Gesellschaft | Affido condiviso

“Prima vengono i figli”

Infanzia, i dubbi del Garante Filomena Albano sul ddl Pillon. In attesa della convocazione in Senato l’Autorità esprime perplessità sulla riforma del diritto di famiglia.
Filomena Albano garante infanzia
Foto: vita.it

Mentre a Bolzano e in tutta Italia si manifesta contro il ddl Pillon, cioè il disegno di legge 735 che andrebbe a modificare il diritto di famiglia, in particolare per quanto riguarda la separazione e l'affido condiviso dei e delle minori, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) pubblica un parere sui testi in discussione alla Commissione Giustizia del Senato.

L'Autorità, che attende di essere convocata in audizione, ha anticipato il documento, pubblicandolo sul proprio sito. Lo ha fatto specificando, nel testo inviato al presidente della Commissione, che essa ha il compito di salvaguardare e promuovere i diritti, sanciti nella Convenzione di New York del 1989, di tutte le persone di minore età presenti sul territorio italiano. “Ogni separazione ha una storia a sé e serve un approccio caso per caso - avverte la Garante Filomena Albano -. Bisogna mettere al centro dell’attenzione prima i figli e poi le esigenze dei genitori. La bigenitorialità è fondamentale per una crescita serena dei figli, ma non significa divisione a metà dei tempi di permanenza del figlio. Piuttosto è il diritto dei figli a godere di una relazione piena, armoniosa e costante con entrambi i genitori”.

E ancora: “La famiglia non si dissolve, ma si ricompone assumendo un diverso assetto. Si rimane genitori per sempre”.
Secondo l’Autorità garante: “Un figlio ha diritto a una relazione piena con entrambi i genitori, che mantengono la responsabilità e la cura delle esigenze dei figli in crescita”.

Bisogna mettere al centro dell’attenzione prima i figli e poi le esigenze dei genitori. La bigenitorialità è fondamentale per una crescita serena dei figli, ma non significa divisione a metà dei tempi di permanenza del figlio


Il focus del parere del Garante è, ovviamente, la tutela dei diritti del minore. L’idea di una suddivisione paritetica dei tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore, ad esempio, “potrebbe non corrispondere all’interesse del minore”. “Devono invece essere gli adulti ad adeguarsi ai ritmi di vita dei bambini, i quali hanno bisogno di riferimenti stabili” sostiene la Garante. “Inoltre occorre valutare nel concreto ciascuna realtà familiare: età e numero dei figli, condizione dei genitori, organizzazione della vita familiare al momento della separazione, presenza di altri partner e altri figli”.

Il tempo - spiega l'Autorità - non va considerato come “quantità”, ma come tempo di “qualità”: “Per il figlio significa essere al centro della vita dei genitori e trovare in essi il punto di riferimento, le prime persone con le quali condividere sia le difficoltà che i momenti di gioia ed entusiasmo”.

Una suddivisione paritetica dei tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore potrebbe non corrispondere all’interesse del minore. Devono invece essere gli adulti ad adeguarsi ai ritmi di vita dei bambini e non il contrario

 

Un altro degli aspetti del disegno di legge riguarda la mediazione familiare. Secondo l'Autorità bisogna soprattutto promuovere una vera e propria “cultura della mediazione”: “La mediazione può però essere efficace soltanto qualora i genitori prestino il proprio consenso liberamente e non siano obbligati a esperirla. Si potrebbe semmai rendere obbligatorio un incontro informativo gratuito su di essa, ma non il percorso, che deve essere libero, partecipato e riservato”. Sull’ipotesi infine di sostituire l’attuale assegno di mantenimento con il cosiddetto “mantenimento diretto”, il parere avverte che la disparità economica tra le due figure genitoriali rischia di essere evidente nei periodi di permanenza del figlio presso l’uno o l’altro, con inevitabile ripercussione sulla sua esistenza e sulla qualità della relazione genitoriale.

La mediazione può però essere efficace soltanto qualora i genitori prestino il proprio consenso liberamente e non siano obbligati a esperirla

 

Il primo firmatario del ddl è il senatore Simone Pillon, avvocato nato a Brescia nel 1971, residente in Umbria. Di sé dice "sono tra gli organizzatori non solo degli ultimi due Family Day (2015 e 2016) ma anche del primo Family Day, quello del 2007 con cui fermammo per ben 9 anni i DICO voluti dall’Ulivo di Prodi". Durante la campagna elettorale rivendicava il programma della Lega dove "si parla di riscoperta delle radici giudeo-cristiane, di sostegno alla natalità, di lotta all’inverno demografico e si promette il più ferreo impegno contro adozione gay, utero in affitto e altre politiche di dissoluzione della famiglia".

 

Quanto afferma la Garante per l'infanzia sul mettere al centro i figli, il loro benessere, i loro bisogni è un bell'assunto, ma che rimane tale e praticato, in massima parte, in linea teorica. Così come è discutibile il concetto di qualità sui tempi da trascorrere con uno dei due genitori, da preferire sulla quantità.
Veniamo alla prima questione. Per avere i figli al centro della vita familiare, nonostante la separazione, sono necessarie due condizioni. La prima è che entrambi i genitori vivano una "relazione " armoniosa del proprio ruolo. Se questa non sussiste per volontà di uno dei due è necessario provare a trovare una mediazione. Questa, però, non può essere lasciata al consenso di entrambi: se un genitore non vuole non si fa. I consultori familiari, infatti, se una mamma o un padre non fornisce il consenso o si ritira, ad esempio, dopo il primo incontro (è capitato al sottoscritto che aveva chiesto un percorso di mediazione), nessuno può "costringerlo/la" a proseguire. Se poi è così fondamentale, come anch'io credo, che ci sia un rapporto armonico tra genitori per crescere i figli e far proseguire comunque quel senso di "famiglia", un giudice (anche qui parlo per esperienza diretta) non può, in sede di udienza, constatare una conflittualità e non intervenire, lavandosene pilatescamente le mani. Proprio per quanto detto prima, sarebbe necessario individuare forme di "obbligatorietà" per percorsi che portino ad un abbassamento della conflittualità: questa non è intendersi solo con la deprecabile violenza, anche fisica nei confronti dell'altro genitore o del figlio. C'è anche una conflittualità più sottile, ma non meno grave: la conflittualità intesa come prevaricazione e discreditamento ai danni dell'altro genitore.
La seconda questione riguarda la qualità in favore della quantità. Certo, in linea di massima, questo è un principio condivisibile, ma non tout court quando si tratta di figli. Come può, infatti, un padre o una madre partecipare attivamente alla vita del proprio figlio, alla sua educazione, insomma svolgere il suo ruolo di genitore, se lo vede un giorno alla settimana (sarebbe meglio dire un pomeriggio) e un fine settimana ogni due? In pratica sono 8 volte in un mese, contro i 22 dell'altro genitore. Sarebbe meglio, dove ne sussistano le condizioni e la volontà del genitore, aumentare la quantità, soprattutto se a volerla sono anche i figli. Ecco, i figli. Questi dovrebbero essere sempre e comunque sentiti, con forme e modi appropriati alla loro età per evitare ulteriori traumi: penso, ad esempio, all'utilizzo di psicologi e psicoterapeuti. Perché se, come giustamente afferma la Garante, i figli sono la priorità e tale devono rimanere, bisogna praticare forme e modi affinché i loro bisogni, anche quelli di stare maggiormente con uno dei due genitori, possano essere conosciuti e tenuti in debita considerazione.

Do., 15.11.2018 - 08:03 Permalink