Gesellschaft | Gastbeitrag
Lassù e quaggiù
Foto: upi
Dal bilancio di fine anno del comando dei Carabinieri apprendiamo che in provincia di Bolzano nel 2016 i reati sono diminuiti rispetto all'anno precedente. Negli stessi giorni la giunta comunale decide di piazzare altre 80 telecamere per le strade cittadine per garantire più “controllo del territorio”. Sarà vero che i reati calano, ma qualcosa bisogna pur fare.
Di maggiore portata e significato è quest'altro caso, di cui è stato protagonista il senatore repubblicano Newt Gingrich nella recente campagna elettorale americana. Messo di fronte ad una statistica dell'FBI, secondo la quale la criminalità negli Stati Uniti è calata negli ultimi anni, il senatore ha commentato: “può darsi che questo sia un fatto, io però mi fido di quello che la gente sente, e cioè che la criminalità aumenta.”
Benvenuti nell'epoca post-truth o postfaktisch, parole dell'anno 2016 rispettivamente secondo Oxford Dictionaries e la Gesellschaft für deutsche Sprache. Intendiamoci: aggiustarsi la realtà a proprio piacimento è una pratica diffusa e non solo in politica. Oggi però si arriva (o si torna) a teorizzare che non vi è differenza tra fatti e opinioni e che anzi l'azione politica deve basarsi proprio sul sentire comune, più che sull'analisi dei problemi e sull'elaborazione di proposte per affrontarli. ”… die Menschen interessieren sich nicht mehr für Fakten, sondern folgen allein den Gefühlen”, ha commentato Angela Merkel (con rammarico, certamente). E‘ una sorta di assegno in bianco che si pretende per sé: ognuno può dire e fare quello che vuole, perché tanto la realtà non esiste, nulla è vero, nulla è falso, nulla è giusto, nulla è sbagliato. E' tutto solo questione di interpretazione.
"Se nulla è reale, perché tutto è solo questione di interpretazione, nessuno è responsabile di niente."
I mistificatori, coloro che travisano la realtà, hanno dalla loro una lunga e potente tradizione. Uno dei capostipiti è quel signore che Raffaello ritrae con l'indice della mano destra rivolto verso il cielo, per significare che il “vero” mondo è quello lassù, in un qualche iperuranio; ciò che percepiamo con i nostri limitati sensi è trascurabile apparenza. Hanno dalla loro i libri sacri, che dicono già tutto e scoraggiano gli uomini dal conoscere, i testi di varie ideologie generosi di suggerimenti su cosa pensare e come emanciparsi, un repertorio di citazioni che comprende Buddha e Nietzsche, Calderon de la Barca e Pirandello, Heisenberg e i Beatles: “nothing is real”. Se nulla è reale, perché tutto è solo questione di interpretazione, nessuno è responsabile di niente. Questo è un altro motivo della fortuna di quella filosofia: chi la sostiene si mette al riparo da ogni responsabilità. La rete permette poi una crescita esponenziale dei punti di vista, tutti plausibili, tutti legittimi, tutti “veri”. Infine i mistificatori hanno dalla loro un meccanismo intrinseco alla comunicazione. “Le frottole devono essere grandi affinché la gente ci creda” dice il guaritore-ciarlatano nel film “Il piccolo grande uomo”. E l'enunciato secondo cui la realtà non esiste è difficilmente superabile nella sua enormità. Dunque credibilissimo.
Sono andati a sbattere più o meno tutti coloro che volevano creare un uomo nuovo e un mondo nuovo.
Esiste però anche un'altra tradizione, anch'essa antica e potente. Uno dei suoi capostipiti è quell'altro signore, che Raffaello ritrae con il palmo della mano destra rivolto verso la terra, per significare che è da quaggiù che dobbiamo partire se vogliamo capirci qualcosa.
Partendo da quaggiù, vediamo che siamo insicuri, intimoriti: questo è un fatto. Ma anche il calo della criminalità è un fatto, almeno in quest'angolo di mondo. Dunque le cause della nostra ”insicurezza percepita” devono essere altre e non sarà con 80 telecamere in più che ne verremo a capo. Quaggiù vediamo inoltre che c'è chi la paura la alimenta, consapevolmente o inconsapevolmente, complice un sistema e uno stile di comunicazione che definire ansiogeno è riduttivo.
