“Pregiudizi e disinformazione”
La polemica nei giorni scorsi è partita dalla Rete per i diritti dei senza voce, che ha accusato le parrocchie di Bolzano di aprire le porte alle riunioni di condominio e non ai profughi in strada nei giorni più freddi dell’anno. E l’appello lanciato da Chiara Rabini dei Verdi, referente del Comune di Bolzano per l’emergenza profughi, non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco chiedendo alle parrocchie di “dare una mano”, ponendo come esempio la chiesa luterana “che ha deciso di accogliere profughi in situazioni di emergenza”.
La risposta del mondo cattolico bolzanino non si è fatta attendere. In un’intervista sul quotidiano Alto Adige il parroco del duomo di Bolzano Mario Gretter ha respinto l’accusa di ‘non accoglienza’, richiamando il Comune di Bolzano alle ‘sue’ responsabilità. A Gretter stamani ha fatto eco il direttore della Caritas diocesana Paolo Valente che in un lungo documento ha riassunto l’articolato impegno assunto dalla chiesa cattolica altoatesina in merito alla tematica dei profughi e dei richiedenti asilo. Ma per approfondire la questione abbiamo pensato di chiedere direttamente a Valente di rispondere alle critiche circolate in questi giorni.
salto.bz : Come avete vissuto in Caritas e in diocesi le critiche che sono state rivolte al mondo cattolico altoatesino?
Paolo Valente - La prima risposta alle critiche è che non esiste un contesto specifico ma un quadro generale. Se si parla di parrocchie accoglienza non vuol dire solo aprire una chiesa. E questo a parte il fatto che resta comunque discutibile l’idea che questo rappresenti una soluzione. In ogni caso le parrocchie in realtà sono già impegnate più ogni altro ed a vari livelli. Faccio un esempio: se non ci fossero le parrocchie la mensa dei profughi verrebbe chiusa domani. Tutte le parrocchie di Bolzano infatti si alternano per poterla tenere aperta. Inoltre: le soluzioni emergenza per i pernottamenti ci sono già, sia nelle strutture più propriamente parrocchiali come gli oratori che grazie alla disponibilità di singoli parrocchiani.
Come mai questa cosa non è nota alla cittadinanza?
Perché i parroci che ospitano non gradiscono di finire sul giornale per questo. E anche perché oggettivamente dal punto di vista giuridico la situazione non è del tutto chiara. Potrebbero infatti crearsi dei problemi, in quanto non è che i parroci abbiano ‘la licenza’ per ospitare persone nelle proprie strutture. E poi: chi dà una garanzia sulle persone che vengono ospitate?
"Parliamo tutti di sicurezza e di controlli ma poi chiediamo che un parroco che non ha nessuna competenza nel settore dell’accoglienza o dell’integrazione apra la porta al primo venuto. Che magari è una bravissima persona. Ma magari anche no."
Si dice inoltre che la chiesa evangelica sarebbe molto più aperta di quella cattolica, accogliendo profughi con molta più facilità nelle sue strutture. Come rispondete a questa critica?
Non è così. Mentre la stampa dava spazio all’appello di Chiara Rabini, nello stesso momento ieri almeno 12 persone venivano ospitate in strutture delle parrocchie di Bolzano e la stessa cosa succederà stasera e nei prossimi giorni. In secondo luogo la contrapposizione tra chiesa cattolica e chiesa evangelica è pretestuosa. O meglio: mediatamente è ‘carina’, se dice che all’appello del papa risponde solo la chiesa evangelica. Ma anche qui, lo voglio dire, ci stiamo muovendo nell’ambito del ‘post verità’. Con la parrocchia evangelica vi è per altro piena collaborazione. Per dire: la parrocchia evangelica di Merano raccoglie soldi per i profughi e li dà alla Caritas. Insomma la contrapposizione non esiste, sia perché non vi è nessuna concorrenza sia perché - lo ripeto - sia parroci che parrocchiani cattolici stanno già dando questo servizio. In ogni caso oggi don Mario Gretter in un’intervista sul quotidiano Alto Adige ha detto una frase che incornicerei.
