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"La natura non è governata da Mr. Trump"

A Magré, tra i cortili della tenuta Lageder, si è tenuta Summa: qualità, sostenibilità e scambi autentici al centro della manifestazione. Sullo sfondo, l’ombra dei dazi USA, le incertezze sull'economia, e le trasformazioni del settore.
Summa
Foto: SALTO/ Simonetta Nardin
  • Come a ogni inizio di primavera da ormai più di 25 anni, Magré sulla Strada del Vino lo scorso fine settimana ha ospitato Summa, la manifestazione organizzata dalla cantina Lageder che celebra vino di qualità e agricoltura sostenibile. Molto più raccolta della grande fiera di Vinitaly che si è appena chiusa a Verona, Summa raccoglie una piccola ma fedele folla di produttori, amanti del vino, sommelier, gourmet e giornalisti che affollano le case e i cortili della tenuta Lageder, dove si concentrano gli stand di 44 vignaioli provenienti da 44 paesi europei con l’aggiunta della new entry del Libano. 

    Quest’anno era presente, anche se non invitato, il presidente americano Donald Trump, che appena tre giorni prima dell’inizio di Summa aveva sorpreso il mondo imponendo tariffe doganali altissime per 60 paesi, compreso un 20 percento per l’Europa. Moltissimi dei produttori presenti a Summa esportano il 70 percento della loro produzione, e, in media, un terzo dell’export va negli Stati Uniti. Nonostante questo, Alois Clemens Lageder, il padrone di casa, era serenamente concentrato sulla buona riuscita della manifestazione e, insieme a lui, molti produttori sembravano decisi a godersi il clima primaverile e la bellezza dell’Unterland sudtirolese. Alla luce delle giravolte attuali sui dazi - con le tariffe più alte per l’Unione Europea per ora messe in pausa per tre mesi - la volontà dell’organizzatore di mantenere la calma sembra giustificata. Ma la preoccupazione più forte, quella per l’incertezza di questa situazione dalle conseguenze imprevedibili sembra altrettanto motivata.

  • I nuovi mercati per il vino europeo

    I vignaioli presenti provengono da 44 paesi europei.: Summa raccoglie una piccola ma fedele folla di produttori. Foto: Lageder

    “Anche quest’anno al centro di Summa c’era come sempre la voglia di celebrare il vino di qualità. I dazi non sono stati il tema principale, e ne sono contento, anche se si tratta ovviamente di una situazione complicata e delicata – ma proprio in questa situazioni i momenti di scambio sono preziosi,” dice Lageder, ricordando che a metà marzo Trump aveva minacciato dazi del 200 percento sui vini europei, minaccia che aveva in effetti bloccato il mercato. Con tariffe doganali del 20 percento i vini di qualità rappresentati a Summa, che hanno una clientela fedele negli USA, potrebbero convivere. Il vero problema, dice, è l’incertezza. “Ovviamente i dazi ora sono una realtà, ma non sappiamo cosa succederà davvero, quando cominceranno e come andranno a finire i negoziati con l’Unione Europea. Così diventa difficile pianificare e questo ci complica un po’ la vita,” ammette. E per aprire nuove strade ci vuole tempo.  “Possiamo cercare di portare negli Stati Uniti un po’ di vino in più, oltre a quello già partito, ma questo ci offre solo un po’ di tempo senza risolvere il problema. Ci sono i nuovi mercati, ad esempio in Asia: in Cina i consumi stanno cambiando, la gente si sta spostando piano piano sul vino, ma ci vuole tempo per sviluppare i gusti, perché la crescita dell’interesse per il vino è un cambiamento culturale che si costruisce nel tempo, anche tessendo nuove relazioni, mentre in America consumano vino europeo ormai da 40 anni.”

  • La viticoltura tra sovraproduzione e bassi consumi

    Per Rainer Schnaitmann titolare dell’omonimo vigneto nella Remstal, vicino a Stoccarda, “le tariffe del 200% sarebbero state ovviamente fatali, adesso la situazione non è più così catastrofica. L’annuncio rallenta tutto ma penso che possiamo farcela. A nessuno piace tutto questo. Ma in qualche modo risolveremo il problema.” 

