Gesellschaft | Immigrazione

L’esibizione delle arance amare

Fino al 28 gennaio l'unibz ospita un'esposizione fotografica che racconta il lavoro e le condizioni di vita dei migranti negli agrumeti calabresi.

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Una mostra fotografica, risultato di un progetto etnografico triennale, che illustra le condizioni di vita e il lavoro dei profughi negli aranceti calabresi, questo il tema alla base di “Bitter Oranges”, l’esposizione che ha aperto i battenti l'11 gennaio, e che proseguirà fino al 28 dello stesso mese, presso la Libera Università di Bolzano.

La zona d’indagine è quella della piana di Gioia Tauro, tra lo stretto di Sicilia e il montuoso dell’Aspromonte e in particolare la cittadina di Rosarno divenuta tristemente famosa nel 2010 quando alcuni ragazzi del luogo ferirono gravemente un bracciante con una carabina ad aria compressa. Non fu la prima aggressione che si era verificata ai danni degli stagionali africani che quella volta (erano circa 2mila), tuttavia, decisero di reagire. Stufi di subire continue discriminazioni e di essere sfruttati sul lavoro risposero d’istinto con una manifestazione che degenerò in violenza e i migranti furono cacciati dalla città. In seguito le videoregistrazioni dimostrarono che furono gli abitanti della città a perpetrare tale violenza distruttiva. La rivolta non migliorò la situazione degli braccianti che tornarono - perlomeno molti di loro - a lavorare negli aranceti poco tempo dopo.

Gli etnologi Diana Reiners e Gilles Reckinger insieme alla fotografa e politologa Carole Reckinger hanno visitato, nel 2012, i braccianti di Rosarno collezionando fotografie, filmati e testimonianze audio. Parte del materiale è stato fornito dai migranti stessi, che, con cinque macchine fotografiche compatte, hanno documentato la loro difficile quotidianità in quello che è il cuore dell’Unione Europea. “Nelle prime ore del mattino - si legge su uno dei pannelli installati nell’esposizione - i disoccupati si radunano in piazza dove un caporale li porta negli aranceti. Li costringe a stiparsi in un furgoncino e chiede dai 3 ai 5 euro a testa per il trasporto. Senza caporale però è ancora più difficile trovare lavoro, perché la concorrenza è spietata. I caporali sono spesso africani che hanno fatto 'carriera'. Il caporale conta le casse riempite di arance appena raccolte e distribuisce le paghe. I lavoratori sono alla sua mercé. Spesso, i braccianti aspettano settimane intere prima di essere pagati e molto spesso non sono pagati affatto”.

Focus della mostra il tema migratorio e la precarietà lavorativa dei braccianti, ma anche la pressione sui prezzi nella produzione dei generi alimentari. Gli etnologi hanno inoltre raccolto testimonianze sulle storie di vita dei migranti. “Io ho vissuto la guerra - racconta uno dei ragazzi agli studiosi mostrando una ferita di arma da fuoco mal cicatrizzata sul ventre - però non sono mai stato costretto a vivere in condizioni come queste”.