"Necessaria una pluralità di voci"

È un grido d’allarme per la professione quello che emerge dall’indagine promossa dall’Ordine dei giornalisti del Trentino-Alto Adige/Südtirol sullo stato della professione in occasione dei 50 anni dall’istituzione dell’Ordine regionale. La professione giornalistica svolge ancora un forte valore sociale di cassa di risonanza delle istanze delle comunità locali ed è presidio democratico. Ma chi opera nel settore giornalistico trova difficoltà crescenti, sia dal punto di vista della remunerazione e della carriera, sia per quanto riguarda il riconoscimento della professione, la sua autorevolezza nel dibattito pubblico e nella società di oggi.
"C'è un grande bisogno di informazione attendibile e non superficiale" ha commentato la presidente dell’Ordine regionale Elisabeth Anna (Lissi) Mair nel dare alcune alcune anticipazioni sui dati. "Come ci ricordano i commenti emersi nell’indagine da parte di colleghi e colleghe, per svolgere il mestiere di giornalista servono passione e capacità professionali ma anche il rispetto della deontologia che è garanzia per lettori, lettrici e pubblico. La nostra professione è sempre più mortificata da condizioni di lavoro stressanti e precariato. Ma una società si misura anche sullo spazio e la protezione della pluralità delle voci dell'informazione".
L’indagine – che oggi (12 novembre) viene presentata nel dettaglio e discussa durante il convegno - è stata condotta dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento con il coordinamento scientifico del professor Giuseppe Veltri. Il questionario con 40 domande è stato somministrato nell’arco di due mesi – a fine marzo a fine maggio 2022 – a circa 1700 giornalisti e giornaliste, tra cui 695 professionisti e 1020 pubblicisti. Poteva essere compilato in italiano o in tedesco. Le risposte pervenute sono state 708. Tra chi ha risposto, i giornalisti sono il 64%, le giornaliste il 35%. I professionisti sono stati il 48%, i pubblicisti il 52%, i praticanti l’1%.
Fotografia della condizione lavorativa
Per quanto riguarda l’inquadramento, il 42% di chi ha risposto ha un contratto da dipendente a tempo indeterminato, mentre solo il 4% a tempo determinato. Ampia la platea dei freelance: sono il 54% di cui il 35% con partita iva e il 19% con rapporti di prestazione occasionale. Sul livello di retribuzione, solo 187 giornalisti e giornaliste hanno accettato di rispondere: la retribuzione oraria media è di 22 euro, mentre in quella mensile netta c’è molta varietà, con qualche maggiore incidenza nella fascia tra i 2mila e i 2500 euro (il 27%) e tra 3mila e 4 mila euro (il 19%). Molti intervistati, in generale, concordano sul fatto che la professione stia perdendo consenso sociale e che l’informazione stia vivendo una stagione difficile in cui la fretta, la concorrenza dei social network e la fatica ad adeguarsi al cambiamento abbia portato a uno svilimento della professione. Forte il segnale arrivato nei commenti da chi è precario per le retribuzioni sempre più basse e l’impossibilità di costruirsi un futuro economico stabile attraverso la professione. Tra i problemi segnalati nelle risposte aperte, il crollo dei compensi legato alla crisi, il crescente abusivismo nella professione, la tendenza nelle redazioni a ricorrere a giornalisti in pensione a scapito di investimenti nei/nelle giovani.
Come si sta in redazione
L’indagine ha cercato quindi di analizzare il livello di soddisfazione lavorativa dei giornalisti. La maggior parte di chi ha risposto si dice soddisfatto (45%) o molto soddisfatto (18%). Emerge dai commenti una forte passione per il mestiere, per la possibilità di espressione, creatività e autonomia che la professione consente e per il valore che ancora il giornalismo riveste come strumento di ascolto delle comunità e presidio di democrazia. Non mancano però le criticità, non soltanto per quell’11% di chi si sente insoddisfatto. Riguardano soprattutto l’incertezza lavorativa, il mancato riconoscimento professionale e le scarse opportunità di carriera. Secondo gli intervistati, a peggiorare è anche il clima in redazione con disparità di trattamento, tensioni tra chi è contrattualizzato e chi non lo è, forte competitività, carichi di lavoro e stress in aumento.
Tra gli elementi emersi anche la persistenza di un divario di genere nella remunerazione, nella distribuzione degli incarichi o nelle opportunità di carriera. Il problema esiste secondo per il 69% di chi ha risposto (e per il 36% sempre o spesso). Una parte dell’indagine è stata dedicata all’analisi delle discriminazioni in redazione. Secondo il 14% di chi ha risposto (96 persone) le discriminazioni esistono e riguardano soprattutto idee politiche, genere, età e condizione professionale. Il 9% di chi ha risposto (67 persone) si dichiara vittima di mobbing in redazione.
La seconda parte dell’indagine, dedicata al futuro della professione si apre con un’analisi dei tempi di lavoro e dello smartworking nelle redazioni. Secondo il 38% si lavora sempre di più rispetto a quanto previsto dal contratto (per il 35% solo a volte di più). Va meglio per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro: le decisioni vengono prese in piena autonomia (per il 41%) o condivise e discusse (39%). Anche la libertà di espressione è percepita come molto (33%) o abbastanza (33%) presente. Scarsa (per il 37%) l’ingerenza di poteri esterni alla redazione nelle decisioni, ma un 10% la ritiene invece molto presente.
