Gesellschaft | Blender freesoftware

Blender e le sfide di un software libero

Francesco Siddi di mestiere fa il manager di produzione e il direttore tecnico di Blender. Alla #SFScon ci ha raccontato le sfide che affronta un software libero.
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Foto: Agus3D

Storia e sviluppo di un software libero

Se come me siete dei profani del settore, forse non avete mai sentito parlare di Blender, una suite di programmi pensata per chi di mestiere si dedica alla creazione di immagini 3D. La sua caratteristica principale è di essere completamente libero e aperto. Blender nasce nel 1995 per iniziativa di NeoGeo, all’epoca il principale studio di animazione olandese. Tre anni dopo Ton Rosendaal, che di Blender era il principale autore, fondò una società denominata Not a Number (NaN) per contribuire allo sviluppo e alla distribuzione del software. Inizialmente il software venne distribuito sul mercato con una licenza freeware. Ma nel 2002, a fronte di uno scarso successo commerciale e di un clima economico poco favorevole, gli investitori decisero di chiudere Not a Number, decretando di fatto la fine dello sviluppo di Blender.

Ma il software aveva raccolto intorno a sé una nutrita e appassionata comunità di utenti, perciò Rosendaal mise in piedi la Blender Foundation con lo scopo di trovare un modo per tenere in vita la sua creatura. 
Per farlo fu necessario raccogliere 100.000€, cifra che venne raggiunta il 7 settembre del 2002 grazie a una raccolta fondi lanciata dallo stesso Rosendaal. Il mese successivo Blender venne rilasciato come software libero e oggi, dopo essere stato libero per più di dieci anni, è in rapidissima ascesa nel settore della computer grafica ed è uno standard nel mondo della stampa 3D.

Cosmos Laundromat - First Cycle. Official Blender Foundation release., von Open Technologies

Blender e i suoi fratelli    

Nato a Trento e formatosi alla Libera Univeristà di Bolzano (UNIBZ), Francesco Siddi vive ad Amsterdam da 4 anni ed è manager di produzione e direttore tecnico al Blender Institute. Lo incontro per la prima volta mezz’ora dopo la fine del suo panel, nella sala stampa della SFScon. Prima di allora ci siamo scambiati giusto un paio di mail prendendo accordi per l’intervista e su di lui non ho più di qualche informazione spizzicata in rete. Perciò sono colpito di scoprire che di è molto più giovane di quanto mi aspettassi. Ma la sicurezza con cui parte a raccontarmi il progetto è quella di un veterano: “essendo un programma molto diffuso Blender necessità di una manutenzione e innovazione continue e tutto questo ha un costo. Per questo abbiamo bisogno di un ritorno. Perché se è vero che nel campo dell’animazione l’investimento nella ricerca e nello sviluppo degli strumenti fa la differenza, è altrettanto vero che è necessario trovare il giusto equilibrio tra questo investimento e quello necessario per creare degli artwork degni di nota”.

“Oltre alla fondazione” continua Francesco “Blender comprende anche il Blender Insitute, il Blender Network e il Blender Cloud. Iniziative complementari, create con lo scopo di sviluppare Blender non solo come software, ma anche come comunità di utenti e sviluppatori, e avere un impatto positivo in quanti più ambienti possibile (film making, arte, industria, ricerca, educazione)”. 

Il primo è uno studio di animazione, con base ad Amsterdam, che produce open content usando free software. Tutte le produzioni avvengono grazie al supporto della comunità tramite crowdfunding. Il Blender Network è invece una rete che ha come scopo connettere i professionisti che usano il software. Infine c’è il Cloud, un sito pensato per dare continuità alle produzioni del Blender Institute creando un dialogo con gli appassionati. 

The GOOSEBERRY project teaser - announcing Blender Foundation's feature animation movie, von Open Technologies

Cosa vuol dire lavorare con un approccio open?

Delle tre iniziative legate a Blender, il Cloud è forse quella che più di tutte permette di capire cosa significa lavorare con quell’approccio open e community based, che è parte integrante del dna di Blender.
Il Blender Cloud funziona infatti come un sito di recurring crowdfunding, lo stesso meccanismo alla base del più conosciuto Patreon. Ci si iscrive, si paga una quota fissa mensile e in cambio si può seguire nel tempo lo sviluppo di tutte le produzioni del Blender Institute, oltre ad avere accesso ai contenuti di formazione messi a disposizione sul sito. 

Secondo Francesco “in questo modo il lavoro dello studio è davvero trasparente nei confronti di tutte le persone che decidono di finanziarne i lavori. È al tempo stesso una forma di responsabilità e un modo per far crescere la community, condividendo con essa le metodologie di lavoro. Tuttavia sposare un approccio del genere significa mettere il tuo lavoro sotto gli occhi di tutti. Su Blender Cloud chiunque può vedere i file e i processi con cui lavoriamo ai nostri progetti e tutte queste persone possono interagire con noi mentre lo facciamo. Una delle cose più difficili di questo approccio è riuscire a mantenere un equilibrio produttivo tra i rinforzi positivi e le critiche che vengono dal pubblico. In passato non ti nego che abbiamo avuto qualche problema a gestire la cosa. Ma devo dire che da quando abbiamo introdotto la variabile economica la qualità dei commenti si è alzata notevolmente. Non molti sono disposti a pagare per trollare”, conclude ridendo Francesco.