Kultur | Dal blog di Massimiliano Boschi

La lampada del genio

Alla Lub, la straordinaria storia di Matteo Ferroni, l'architetto che ha portato la luce nei villaggi rurali del Mali (a pedali).
Hinweis: Dies ist ein Partner-Artikel und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.

La prima "microstory" presentata dalle facoltà di Design e di Economia ha pochissimo di "maicro". Perché per una grande impresa è relativamente facile portare l'illuminazione "pubblica" in vari parti del pianeta, ma quando viene fatto a pedali, grazie all'inventiva di un singolo, non si può parlare di "piccolo progetto", in fondo siamo dalle parti di "Fiat lux". Ma al di là degli effetti pratici, è la portata dell'esempio che è assolutamente straordinaria. Tutto (o quasi) merito di Matteo Ferroni, un architetto umbro che, dopo un'esperienza teatrale insieme a Luca Ronconi, decide di partire per il Mali dopo l'incontro con la cantante Rokia Traoré.
Ferroni gira i villaggi in moto e viene conquistato dallo stile di vita dei villaggi rurali: "quando sono partito non avevo in mente la luce e nemmeno mi sfiorava l'idea che fosse un tema su cui riflettere. Osservando la invidiabile vita degli abitanti dei villaggi del Mali mi sono reso conto che la vita sociale si concentrava nelle ore notturne, quando il sole smetteva di rendere incandescente l'ambiente. Nel resto della giornata, invece, nei momenti di pausa dal lavoro si radunavano all'ombra di un albero, ed è questo che ha scatenato la mia ispirazione".

Di notte, infatti, la luce è piuttosto scarsa, originata da singole torce a batteria o da lumi a petrolio, i generatori costano troppo e vengono noleggiati solo per occasioni speciali, mancava quindi una luce collettiva. E per risolvere il problema, Ferroni si è ispirato all'ombra dell'albero: "mi sembrava di dover trovare uno spazio notturno, visto che l'unico momento in cui tutti si ritrovano nel villaggio è di notte. Ma non aveva senso pensare ad una soluzione nota, ad un'illuminazione pubblica all'italiana, nei villaggi del Mali sarebbe inutile e poco praticabile, per cui ho pensato ad un lampione mobile, a led. Economico e pratico, la lampada funziona alimentata da una batteria da motocicletta da 12 volt (autonomia 5 ore) che viene caricata di giorno da pannellini fotovoltaici". Per apprezzarne il funzionamento, potete guardare questo video, ma il grande insegnamento dell'esperienza di Ferroni è un altro: "anche in Europa abbiamo il problema di come applicare la tecnologia, la fissione nucleare può produrre energia o bombe atomiche e nel mio approccio non ho pensato che il nostro modello fosse quello giusto, quello da seguire. Perché io non ho visto un mondo povero in Mali, ho visto un modello che permette di vivere bene, senza le angosce del consumismo e nonostante le difficoltà, grazie ad un grande spirito collaborativo".
E' nato così il progetto "Foroba Yelen", ascoltando ed osservando stili di vita ed esigenze dell'altro, comunicando con esso e non tentando di esportare modelli che faticano a funzionare anche in contesti molto diversi. Probabilmente non è un caso che Ferroni abbia una formazione umanistica, come non è un caso che questa (non) "microstory" sia quella che ha inaugurato la rassegna della Libera Università di Bolzano, come ha spiegato Kuno Prey, docente di "Product design", uno dei due organizzatori di "microstories": "Matteo è imprenditore e progettista insieme, i prossimi tre incontri vedranno la partecipazione di due esperti, un designer ed un economista un ideatore ed un gestore del progetto, ma in questo caso, Ferroni ha fatto entrambe le parti".
Sulla stessa linea Alessandro Narduzzo, docente di "Innovation Management" della facoltà di Economia: "la sfida è quella di trasferire conoscenza al di fuori dello logica della disciplina e della facoltà, lavoriamo su progetti che sono interdisciplinari, che costringono ad imparare anche il punto di vista dell'altro, ovviamente il risultato dipenderà molto dalla partecipazione degli studenti che provengono da due facoltà diverse ed hanno quindi background differenti. In pratica si tratta di creare qualcosa di innovativo partendo dalla capacità di cogliere la complessità del contesto, ma non si tratta di un format chiuso, vedremo cosa salta fuori e, nel caso, aggiusteremo il tiro".