Politik | Discriminazione

“Se non cambia la cultura le leggi servono a poco”

Donne fra politica e società: limiti e resistenze strutturali. Dibattito sulla parità di genere con Nadia Mazzardis e Francesco Palermo. Quote rosa sì o no?

Tutti (e tutte, è il caso di dire) insieme appassionatamente ieri sera, al Circolo della Stampa di Via dei Vanga a Bolzano, per parlare di parità sessuale, la cui immagine nel paesaggio politico, sociale e culturale sembra ancora evidentemente vacillare. A condurre il dibattito dal titolo “Se non è paritaria non è democrazia”, organizzato dal partito democratico bolzanino, la sindaca di Laives e segretaria del Pd locale Liliana Di Fede, Alessandro Huber, il senatore Francesco Palermo e Nadia Mazzardis, presidentessa di “Se non ora quando”.

La parità di genere – ha esordito Di Fede – è fondamentale in una società che vuole guardare al futuro, è un valore importante che deve animare la nostra azione a tutti i livelli, e non è un caso che questo sia diffuso maggiormente nelle società in cui l’economia va meglio”. Di questo passo, per intenderci – come sottolineato da Mazzardis – secondo il World Economic Forum l’Italia raggiungerà la parità di genere nel 2095. Un dato incoraggiante, qualora avessimo a disposizione una capsula del tempo in cui farci congelare fino al giorno dell’annunciato miracolo.

Eppure qualcosa si muove sul fronte occidentale, del resto “sono passati quasi 100 anni – ha ricordato Alessandro Huber (Pd) – da quando le donne in Italia hanno avuto diritto al voto, da quando hanno cominciato a riappropriarsi di quei ruoli fino ad allora negati, affermandosi come soggetti politici attivi”. La strada da fare, come cantava il quartetto rock più famoso d’Albione, è tuttavia ancora lunga e tortuosa, e allora quali sono gli strumenti per arrivare a una piena democrazia? Come si passa da un inveterato status quo a uno “stato delle cose che funzionano”? Quali sono le probabilità di successo se – come evidenziato da Mazzardis – ancora “genderizziamo” i bambini con i giocattoli e le favole, e ancora cavalchiamo vetusti stereotipi linguistici (del tipo “non piangere come una femminuccia”) e culturali (mamma con il grembiule da cucina/papà con il giornale come iconografia imprescindibile)?

Perché non c’è dubbio che la questione sia prima di tutto culturale e una “iperproduzione normativa spesso non è la soluzione al problema. Le quote di genere da sole non bastano, devono esserci una stretta correlazione fra diritti civili e sviluppo sociale ed economico, e un chiaro obiettivo politico, altrimenti si fanno solo delle leggi-manifesto”, ha chiosato Francesco Palermo che ha poi aggiunto: “dobbiamo imparare a gestire gli elementi differenti della nostra società, prendiamo ad esempio la questione del cognome, non esiste una norma per cui debba essere passato al figlio quello del padre, né c’è una legge che impone che se i genitori vivono in due residenze diverse il figlio venga automaticamente assegnato alla casa in cui vive la madre, come invece avviene”.

L’espediente della doppia preferenza di genere – e cioè dare due preferenze per i candidati a consigliere comunale, una per un candidato di sesso maschile e l’altra per un candidato di sesso femminile della stessa lista – non sempre funziona, dunque, ma la necessità di introdurla sembra essere, al momento, una questione di stringente priorità. La trattazione urgente della norma, creata appunto per facilitare l’accesso delle donne alle cariche elettive ma che di fatto cambierebbe le regole a partita iniziata, verrà infatti discussa domani a Trento in consiglio regionale. Un ddl posto sotto attenta osservazione anche nell’arena politica locale (in Alto Adige, tuttavia, le preferenze sono quattro e non due).
Il vizio tutto italico, poi applicato anche in Regione, di fare le leggi elettorali a ridosso del voto è quanto di più sbagliato ci possa essere,” ha commentato Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore) seduto fra il pubblico insieme ad altre personalità della scena politica venute ad assistere al meeting, come Claudio Della Ratta, Elena Artioli, Claudio De Gasperi e il sindaco Luigi Spagnolli.

Christian Tommasini (Pd) rispedisce al mittente le critiche circa il tempismo con il quale è stata avanzata la proposta di inserire le cosiddette quote rosa, elaborata, secondo l'assessore, già qualche tempo fa e solo rinviata, “la SVP comunque è contraria - ha precisato Tommasini - quindi non ci sono i numeri in questo momento per far passare la legge a Bolzano ma il problema resta urgente e, se il dibattito rimane acceso solo in Trentino, come Alto Adige/Südtirol non ci facciamo certo una bella figura”.