Quale?
ha detto che un rappresentante del Comune non può fare appello a dei privati, parrocchie o non parrocchie, per chidere di offire un servizio che spetta al Comune. Se c’è gente per strada è il Comune che deve saperlo, monitorando e dando quindi delle risposte. Voglio far notare che non si tratta di 20mila persone ma di 20.
"Il Comune non può dire 'datemi una mano che non ce la faccio'. Con questo non voglio dire che il Comune non faccia niente: con l’emergenza freddo hanno aumentato i posti nelle loro strutture. Ma devono stare attenti a non sbagliare la mira, se non ce la fanno."
La chiesa cattolica da tempo è anche fortemente criticata dicendo che si impegna solo dove c’è la possibilità di ricevere soldi e speculare, mentre che invece quando serve il volontariato è meno disponibile. Questa critica nei giorni scorsi è stata rinnovata con grande forza anche a Bolzano.
Non ho problemi a dire che per la metà queste critiche si basano su un pregiudizio anticlericale e per l’altra metà sulla disinformazione. Se uno parte dal pregiudizio non può che rimanere là senza muoversi. L’accoglienza nelle 10 case che sono state rese operative non può essere realizzata ‘per soldi’. Se lo facessero per quello le case chiuderebbero... ‘ieri’. Voglio ricordare che per la gestione viene infatti chiesto un finanziamento a copertura delle spese pari al 95%. Questo vuole dire che ogni giorno la Caritas ci perde il 5% delle spese e quindi è perennemente in perdita nel gestire le case per i profughi. Questa cosa sembra non capirla nessuno. Certo che entrano milioni nelle casse, però di soldi ne escono di più di quelli che entrano. Non ci sono guadagni di nessun tipo e noi abbiamo sempre detto che questa è la risposta della diocesi all’appello del papa per l’accoglienza. Il servizio lo prestiamo nell'ambito del sistema da noi in vigore, mettendoci del nostro comprese due case di proprietà della diocesi. Di soldi ne mettiamo anche in altre servizi, come la mensa dove investiamo centinaia di migliaia di euro. Lì il finanziamento della Provincia c’è, ma copre solo il 40% delle spese. E lo stesso discorso vale per la consulenza profughi, dove abbiamo 8 operatori che paghiamo dando un servizio a tutti e la Provincia paga neanche l metà.
“Sono centinaia di migliaia gli euro che la Caritas, cioè la diocesi, cioè le parrocchie, spendono ogni anno solo nel settore profughi.”
E il volontariato?
Voglio ricordare che la Caritas mette anche a disposizione un servizio di promozione del volontariato. Ci sono persone che sono lì apposta per coordinare, offrendo formazione e supervisioni, proprio per sostenere i volontari. Poi naturalmente ci sono molti cattolici volontari e tra questi anche operatori che nel loro tempo libero fanno i volontari. Io ad esempio ieri ho passato la domenica ad occuparmi di queste cose e mica ricevo degli straordinari per questo.
"Comunque è vero anche che ci sono persone di buona volontà che fanno anche un po’ di confusione. In questo caso allora non si tratta di essere stipendiati o meno ma di essere più o meno competenti ad agire in determinati settori."
Sulle pagine dei giornali si parla anche della decisione della Caritas di ritirarsi anzitempo dal servizio di consegna dei pasti a domicilio per gli anziani, finora prestato per il Comune di Merano. Cosa è successo?
Quella è una mensa comunale, non una mensa dei poveri. Un servizio che a suo tempo la Caritas aveva rilevato dal KVW che aveva difficoltà a portare avanti. Il Comune ha fatto una gara, la Caritas ha partecipato ed ha vinto l’appalto. Nel prossimo aprile scadono i tre anni dell’appalto e la Caritas ha deciso di non partecipare più. Non è vero che la Caritas escea un anno prima e la decisione di non partecipare più è stata presa sualla base di due motivazioni. La prima è di carattere economico in quanto la gestione era fortemente in perdita, mentre la seconda motivazione è di carattere strategico. Abbiamo infatti pensato che è sen'altro meglio che la Caritas si occupi di cose più vicine al suo scopo sociale. E che quindi se deve perdere soldi è meglio che lo faccia nella mensa per i profughi di Bolzano, per esempio.