    L’incertezza generata dal balletto delle tariffe arriva in un momento difficile per la viticoltura, con la Commissione Europea che ha appena proposto un set di misure volte ad affrontare diverse sfide “come l'evoluzione delle tendenze dei consumatori, i cambiamenti climatici e le incertezze del mercato.” Anche Lageder pensa che ci sia bisogno di capire in generale come si svilupperà la viticoltura globalmente. “C'è la questione della sovraproduzione: in Germania ad esempio il mercato del vino sfuso diminuirà del 50 percento nei prossimi 15anni - è tanto, la gente beve meno ed è stato piantato troppo. C’è un grande movimento, ci sono delle sfide, ma anche delle belle possibilità. Spero che la produzione sarà più sostenibile dal punto di vista ecologico. Ma il biologico ha sempre dei costi che sono più alti del convenzionale, quindi per quello i dazi certamente non aiuteranno.”

     

    “Forse ci sarà una piccola diminuzione del consumo ma che faranno gli americani – smetteranno di bere vino europeo? Non credo proprio."

     

    Lageder scommette sulla qualità e sul fatto che gli americani non cambieranno d’improvviso abitudine: “Sì, credo che la reputazione ci aiuterà”. Tra gli espositori anche Alessandro Castellani della tenuta Ca’ La Bionda in Valpolicella esorta a non abbattersi: “Dobbiamo prima capire se ci sarà un margine di trattativa, e sicuramente troveremo anche una soluzione con i nostri importatori. Ma, conoscendo bene il mercato, gli americani stessi non faranno a meno di queste eccellenze.” 

    Anche per il produttore francese della tenuta Vignobles Comtes von Neippergil ne faut pas paniquer " perché gli americani non cambieranno abitudine.  “Forse ci sarà una piccola diminuzione del consumo ma che faranno gli americani – smetteranno di bere vino europeo? Non credo proprio. Ad esempio, per un vino come quello che serviamo qui, lo Château d'Aiguille, che costa 22 euro IVA inclusa, alla fine l’aumento (con i dazi al 20 percento) sarebbe di 3 dollari – non un’enormità”. Gli fa eco Roberto Stucchi Prinetti, della tenuta di Gaiole in Chianti ammettendo però che “la cosa non sarebbe indolore. Il problema è che questi annunci stanno scatenando una potenziale recessione che farà male comunque a tutti e anche in altri mercati, per cui sono molto preoccupato in tutti i sensi. Poi tutta questa incertezza…”

  • La situazione economica generale

    È proprio l'insicurezza che genera timori. “C'è grande incertezza economica ma anche grande incertezza politica, che sono la cosa più grave sia per i produttori che per i consumatori. Non sai se sia meglio spendere o risparmiare. Ti puoi godere le tue vacanze o fare altre cose? Questo ci complica la vita”, dice Lageder.

     

    “Abbiamo vissuto un dicembre-gennaio di vendite incredibili, perché gli americani vista la minaccia dei dazi hanno fatto scorta."

     

    Carolin Veyder Marlberg, arrivata con il marito dalla regione vinicola della Wachau in Austria, ha fiducia nel proprio istinto che le dice che “la qualità del nostro prodotto vince sempre su ogni altra considerazione. Ma ora a preoccuparci non è solo la minaccia delle tariffe. È la situazione economica generale che spinge le persone a riflettere attentamente su dove spendere i loro soldi.”

    Anche Castellani pensa che sia la paura a fare più danni in questo momento, ma nota anche che la minaccia che era nell’aria da mesi ha aiutato a fronteggiare la crisi nell’immediato: “Abbiamo vissuto un dicembre-gennaio di vendite incredibili, perché gli americani vista la minaccia dei dazi hanno fatto scorta, così noi abbiamo già fatturato quello che più o meno dovevamo fatturare nell'arco dell'anno. Credo che per quest'anno andremo bene, ma la paura ora è il maggior nemico in questo momento”.

  • Il partenariato con gli importatori

    SUMMA a Magré: Una parte dei ricavi è stata donata al giornale di strada zebra Foto: SALTO/ S. Nardin

    Per fronteggiare la crisi Carolin Veyder-Malberg spera molto nella collaborazione con gli importatori, che per i vignaioli presenti a Summa sono quasi di famiglia: “I nostri distributori sono dei veri partner che in parte si sono già preparati e con i quali siamo in costante comunicazione. Per alcuni di loro, quelli più piccoli, si tratta di una catastrofe – piccole ditte che si sono specializzate nell’import di vini europei, che fanno un lavoro fantastico – per alcune di loro questa follia ha innescato una crisi che potrebbe essere esistenziale.” 

