Gesellschaft | Gastbeitrag

L’inclusione non è un ostacolo

Una scuola che esclude gli studenti fragili è come un ospedale che respinge i malati e che cura i sani. Non lo dico io. L'ha detto Don Lorenzo Milani 58 anni fa.
Inklusion ist keine Hürde
Foto: Roman Biernacki, pexels
  • Nel 1967, Don Lorenzo Milani scriveva che “una scuola che esclude gli studenti fragili è come un ospedale che respinge i malati e che cura i sani”.  La Lettera a una professoressa venne pubblicato poco più tardi, un piccolo libro che segnerà la nascita di un'idea semplice quanto travolgente e rivoluzionaria: ogni bambino e ogni bambina ha il diritto di andare a scuola, ogni piccolo cittadino in Italia avrà il diritto di avere un'istruzione di qualità e su misura per lui: da quel momento la scuola italiana si impegnerà a non lasciare più nessuno indietro.

     

     L’inclusione non è un ostacolo all’apprendimento, ma è ricchezza, per creare una comunità davvero viva.

     

    È dopo aver letto questo libro, grazie alla mia insegnante di filosofia del liceo, che ho deciso, quasi 20 anni fa, di diventare una professoressa e di fare mie queste parole. Per me, per noi che in classe ci entriamo ogni giorno, l’inclusione non è un ostacolo all’apprendimento, ma è ricchezza, per creare una comunità davvero viva, oltre che coesa, che poggia sui valori del rispetto delle differenze e sull’accoglienza di tutti. Da allora, però, tante cose sono cambiate: l'inclusione è diventata legge nazionale e io sono diventata insegnante e poi mamma di un bimbo nello spettro autistico.

  • Inclusione sotto attacco

    Con il passare degli anni l'inclusione, che tanto ci stava a cuore, è dolorosamente sotto attacco, e da diversi anni, viene indebolita proprio da chi dovrebbe tutelarla e difenderla. A suon di colpi inferti da prese di posizione e da titoli di giornale propagandistici, che plaudono alle classi differenziali, l’inclusione, la nostra “speciale normalità”, sta subendo, taglio dopo taglio, critica dopo critica, un'erosione che ne mina le basi, ed anche i colleghi più convinti stanno gettando la spugna, e sì, un po’ in fondo li capisco, anche se non li giustifico.

    È frustrante vedere che ciò con tanta fatica e con tante di battaglie si era costruito di buono, e di cui fino a pochi decenni anni fa ci si faceva vanto, tanto da invitare intere delegazioni di insegnanti dalla vicina Austria o dalla Germania per studiare da vicino “il modello altoatesino dell'inclusione”, sempre accompagnati da stuoli di politici e ospiti soddisfatti, ormai sia solo un pallido ricordo di ciò che era. Mancano i soldi, o almeno così dicono i politici locali e i titoli sui giornali di ieri: mancano per tutto, ormai, nelle scuole altoatesine. Anche nella mia.

  • Mancano i soldi in una provincia ricca

    E dove mai saranno questi soldi? Ce lo chiediamo sempre più spesso noi insegnanti, se lo chiedono anche i genitori dei bambini con disabilità, e credo anche i presidi, che devono far quadrare i conti, e rappezzare, con la coperta sempre più corta, buchi e mancate coperture, perché sono proprio loro a dover garantire la qualità della didattica e dell’inclusione nelle loro scuole, con le ristrette risorse economiche a disposizione.

    Eppure, qui siamo ricchi, ci dicono, e siamo sempre i più “fortunati”: almeno sulla carta, la Provincia di Bolzano è una delle province più ricche d’Europa, con un Pil ai massimi livelli nazionali e con gli indicatori economici che segnano costantemente il +.

     

    Il politico di turno, che non avrà mai messo il piede in una classe, fonderà gruppi di “esperti” per risolvere i problemi della scuola.

     

    Ci sono dunque questi soldi in verità, per molti ma non per tutti, a quanto pare; in ogni caso ce ne sarebbero abbastanza per garantire a tutti i bambini e alle bambine il diritto a frequentare la scuola, agli insegnanti uno stipendio dignitoso, alle scuole le risorse necessarie per fare didattica individualizzata, o almeno ci sarebbero, se davvero fossimo una priorità o avessimo una lobby potente alle nostre spalle. Ma una lobby i bambini, i loro genitori e gli insegnanti non ce l’hanno, e nemmeno siamo una priorità per la politica, anzi, negli anni siamo finiti sempre più in fondo e alla fine ci siamo arrivati agli ultimi posti della lista.