Organizzazione del lavoro
La seconda parte dell’indagine, dedicata al futuro della professione si apre con un’analisi dei tempi di lavoro e dello smartworking nelle redazioni. Secondo il 38% si lavora sempre di più rispetto a quanto previsto dal contratto (per il 35% solo a volte di più). Va meglio per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro: le decisioni vengono prese in piena autonomia (per il 41%) o condivise e discusse (39%). Anche la libertà di espressione è percepita come molto (33%) o abbastanza (33%) presente. Scarsa (per il 37%) l’ingerenza di poteri esterni alla redazione nelle decisioni, ma un 10% la ritiene invece molto presente.
Per quanto riguarda lo smartworking, il 56% degli intervistati non risponde. Ma tra chi risponde, lo ha praticato solo il 17% durante la pandemia, per la metà di loro per oltre tre mesi (53%) e tuttora lo pratica il 23%. Lo smartworking ha portato in circa la metà dei casi (47%) difficoltà di conciliazione con i tempi di vita personali e sembra aver diminuito (per il 55%) la motivazione sul lavoro. Solo il 17% di chi ha risposto ha registrato però un aumento dello stress, legato a varie cause concomitanti (problemi informatici, organizzativi o con le persone, carico di lavoro, problemi familiari) tutte di uguale peso. In generale, lo smartworking ha comportato per il 29% di chi ha risposto un aumento del lavoro, mentre la maggior parte (58%) non ha avvertito differenza. Il 51% di chi ha risposto lo ritiene una modalità di lavoro pienamente compatibile con la professione giornalistica.
Futuro della professione
L’indagine volge quindi lo sguardo al futuro delle professioni. Per la maggior parte degli intervistati (il 72%) il lavoro è destinato a cambiare radicalmente o almeno in buona parte e sarà necessario adattare le vecchie competenze (per il 93%) e acquisirne di nuove (93%).
A chi è stato intervistato è stato chiesto quali siano i settori con maggiori prospettive di tenuta lavorativa in futuro. Svettano tra le preferenze blog e testate online (per il 72%), social network (per il 69%), uffici stampa (per il 53%), televisione pubblica (44%) e stampa locale (40%). Potenzialmente meno forti in futuro vengono viste le radio nazionali private (22%) e le televisioni private locali (23%).
Le competenze che serviranno per adeguarsi ai rapidi cambiamenti del mondo del giornalismo sono molteplici. Secondo il 78% degli intervistati, sarà indispensabile saper produrre contenuti nativi multimediali in cui testo, immagini, audio e video sono pensati partendo dalle diverse piattaforme che li ospitano. Per il 72%, per contrastare la diffusione di disinformazione sarà sempre più importante il cruciale il fact-checking: versione attuale del tradizionale controllo delle fonti. Il 68% ritiene che sia importante saper lavorare bene anche solo con uno smartphone per produrre contenuti e per il 65% si dovrà saper fare del buon giornalismo adatto ai sociale network. Il 62% ritiene che faranno la differenza le competenze nel data journalism. Gli intervistati sono invece molto meno convinti del futuro del citizen journalism: solo il 38% ritiene che sia una competenza importante in futuro.
Glu ultimi quesiti posti nell’indagine riguardano la possibilità di ripensare l’accesso alla professione giornalistica. Secondo il 54% di chi ha risposto dovrebbe essere richiesto il requisito minimo di studio della laurea per svolgere la professione. Il 46% ritiene che sia necessaria la frequenza di una scuola di specializzazione o, per il 40% di un master dedicato.
Le iniziative per i 50 anni
Il primo atto della due giorni si è tenuto ieri a Palazzo Geremia con la presentazione ufficiale delle iniziative per i 50 anni dall’istituzione dell’Ordine regionale e la premiazione degli iscritti e delle iscritte all’Ordine regionale da 40 anni davanti a giornaliste e giornalisti. Oltre alla presidente Lissi Mair era presente il vicesindaco di Trento Roberto Stanchina, per testimoniare la vicinanza della comunità e delle istituzioni.
Per l’occasione hanno partecipato alcuni tra i più giovani e i più anziani iscritti all’Ordine regionale: Ettore Frangipane, iscritto con maggiore anzianità di iscrizione (nel 1959), Andrea Dalla Serra, studente e pubblicista, il più giovane iscritto (20 anni) e Arianna Burato, la più giovane di iscrizione (30 marzo 2022). Un saluto di Mario Antolini, iscritto più anziano (102 anni) è stato letto da Alberto Folgheraiter, iscritto da 50 anni e già presidente del Consiglio di disciplina.
In occasione della due giorni è presente a Trento anche una rappresentanza di presidenti e vicepresidenti dei vari ordini delle altre regioni italiane, oltre al presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli.
Al termine della cerimonia in Comune, l’attenzione si è spostata su Piazza Dante, dove ieri (11 novembre) è stata inaugurata la panchina bianca per la libertà di informazione, proprio di fronte al Palazzo della Regione e a quello della Provincia autonoma di Trento. Realizzata con la collaborazione dell’Ufficio parchi e giardini del Comune di Trento e con il contributo artistico dell’associazione culturale Studio d’arte Andromeda di Trento, la panchina riporta l’incipit dell’articolo 21, uno dei passi fondamentali della carta costitutiva che rivendicano la libertà della professione giornalistica. Il colore bianco è stato scelto per rappresentare idealmente lo spazio aperto e libero di una pagina che ancora deve essere scritta.