    Anche per l’azienda della Valpolicella non si tratta di una semplice relazione clienti-fornitori. “Ci sono relazioni che vanno avanti da vent'anni e si possono sempre trovare degli accomodamenti, una parte dei costi li carica il produttore, una parte l'importatore, una parte il distributore e ovviamente una parte il consumatore, ma non verrà caricato tutto sul consumatore.” Per il produttore del famoso vino rosso c’è anche un aspetto positivo: “L’Amarone, se anche rimane un po' più in azienda, potrebbe essere una cosa positiva, perché siamo sempre troppo a ridosso dell'annata, con i vini troppo freschi. Ce lo ha insegnato un po’ il COVID: quando siamo tornati nei ristoranti dopo la pandemia i vini erano rimasti fermi un anno ed erano molto più buoni. La qualità migliora, non peggiora.”

  • Un'occasione di trasformazione

    La vignaiola austriaca invece non vede possibilità di conservare il suo vino in attesa di tempi migliori. “Quindi non abbiamo nessun spazio di manovra. Dove lo conserviamo quando diventa troppo? Oppure dove possiamo vendere più del normale?” Per ora, dice Veyder-Malberg, bisogna andare avanti come sempre.  “Siamo una piccola azienda vinicola. L'uva viene raccolta, il vino viene pigiato e lavorato. Si tratta di un intero processo di pianificazione. Ci deve essere di nuovo spazio per il prossimo raccolto. Nel lavoro del vino dobbiamo continuare come prima. E poi bisogna guardare alle vendite e al marketing per vedere cosa si può fare. Ma la natura e le piante non sono governate dal signor Trump.

    Anche Lageder non vede la possibilità di cambiamenti immediati alla produzione. “Non puoi soltanto tagliere metà della tua produzione E poi abbiamo una collaborazione con più di 60 vignaioli, non è che possiamo dire ciao, non ci servite più, perché si tratta di bellissime collaborazioni basate anche sull’amicizia. È troppo presto per sapere cosa faremo. La natura è una cosa molto più lenta rispetto ai dazi.” 

    Un'altra opzione per il mercato ci sui si parla molto è la produzione vino senza alcol, il cui consumo è in grande espansione negli USA e a livello globale. Lageder non vede questa opzione come valida per la sua produzione: “È una bella nicchia ma noi lavoriamo con il metodo biodinamico perciò parliamo sempre di vivacità e di cercare di sviluppare un'agricoltura sana. Dealcolizzare il vino è un processo molto tecnico, perciò da una parte vorresti aumentare la vivacità dall'altro lato gli togli l'alcol tramite questo processo tecnico. Non ha senso per noi, a mio avviso. Sicuramente ci saranno quelli che avranno un gran successo. La viticoltura biodinamica ha avuto un buono sviluppo in Alto Adige, ma credo che per ora rimarremmo sull’1 percento della produzione, mentre il biologico è rimasto un po' su quel 4-5 percento.”

     

    "In America un vino che parte dall’Italia a 15 euro era a 60 dollari e ora è a più di 100."

     

    Elisabetta Foradori della cantina omonima di Mezzolombardo, che negli ultimi 40 anni ha visto il Teroldego passare dalla Piana Rotaliana all’export internazionale, vede in arrivo un grande momento di trasformazione. Le tariffe arrivano dopo che negli ultimi anni il ricarico di costi è stato riversato sul vino, soprattutto nella ristorazione: in America, dice, un loro vino che parte dall’Italia a 15 euro era a 60 dollari e ora è a più di 100, in un processo che sfugge ai produttori che non possono determinare questi passaggi e si sentono totalmente impotenti.

    “È un momento di grande paura e incertezza, e questo però non è solo un problema del mondo del vino. È un processo che si inserisce sul momento storico di ripensamento della viticoltura - di troppa produzione, di troppe aziende, di consumi cambiati - quindi è come una grande catarsi, che arriva da diversi segnali, di diversa provenienza, troverà aziende più o meno preparate, sicuramente qualcuno cadrà, qualcuno resisterà, ma è anche una grande occasione di trasformazione e di ripensamento di quello che siamo stati negli ultimi anni.”

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