    Così arriverà un altro settembre e qualcuno scriverà i soliti titoli propagandistici contro l’inclusione degli alunni con disabilità o background migratorio, usando la scuola senza vergogna per raccogliere qualche consenso in più. Il politico di turno, che non avrà mai messo il piede in una classe, fonderà gruppi di “esperti” per risolvere i problemi della scuola, ben sapendo che l’unico problema sono le coperture, andate altrove, ai primi della lista.

    A tutto questo circo mediatico, noi insegnanti siamo davvero stufi e stanchi di rispondere per l’ennesima volta. Useremo le poche energie per cucire, tagliare ed incollare le nostre ore di completamento e provare un’altra volta a compiere quella missione, ormai divenuta quasi impossibile, di non lasciare indietro nessuno.

  • L'autrice

    Jessica Tabarelli vive ogni giorno sulla sua pelle le tante difficoltà di bambini, bambine, ragazzi e ragazze con disabilità, sia in veste di genitore che di insegnante. Ha raccontato a SALTO la sua esperienza per farci entrare in questo mondo fragile, ma anche pieno di umanità.

  • Il valore immenso della scuola pubblica

    Mentre scrivo queste parole un po’ troppo amare, lo sguardo mi cade sul diario di mio figlio: “Ab heute bin ich Schulkind!”, la scritta che campeggia a lettere colorate su un libretto giallo e colorato,  in cui abbiamo incollato le fotografie della maestra di sostegno del mio bambino, che sorride tenendolo in braccio e del suo educatore preferito, mentre prepara i dolcetti di Natale insieme agli altri bambini: sono le mie foto preferite e strappano un sorriso a chiunque le guardi, perché da esse traspare il valore immenso della scuola pubblica, dell’inclusione e dei tanti colleghi e colleghe che ogni giorno svolgono con amore, passione e professionalità il loro lavoro nel migliori dei modi, lontani dai riflettori, dai convegni, dai giornali, dai palchi e delle lobby.

     

    Molti colleghi abbandonano la scuola, stanchi del precariato o degli stipendi miseri.

     

    La scuola e l'inclusione dovrebbero essere una priorità che ci riguarda tutti: anche il ricco albergatore e il contadino benestante manderanno i loro figli a scuola, anche nella classe dei loro figli ci sarà bisogno, quasi certamente, di un insegnante di sostegno ed in ogni caso di insegnanti preparati, che diventano merce sempre più rara: molti colleghi abbandonano la scuola, stanchi del precariato o degli stipendi miseri, esausti dal carico di lavoro crescente e dal lavoro in emergenza e sotto personale; anche i più convinti, i più preparati, gettano la spugna o si trasferiscono nel vicino Tirolo o in Svizzera, dove lo stipendio di un insegnante è il doppio o il triplo e ti consente di vivere più che dignitosamente, al contrario di qui. 

    Io e miei colleghi siamo ben consapevoli che ormai il tempo è scaduto e che non esiste inclusione a costo zero. Questo lo sa benissimo, anche meglio di noi, il nostro preside, che qualche stanza più in là, cerca in ogni modo di far quadrare “le risorse” sempre più risicate, cioè le nostre ore, per aiutarci a “coprire” le classi sempre più complesse, talvolta costretto anche lui ad arrendersi, sospirando: “Non so proprio dove trovare le risorse…”.

    Eppure, la scuola e l'inclusione sono legge e sono un diritto per tutti. Non solo, sono una priorità e un servizio basilare dello stato sociale che riguarda tutti noi: non si tratta di una spesa, ma di un investimento sul futuro di ogni bambino e ogni bambina, e quindi anche sulla nostra terra. Il tempo  per trovare le  coperture economiche fondamentali per garantire una scuola inclusiva e di qualità per i nostri bambini e per i figli di tutti, però, è quasi finito e quelle risposte che tutti a scuola attendiamo, ad oggi non sono ancora arrivate: le promesse dei politici, ancora una volta, sono state disattese, poiché, numeri alla mano, nessuna nuova risorsa è prevista per assumere nuovi insegnanti di sostegno e inoltre, a fronte di 7 alunni con diagnosi 104 che concluderanno il loro percorso formativo il prossimo anno scolastico, nella sola scuola italiana ne entreranno ben 93 di nuovi.

  • Sperare in un colpo di bacchetta magica

    A questo prossimo tsunami, la risposta da parte dei responsabili politici locali è stata solamente usare un abile trucchetto di magia, neppure troppo furbo: le risorse per pagare una parziale sanatoria dei docenti, verranno tolte dai prossimi fondi provinciali per l'inclusione, e così la grande lotteria delle coperture per gli alunni con disabilità e BES andrà nuovamente in scena. A noi insegnanti, genitori, e agli alunni/e non rimarrà altro da fare che sperare nel biglietto vincente … oppure in un colpo di bacchetta magica, Abracadabra.