Il Disney giapponese
Traspare sempre nei suoi disegni lo spirito ironico e critico verso le questioni politico-sociali, e non sorprende che per il nuovo anno del calendario cinese, anno del bue, Hayao Miyazaki abbia inventato un bue rabbioso che con determinazione calcia con la zampa anteriore un piccolo virus di colore viola. Un viola pungente, un viola acido, perché il virus è cattivo, molto cattivo, e va punito…
Il 5 gennaio Miyazaki ha festeggiato i suoi 80 anni e alla faccia della cosiddetta vecchiaia è sempre al lavoro del suo nuovo progetto dal titolo How do you live?. Il titolo si rifà a un romanzo omonimo del 1937 che – non sappiamo in che modo – entra a far parte della vita del protagonista del nuovo film, cui il grande animatore giapponese aveva iniziato a lavorare già nel 2016. Rumors dicevano che doveva essere pronto per le Olimpiadi di Tokio previste per l’estate 2020, poi annullate per il Covid-19. Nel frattempo si sa che c’è una équipe di sessanta animatori che ci sta lavorando perché lo stesso maestro ama disegnare le sue opere tuttora a mano per poi trasferire i disegni su pellicola, anzi, ormai sul supporto digitale, mettendoci quindi tanto tempo. In una intervista al canale giapponese NHK che risale a maggio 2020 aveva detto che da giovane riusciva a creare dieci minuti di film animato in un mese, ora poteva arrivare tutt’al più a un minuto! Per questo lo Studio Ghibli per decisione del direttore esecutivo gli ha affiancato il gruppo di animatori, altrimenti dovremmo attendere troppi anni per vedere How do you live?.
Il Disney giapponese lo chiamano – in quanto cura e spirito espressi nei suoi film rispecchiano l’anima dei personaggi. Walt Disney, però, e non la multinazionale che del grande genio ha tenuto il nome, aggiungiamo noi. Basta pensare a uno dei primi titoli usciti dalla fucina dell’animazione giapponese alternativa, quale Il mio vicino Totoro del 1988, che sin da subito ci fa amare quell’essere peloso, dal corpo enorme, che entra nel mondo fantastico delle due sorelline Satsuke e Mei, oppure al primo film di animazione dedicato alla tematica ambientale: La principessa Mononoke del 1997. A proposito, il fumettista italiano Milo Manara ha voluto rendere omaggio al grande maestro con una immagine ispirata proprio alla protagonista di quel film e al suo amore per la natura sotto forma dei suoi alleati, i lupi, pubblicandola sulla sua pagina di facebook, come apprendiamo dalla rivista online Fumettologica.
E pensare che il giovane Miyazaki aveva studiato scienze politiche ed economiche alla università di Gakushuin dove si era laureato nel 1963. Ma non aveva mai lavorato in quel campo, entrando subito a far parte della Toei Animation Company per realizzare lungometraggi e programmi televisivi, in quanto il suo più grande interesse sin da giovane era proprio la letteratura per ragazzi e al contempo si era profilato come disegnatore. Così leggiamo nella biografia pubblicata sul sito dello Studio Ghibli da lui fondato assieme a colui che ama definire il suo mentore, Isao Takahata (il quale trovò la sua strada grazie al cartone animato prodotto dalla coppia francese Grimault/Prèvert uscito nel 1955 in Giappone, La Bergère et le ramoneur), nel lontano 1985, dopo aver passato un periodo a Los Angeles per imparare bene tutti i segreti del mestiere nella disciplina dell’animazione. Fu in quell’occasione che incontrò e conobbe un altro asso del cinema d’animazione, John Lasseter, allora disegnatore presso la Disney, poi passato alla Lucasfilm, il cui comparto Graphic presto diventò la mitica Pixar Animation dopo essere stato acquisito da Steve Jobs della Apple. Uscirono dalla sua mente creativa i grandi successi Pixar quali Toy Story (1995), A Bug’s Life (1998) e Cars (2006). Ma torniamo nel Giappone, da Miyazaki che non da meno contribuirà all’evoluzione del cinema d’animazione nel mondo.
A cavallo del nuovo millennio esce il film che avrebbe cambiato per sempre il destino dell’animazione: La città incantata. Presentato alla Berlinale 2002 vince l’Orso d’oro, nel 2003 è persino nominato tra i candidati dell’Academy americana e vince un Oscar! Le pellicole disegnate hanno definitivamente conquistato la critica e infatti il successivo titolo targato Miyazaki, Il castello errante di Howl vede la sua prima mondiale a Venezia nel 2004, mentre l’anno successivo nella città lagunare al suo autore viene assegnato il Leone d’oro alla carriera: è la prima volta che questo importante premio cinematografico viene dato a un regista di animazione. Ormai questa disciplina fa parte dell’Olimpo della settima arte, con il seguente esploit delle graphic novel e dei documentari animati.
Il suo tratto deciso, i colori delicati, l’amore per i personaggi, lo spirito gioioso delle storie poetiche con un occhio sempre attento alla realtà che viviamo, fanno di Miyazaki un poeta del nostro tempo che osserva attentamente il fluire della vita, pubblica e privata. E pare che il suo nuovo film How do you live? sia una sorta di testamento, innanzitutto per il nipote, per dirgli quanto lo ama e che nonostante il nonno presto se ne sarebbe andato nell’altro mondo ci saranno sempre le sue immagini e le sue storie.
A giudicare dalle foto che circolano in rete non si direbbe proprio che il grande maestro se ne stia andando, anzi, quello sguardo vivace, il volto sorridente, capelli e barba brizzolati tendenti al bianco, fanno emergere un’anima innamorata della vita su questo pianeta. E speriamo che ci stia ancora a lungo, qui, per poter vedere altre storie che lui avrà saputo narrarci da un punto di vista surreal-poetico eppure sempre vicino alla realtà socio-politica.
Ho tutti i film, ma quello
Ho tutti i film, ma quello che preferisco è Kiki’s delivery service.