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Promuovere l'Europa (in geografia)

Le "Nuove geografie europee" esposte all'Atelier Europa.
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"Le nuove geografie europee" sono sotto gli occhi di tutti anche se le notano in pochi. La facoltà di Design e Arti della Libera Università di Bolzano ha, quindi, pensato bene di metterle in mostra all'Atelier Europa per tutto il mese di dicembre con tre appuntamenti principali uno il 7 dicembre, e gli altri due il 13 e il 20 (entrambi alle ore 18).
Il progetto, nato nell'ambito del corso di “Visual communication” del professor Antonino Benincasa con la collaborazione dei colleghi Emanuela De Cecco e di Gianluca Camillini, ci è stato presentato sui tavoli sgombrati dai "ferri del mestiere" al terzo piano della facoltà di Design e Arti da Benincasa, Camillini e da alcuni degli studenti che hanno esposto od esporranno le proprie creazioni.
In un contesto che ha visto all'opera italiani, tedeschi, giapponesi, russi e portoghesi non si poteva non ragionare anche delle frontiere che hanno attraversato ed attraversano gli studenti e i loro docenti.
Perché il confine che divideva Italia ed Austria al Brennero è scomparso da oltre quindici anni, ma molti lo rimpiangono, soprattutto per le sicurezze che trasmetteva. Inevitabilmente, però, chi oggi ha vent'anni ragiona in maniera completamente diversa, tanto che alla domanda sulle proprie identità territoriali, i ragazzi mostrano scarso interesse, mentre il professor Antonino Benincasa la trova più naturale, anche per via del suo passato "Sono nato in Germania da famiglia italiana, parlo meglio la lingua di Goethe che quella di Dante, ho l'accento tedesco, ma per i tedeschi resto un italiano e per gli italiani sono un tedesco. Per questo mi trovo bene a Bolzano, mi sento a casa perché è l'incrocio delle mie due culture".

Per i più giovani, invece, è qualcosa di molto meno concreto, si sentono a casa ovunque e in nessun luogo. Per molti Bolzano è solo un luogo di passaggio, un ponte verso altre città che potranno essere anch'esse di passaggio. Verso le radici hanno un rapporto di amore e odio (soprattutto gli italiani) ma in generale sono concentrati sul futuro, attenti a prendere il meglio di quel che capiterà, senza farsi troppi problemi. Nel sentirli parlare si capisce quanto la Lub sia lontana dal contesto che la circonda, dalle scritte sui cartelli dei sentieri, dalle bandiere a fianco dei rifugi, dalle identità coltivate come siepi per nascondere i problemi reali. Così, mentre la città e la provincia che la circonda guardano indietro per giustificare gli errori di oggi, dentro alla Lub si ribaltano confini e geografie che altrove sono considerate sacre, fosse anche solo per gioco. Basterebbe questo per buttare un occhio più attento a ciò che avviene all'interno dell'ateneo bolzanino nonchè all'esposizione, che non a caso, si tiene all'Atelier Europa e su cui vale la pena spendere qualche parola in più.

Il progetto "Nuove geografie europee" è nato in ottica "capitale europea della cultura" ma il fallimento della candidatura ha influito poco o nulla sugli obiettivi, come spiega lo stesso Benincasa: "gli studenti hanno ragionato sulle particolarità delle singole regioni e sulle problematiche che le accomunano o le distinguono. L'ottica è quella delle frontiere da superare e il progetto può, quindi, tranquillamente vivere e proseguire in altri contesti in altri musei".
Gli studenti ci hanno poi messo del loro, cercando di trasmettere concetti e suggestioni tramite oggetti e visioni particolari. 
Laura Quarto e Mari Nakashima, per esempio, hanno costruito dei vassoi con la forma delle regioni Euregio "abbiamo voluto creare una sorta di momento aperitivo - spiega Laura - un modo per discutere di cultura e delle tematiche del territorio. Oggetti, quindi, che non fossero un fine, ma un mezzo per qualcosa d'altro, un'occasione per proseguire il discorso". Altri hanno creato piramidi (Sonia Galluzzo) altri scomode sedie che riproducono “pattern visivi” su alcune peculiarità dei territori dell'Euregio (Dennis Rakar) mentre c'è chi si è concentrato su trafori e piattaforme (Alexander Schmidt) e chi sul girovagare dell'orso che attraversa i confini senza preoccuparsene troppo (Akzeptierbär di Ilka Pia Claren). Nicolò De Biasio e Alessandro Balzano, invece, si sono dedicati agli usi e costumi tradizionali con "Krampus", mentre le portoghesi Joana Duarte e Ines Farinha hanno costruito una macchina topografica che gioca con i colori. Altri dettagli li trovate qui, ma non c'è molto da aggiungere. L'Europa, vista dalla Lub, sembra un gran bel posto.