L'esperienza di quaggiù ci dice che se non si tiene conto della realtà si va a sbattere. Sono andati a sbattere più o meno tutti coloro che volevano creare un uomo nuovo e un mondo nuovo. Sono andati a sbattere dittatori e potenti che disponevano di tutta la forza e di tutti i mezzi necessari per imporre la loro “verità”. Sono andati a sbattere politici disincantati e dolci profeti, quando le loro parole si sono distanziate troppo dalla realtà delle cose. E' andato a sbattere anche il guaritore-ciarlatano che compare tre volte nella storia del “Piccolo grande uomo”, ogni volta con un arto in meno: vendette da cowboy. Prima o poi la realtà ti raggiunge e ti riporta quaggiù: di questo possiamo essere certi. Il problema è che, finché stiamo lassù possiamo combinare enormi guai.
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Travisare la realtà è
Travisare la realtà è disdicevole, argomenta giustamente Lucio Giudiceandrea. Ma perché considerare Platone - proprio Platone, l'allievo di Socrate e dunque il nemico giurato dei Sofisti - come uno dei capostipiti di questa tradizione che avrebbe nei campioni della "post-verità" i suoi ultimi rappresentanti? Secondo Lucio l'idealismo di Platone sarebbe disdicevole perché nemico del realismo (sorvoliamo sul fatto che l'opposizione tra idealisti e realisti è stata formalizzata solo da Kant, parecchi secoli dopo il tramonto della filosofia classica greca: Critica della ragion pura, parte II, libro II, cap. II, sez. III: Confutazione dell'idealismo). Peccato che, invece, il ricorso alle idee (sovratemporali e dunque affini ai concetti matematici dei quali non possiamo prescindere nell'oggettivazione/misurazione del reale) fosse stato introdotto da Platone proprio per "salvare" la possibilità di accedere a un concetto di verità stabile e intelliggibile, non consegnato cioè alla mutevolissima danza delle interpretazioni che imprigiona (cfr. il mito della Caverna) coloro i quali sono esposti alle impressioni dei sensi. Insomma, perché per condannare i travisatori della realtà Lucio ha sempre bisogno di travisare Platone confondendolo addirittura con alcuni tratti del suo opposto filosofico, vale a dire Friedrich Nietzsche (che come noto disintegrò il concetto "oggettivo" di verità)?
Caro Lucio, al di là delle
Caro Lucio, al di là delle disquisizioni culturalfilosofiche più o meno dotte, se si parte dal bilancio di fine anno dei Carabinieri e dall'acquisto di telecamere per controllare il territorio cittadino, si sta sul piano dell'uso del denaro pubblico. Che se si usa per determinate indagini vuol dire che se ne tralasciano delle altre, e che se si usa per comprare telecamere vuol dire che si decide di non comprare altri beni o servizi utili che si considerano meno importanti. In ambedue i casi a monte c'è una scelta politica, dell'Autorità Giudiziaria o di Polizia nel primo caso, dell'Amministratore Comunale nel secondo. I cittadini che poi subiscono conseguenze negative per la presenza di delinquenti recidivi a piede libero, o per un problema non risolto dal Comune, possono giustamente non essere d'accordo - che nel primo caso il decisore sia nominato e quindi inamovibile, mentre nel secondo eletto e quindi amovibile, è nelle regole della nostra democrazia e pertanto non rileva - . Il tema centrale però rimane: è giusto usare il denaro pubblico per risolvere i problemi percepiti (che possono anche non essere reali), o non sarebbe meglio usarlo per risolvere problemi conclamatamente reali? Fino a pochi anni fa ogni pubblico decisore avrebbe optato per la seconda ipotesi, meglio se fondata su dati oggettivi (analisi, studi, ecc.); oggi invece la stessa legge italiana, che ha tra l'altro introdotto il concetto di "sicurezza percepita", spinge verso la prima, meglio se fondata su dati oggettivati (sondaggi d'opinione, grida coincidenti reiterate, ecc.).
Non lamentiamoci dunque se in futuro mancheranno lenzuola nelle case di riposo o ci saranno buchi nelle strade che non vengono riparati: le telecamere le abbiamo volute noi popolo, e i soldi spesi lì non hanno potuto essere spesi altrove. Per poi scoprire, magari, che i reati sono pure aumentati, o anche no: le statistiche internazionali dimostrano che la presenza di telecamere non genera mai conseguenze tangibili sulla quantità di reati commessi in un'area urbana.
Antwort auf Caro Lucio, al di là delle von luigi spagnolli
Werter Herr Spagnolli, das
Werter Herr Spagnolli, das Licht in dem Sie sich Stellen mit einem solchen Eröffnungssatz ist so getrübt wie Ihre ganze Meinung; Kommentare über Ihre Schreibweise, spare ich Ihnen lieber da wir (zum Glück) nicht auf einem Rechtschreib- und Grammatikblog sind. Die von Dr. Giudiceandrea geführte Analysis bezieht sich in keinem Absatz über das von der Provinz ausgegebene Geld für diese 80 Überwachungskameras, sondern gräbt tief in der heutigen Gesellschaftsleitende Philosophie.
