Kultur | Ritratto

"Ognuno sente diversamente..."

Andrea Bonatta ci ha raccontato dei suoi esordi, della passione che motiva la su attività didattica, dell’ inflazione di pianisti, di Brahms, della sua carriera lunga 50
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Foto: Archivio Andrea Bonatta

Andrea Bonatta è pianista e direttore. E’ nato a Bolzano e ha suonato per prestigiose istituzioni musicali europee, statunitensi, cinesi e coreane. Ha tenuto recital solistici, ha concertato in formazioni cameristiche e alla guida di ottime orchestre. E’ stato direttore artistico e presidente della giuria del Concorso “F. Busoni”, è anche Consulente Artistico del Concorso “F. Liszt” di Utrecht, Professore Onorario del Conservatorio di Shanghai, fondatore e direttore dell’Accademia Pianistica di Appiano. Recentemente ha festeggiato i 50 anni di attività artistica con un concerto a Castel Freudenstein.

Salto.bz: Ricorda la sua prima lezione di musica?

Andrea Bonatta: No, è stato un processo spontaneo di apprendimento, visto che mia madre era pianista e mio fratello maggiore già suonava prima di me. Io, da piccolino, ero sempre sotto il pianoforte e quando sentivo qualche nota fuori posto gli dicevo “sbagliato”! Così, appena il pianoforte era libero, provavo a orecchio a realizzare qualcosa che avevo già sentito o al pianoforte, o dai dischi che avevamo. Le prime lezioni le ho avute da mia madre, poi dal Maestro Nunzio Montanari privatamente, infine a nove anni sono entrato nella sua classe in Conservatorio.

Lei è stato professore di pianoforte al Monteverdi, e oggi tiene corsi di alto perfezionamento in diversi Paesi. Cosa la motiva a dedicare tante energie all’insegnamento? 

Il contatto con gli ottimi allievi che ho adesso mi arricchisce moltissimo. Dai giovani, se hanno talento, si può continuare ad imparare. Per quanto riguarda la musica, non credo in verità assolute e per questo conservo ancora sempre una grande curiosità. Ognuno sente diversamente, a seconda della sua personalità, del suo background culturale e della sua educazione. E mi interessa moltissimo lavorare con giovani musicisti di altre realtà culturali, soprattutto adesso che i corsi di perfezionamento sono così internazionali. D’altra parte mi entusiasma sempre sentire come loro reagiscono alle mie proposte o alle mie osservazioni, soprattutto quando sento che di colpo qualcosa succede e si sviluppano nuovi parametri creativi!
 


Negli anni più recenti tra i premiati del Concorso Busoni troviamo molti giovani coreani, e anche di Taiwan, cinesi e giapponesi. Il baricentro della tradizione interpretativa del repertorio classico europeo si sta spostando verso Est?

Da un bel po’! Ormai viviamo un momento gravemente inflazionistico, con delle cifre da capogiro: solo in Cina si parla di 60 milioni di pianisti con una base professionale! I numeri sono decisamente a favore dei musicisti asiatici, non solo per quanto riguarda il pianoforte. E in Asia i talenti non mancano davvero. Consideriamo che la musica classica europea era coltivata nelle migliori scuole cinesi già nell’Ottocento, con eccellenti Maestri, spesso di provenienza russa. Oggi i giovani pianisti cinesi, coreani e giapponesi vincono spesso i grandi concorsi. Sono tenaci, preparatissimi, vogliono eccellere e non mancano di creatività. Ma quando si presenta un giovane europeo di grande talento, italiano, austriaco o francese che sia, spesso li supera tutti, e fa carriera. 

Nella sua discografia l’autore che più ricorre è Brahms, alla cui opera pianistica lei ha dedicato anche un importante libro. Un celebre saggio di Schönberg ha per titolo “Brahms il progressivo”. Lei concorda, ovvero, cosa la affascina nella musica di Brahms?

Sono felice che lei conosca il fantastico articolo di Schönberg “Brahms, the progressive”! E’ il più alto tributo all’incredibile forza creativa di questo autore, che io amo forse più di ogni altro. E al suo modo di comporre, sempre basato su cellule apparentemente innocue, quasi elementari, che subiscono però uno sviluppo inaudito, conferendo così all’opera un’eccezionale unità. In questo, e nello straordinario equilibrio tra forma classica e contenuto altamente personale, di origine profondamente romantica, risiede un’etica sublime, direi quasi universale: il suo messaggio, per quanto nostalgico, spesso profondamente pessimistico, si arricchisce di una forza unica.
 


Tra i molti riconoscimenti e premi che ha ricevuto quale interprete, uno le sta più a cuore?

Tra i vari riconoscimenti ottenuti dalle mie incisioni discografiche, ricordo il premio come “miglior CD dell’anno” ottenuto sulla Deutsche Musikzeitung dalla mia incisione dell’integrale delle Armonie poetiche e religiose di Liszt. Non me lo sarei mai aspettato! Su un piano completamente diverso, ha rappresentato moltissimo per me essere chiamato a tenere la laudatio per Paul Badura Skoda in occasione del conferimento della sua Laurea ad Honorem da parte dell’Università di Vienna. E’ stato un onore grandissimo, congiunto a una profonda commozione per il mio più grande Maestro, Collega, Amico.  

Nel corso o a margine di un suo concerto le è capitato un episodio buffo di cui ancora sorride?

Dopo un mio concerto alla prestigiosa Società dei Concerti di Messina, la critica, peraltro eccellente, lodava particolarmente la mia esecuzione di Scriabin. Peccato che di Scriabin non avevo eseguito nulla. Forse il critico si era confuso con Busoni, di cui avevo suonato la Sonatina Seconda.
 


La città di Bolzano si candida quale “city of music” per UNESCO. Ha degli auspici a riguardo?

Non mi sento di fare alcun commento.

Pensa con Dostoevskij che “la bellezza salverà il mondo”?

Sì, penso che questa frase abbia in sé una grandissima verità. Non è possibile che l’umanità abbia prodotto una così smisurata quantità di bellezza e che questa non sopravviva alla stupidità umana.

Essere un apprezzato pianista e direttore era il suo sogno da bambino?

Forse sì, inconsciamente. Ma non ho mai pensato concretamente a questo tipo di carriera. Da bambino ero attratto dalle amicizie, dallo sport, dalla scuola, che mi è sempre piaciuta. Ho amato molto alcuni miei ottimi insegnanti, mi interessava quello che ci dicevano. Quando ho scelto la musica, dopo la maturità, ero indeciso se fare tutt’altro. Per fortuna ho scelto la musica, evidentemente era la mia passione più profonda.