uno sportello legale, l’assistenza in carcere, interventi in caso di emergenze abitative. Inoltre il MIT è impegnato nell’ideazione e nella realizzazione di molti eventi culturali che hanno l’obiettivo (come le campagne pubblicitarie già citate) di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento trans , come ad esempio il Festival Internazionale di Cinema Trans, il “Divergenti”. Un impegno che dovrebbe e potrebbe scoperchiare il soffitto del pregiudizio e aiutare a non ragionare più attraverso il filtro delle categorie dell’esistente, per ritrovare in primis la persona ancor prima dell’identità di genere a cui sente di appartenere, considerando quest’ultima solo un arricchimento della personalità e non un motivo, ulteriore, di distanza, stigmatizzazione e discriminazione.