Mit seinem Artikel mustert er ganz einfach wie zerrüttet die heutige Lebensweise der meisten Menschen ist. Wir leben zweifellos in einer vermengten Epoche in welche der ehemalige Konflikt zwischen Herz und Verstand eine ganz neue Nuance hat im Vergleich zu einer wie wir sie aus der Antike kennen; natürlich lässt sich der Vergleich unbewusst in unsere Gedanken einschleichen, aber es ist immer wichtig sich zwischen den Lehren der Geschichte und den Bilder der Gegenwart auszugleichen (Sache die im Artikel über den wir diskutieren, brillant gemacht wurde).
Diese Abgleichung von der ich schreibe ist eben wichtig damit man so wenig wie möglich "aufstoßt": den meisten Gesellschaften (vor Allem die wo es die Meinungsfreiheit gibt) ist es schwer ein Gleichgewicht zwischen Herz und Kopf der Leute zu finden, und die beste Art und Weise nach welcher man zu einem solchen Ergebnis kommen kann, ist radikal und entscheidend auf den Lernwege der Bevölkerung zu kommen. Persönlich halt ich nicht sehr viel von der heutigen Unterrichtsweise in den Schulen; wenn ich an Sokrates und Platon denke, dann fallen mir nur ihre Leitsätzte und eine ungefähre Linie ihrer Philosophie ein. Das was Dr. Giudiceandrea in diesem Artikel geschildert hat, ist die Philosophie im heutigen Leben eingesetzt, es ist die Anwendung der so oft gehörten Lehren die uns in diesen wesentlichen Schuljahren beigebracht wurden. Im Grunde, eine Überlegung die jeder gebildeter Mensch mindestens ein Mal täglich machen sollte.
Caro Claudio, per
Caro Claudio, per puntualizzare: il problema non è, e non è mai stato, se le telecamere servono o no. Il problema è che non sono un deterrente, bensì uno strumento di controllo del territorio rispetto alla sicurezza pubblica. Per cui dovrebbe montarsele lo Stato, che è competente per la sicurezza pubblica, e non il Comune. Il quale però è chiamato a prendere decisioni in risposta al "comune sentire", e qui entrano in gioco le dotte riflessioni di Lucio Giudiceandrea e poi di Gabriele De Luca e di Rebecca Widmann. Laddove tutti e tre si limitano a reinterpretare in chiave odierna il pensiero di alcuni Grandi del passato, senza cogliere il fatto essenziale che oggi, nel tempo della comunicazione ipertrasversale sovraesondante, il problema non è che qualcuno travisi la realtà in nome dell'idealismo rispetto al realismo o viceversa, ma che la realtà viene comunque travisata in continuazione a ritmi non controllabili da mente umana nel turbinio irrefrenabile del comunicare collettivo. E che proprio la categoria dei giornalisti, avendo il ruolo sociale per farlo, dovrebbe individuare il modo per far capire al popolo ignaro come accedere ad informazioni "certificate" rispetto alla gran parte delle informazioni che sono, per volontà o per insipienza del comunicatore, false. Oggi Raffaello, volendo riproporre in un dipinto l'equivalente in chiave moderna del messaggio de "La Scuola di Atene" non collocherebbe più al centro Platone e Aristotele, bensì probabilmente (è una mia ipotesi) un giornalista tradizionalmoderno alla Rizzo&Stella e uno stratega della comunicazione finalizzata all'incremento di un proprio potere tipo Casaleggio o Osama Bin Laden (l'esasperazione dell'abbinamento è voluta e non vuole assolutamente porre a confronto i due defunti dal punto di vista etico, dove sono ovviamente lontani anni luce, ma rispetto al modo innovativo e spregiudicato usato da entrambi, ognuno a suo modo, per "usare" il sistema mediatico occidentale al fine di affermare una realtà travisata utile ai propri fini). Oggi a sbattere ci si va in massa, perché è la massa, non il singolo "dittatore o potente" (chi più lo è, oggi? Trump, che è intellettualmente soggiogato dai suoi grandi elettori che decidono per lui, o Putin, che sguscia come un'anguilla tra le pugnalate dei suoi oppositori?), che, incapace di discernere il vero dal falso nel marasma informativo che ci avvolge, prima o poi viene raggiunta dalla realtà che la riporta in un quaggiù di sofferenza incredula. Che ci si filosofeggi su, è umano, ma non aiuta a risolvere i problemi dell'oggi. Che è quello che tu ed io, caro Claudio, cerchiamo di fare.