In ricordo di José Mujica

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È morto Josè Mujica, aveva ottantanove anni e in queste ore è ricordato e raccontato da molti. Vi invito dunque a leggere domani e dopodomani e dopo ancora, ciò che su di lui tanti hanno detto e scritto negli anni passati. Sono lezioni magistrali i suoi interventi alle Nazioni Unite e agli altri vertici internazionali contro la crescita del capitalismo, che lui chiamava “il dio mercato”. E poi l’ambiente, la verità nei suoi discorsi dalle parole semplici. Da vicino e da lontano lo abbiamo amato, diceva che era entrato nel governo di Uruguay da fioraio. Era vero, riusciva a lasciare un incontro politico, per aiutare sua moglie Lucía Topolansky a raccogliere le zucche, è stato un presidente dall’inaudita modestia.
Da questa valle che mi ospita dalla nascita e che di Mujica probabilmente sa poco e nulla, mi fermo a scrivere questo: Quanto è maestro vivere come si parla. Quale meraviglia l’essere umano che riesce ad essere straordianariamente comune e usa in parlamento come a casa la profondità verticale della parola. Non quella orizzontale che corteggia ed enfatizza le volontà del popolo, ma la dimensione della parola netta, cristallina, pronunciata in nome della dignità umana. Sempre, ad ogni costo e senza interruzione, per dire al mondo intero questo: “Il problema è quando metti l’ideologia al di sopra della realtà. Io devo lottare per migliorare la vita delle persone nella realtà concreta di oggi e non farlo è immorale. Questa è la realtà. Sto lottando per degli ideali sì, ma non posso sacrificare il benessere della gente per gli ideali”. Per quanto mi riguarda, non è credibile e non lo sarà mai, nessuna parola avversa.
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Il discorso del presidente dell'Uruguay, José Mujica
Un uomo di 78 anni con un passato da guerrigliero. Ai tempi della dittatura fu imprigionato rimanendo in carcere per circa 15 anni. Oltre al ruolo istituzionale, conduce una vita da semplice cittadino e il 90% del suo stipendio lo devolve in beneficienza. Abita con sua moglie e il suo cane a tre zampe in una casa colonica situata a pochi chilometri di distanza dalla capitale.
Ecco le sue parole al conferimento del Premio Mediterraneo Istituzioni nel 2013:
"Autorità presenti di tutte le latitudini e organismi, grazie mille. Esprimiamo la profonda volontà come governanti di sostenere tutti gli accordi che, questa, nostra povera umanità, possa sottoscrivere. Comunque, permetteteci di fare alcune domande a voce alta su come tirare fuori le immense masse dalle povertà.Che cosa svolazza nella nostra testa? Qual è il modello di sviluppo e di consumo delle società ricche? Mi faccio questa domanda: che cosa succederebbe al pianeta se gli Indú in proporzione avessero la stessa quantità di auto per famiglia che hanno i tedeschi?
Quanto ossigeno resterebbe per poter respirare? Più chiaramente: possiede il Mondo oggi gli elementi materiali per rendere possibile che 7 o 8 miliardi di persone possano sostenere lo stesso grado di consumo e sperpero che hanno le più opulente società occidentali? Sarà possibile tutto ciò? O dovremmo sostenere un giorno, un altro tipo di discussione?
Perché abbiamo creato questa civilizzazione nella quale stiamo: figlia del mercato, figlia della competizione e che ha portato un progresso materiale portentoso ed esplosivo. Ma l'economia di mercato ha creato società di mercato. E ci ha rifilato questa globalizzazione, che significa guardare in tutto il pianeta. Stiamo governando la globalizzazione o la globalizzazione ci governa???
È possibile parlare di solidarietà e dello stare tutti insieme in una economia basata sulla competizione spietata?
Fino a dove arriva la nostra fraternità?
La sfida che abbiamo davanti è di una magnitudine di carattere colossale e la grande crisi non è ecologica, è politica!
L'uomo non governa oggi le forze che ha sprigionato, ma queste forze governano l'uomo... e la vita!
Perché non veniamo alla luce per svilupparci solamente, cosi, in generale. Veniamo alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare. Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per consumare di più e la società di consumo è il motore tutto ciò è un assurdo: perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l'economia, e se si ferma l'economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma questo iper consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta.
Però loro devono generare questo iper consumo, producono le cose che durano poco, perché devono vendere tanto. Una lampadina elettrica, quindi, non può durare più di 1000 ore accesa. Però esistono lampadine che possono durare 100mila ore accese!
Ma questo non si può fare perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo sostenere una civilizzazione dell'usa e getta, e cosi rimaniamo in un circolo vizioso.
Questi sono problemi di carattere politico che ci stanno indicando che è ora di cominciare a lottare per un'altra cultura."