Gesellschaft | A Merano

Oltre lo scoglio del Dialekt

La materna con bambini dialettofoni, italiani, nuovi cittadini offre un luogo comune in cui tutti riconoscano nelle lingue tedesca ed italiana un campo di gioco comune. Questo è il Südtirol del futuro in cui l’identità di ciascuno si rafforza nel confronto.
  • A Merano quella che doveva essere la proposta per un progetto pilota di scuola materna bilingue si è trasformata nel solito pro e contra con i partiti che hanno snocciolato argomenti arcinoti. 

    La genesi (stando alle notizie di cronaca) è stata una mozione del Team K, datata un paio di anni fa, che istituiva un gruppo di lavoro con il compito di elaborare la proposta. L’esito dei lavori è stato presentato in conferenza stampa dagli esponenti dei partiti che di quel gruppo facevano parte (TK, Verdi, La Civica) alla presenza del sindaco. Il resto è cronaca ampiamente riportata da tutti media. 

    Da osservatrice penso che non poteva andare diversamente: ovvero se nel gruppo di lavoro mancava chi è scettico sulla scuola bilingue (SVP) e l’esito dei lavori è stato presentato non già al consiglio, che aveva conferito l’incarico, ma alla stampa, chi aveva dubbi, paure, perplessità (SVP) si è visto messa all’angolo ed ha reagito di conseguenza. 

    Insomma se l’obiettivo era “Merano manda un messaggio forte nella direzione della materna bilingue” questo non solo non è stato raggiunto, ma le posizioni politiche si sono irrigidite.

    La proposta del gruppo di lavoro si sostanzia con l’organizzazione della scuola materna in continuità con quella degli asili nido comunali, ovvero con classi di frequentanti di tutti i gruppi linguistici (italiani, tedeschi, bilingui, nuovi cittadini) e personale insegnante ed educatori di madrelingua italiana e tedesca. 

    Facile a dirsi, più difficile a farsi: in primo luogo perché la scuola materna, a differenza dei nidi, si inserisce nel sistema scolastico che è tripartito, e poi perché c’è il problema del reperimento del personale. Ma se ci fosse la volontà politica, gli ostacoli si potrebbero almeno aggirare se non rimuovere.

    La scuola materna non ha carattere obbligatorio, tanto che l’assessore Achammer vorrebbe introdurre l’obbligatorietà almeno dell’ultimo anno. E’ quindi una sorta di “pre scuola” per la quale si potrebbero individuare delle eccezioni per quei contesti, le cui comunità territoriali chiedono classi bilingui. Che sono poi contesti circoscritti, ovvero i centri dove la presenza della comunità italiana e dei nuovi cittadini è più consistente. In tutte le situazioni di monolinguismo il tema non si pone.

     

    "Nel mondo tedesco e ladino la diglossia è la norma, nel gruppo linguistico italiano c’è invece un monolinguismo standardizzato"

     

    Nel dibattito politico per la prima volta, oltre all’argomentazione della difesa della lingua tedesca, è entrato il tema del dialetto (introdotto dalla vicesindaca di Merano Zeller e dal capogruppo SVP), ed è un tema vero che merita attenzione. Lo dico a ragion veduta: nel mondo italiano infatti quello del rapporto dialetto /lingua è stato un grande tema dall’unità d’Italia fino alla scolarizzazione di massa.

    Nella nostra provincia c’è una differenza sostanziale tra i gruppi linguistici: nel mondo tedesco e ladino la diglossia (presenza di Hochsprache/Dialekt) è la norma, nel gruppo linguistico italiano c’è invece un monolinguismo standardizzato (diffusione dell’italiano standard) con qualche piccolissima enclave di diglossia. 

    La diglossia può essere ricchezza nel momento in cui serve a rafforzare la lingua ufficiale, diventa una criticità quando ne frena l’acquisizione. E la diglossia nella nostra terra, oltre alle criticità che riguardano i parlanti tedesco e ladino, ne crea anche agli italiani perché la Hochsprache, imparata a scuola, non è la chiave per la comunicazione informale ed amicale. 

  • Katharina Zeller: La vicesindaca di Merano non dice no all'asilo bilingue purché sia "aggiuntivo". Foto: Gemeinde Meran
  • La Svp meranese sostiene che la scuola materna è l’inizio del percorso di potenziamento della Hochsprache per i bambini dialettofoni e che la presenza di bambini italiani ne rallenterebbe l’acquisizione perché sarebbero esposti sia alla Hochsprache che all’italiano. E’ un argomento debole anche perché l’esposizione al dialetto per un bambino in età prescolare è infinitamente più alto rispetto a quello della Hochsprache e non sono le situazioni di interazione italiano/Hochsprache a fare la differenza.

    Chi frequenta il sistema scolastico sudtirolese sa bene che ad ogni inizio di anno scolastico arriva immancabile la comunicazione dell’intendenza scolastica che sollecita alla cura del tedesco, inteso come Hochdeutsch. 

    Le prime volte che l’ho letta nella bacheca della sala insegnanti me ne sono meravigliata: non pensavo che dall’alto dovesse venire una simile raccomandazione. Quando però ho realizzato che l’uso del dialetto nella scuola non si limitava alle situazioni informali ma anche alle ore di lezione ho compreso la portata della Mitteilung.

    Tornando alla diglossia come tematizzata dalla SVP meranese, faccio fatica ad immaginare che con bambini dai tre ai sei anni (prevalentemente dialettofoni) personale insegnante ed educatori usino esclusivamente la Hochsprache a discapito magari della socializzazione, compito primario della scuola materna, e non indulgano invece nel dialetto. 

    Ecco quindi che classi di scuola materna con la copresenza di bambini tedeschi dialettofoni , italiani, nuovi cittadini potrebbe offrire un luogo comune in cui tutti riconoscano nelle  lingue tedesca ed italiana (ciascuna un po’ aliena per tutti) un campo di gioco comune. 

     

    Una Babele linguistica? No, il Südtirol del futuro, dove l’identità di ciascuno/a si rafforzerebbe nell’interazione con l’altro da sé.

     

    Campo di gioco, uso volutamente questa espressione, tanto cara ai linguisti: imparare la lingua altra giocando, ecco cosa si farebbe in una classe bilingue della materna. 

    Il bimbo/ la bimba italiana parlerebbe un po’ in  italiano e poi in Dialekt  e Hochdeutsch, il bimbo/ la bimba tedesco/a in Dialekt e Hochsprache e  in italiano, il bimbo/la bimba straniero/a parlerebbe nelle due lingue. 

    Una Babele linguistica? No, il Südtirol del futuro, dove l’identità di ciascuno/a si rafforzerebbe nell’interazione con l’altro da sé.

    Ho sentito aleggiare la parola INCLUSIONE nel discorso che l’assessore Achammer ha tenuto a Bressanone in occasione della consegna degli attestati di laurea. Ebbene l’inclusione praticata può cominciare dalla scuola materna, assecondando le richieste che vengono dai territori, favorendo le sperimentazioni con la supervisione scientifica dell’Unibz, in modo che nessuno resti indietro ma che tutti insieme si faccia un passo in avanti.

Gli asili tedeschi includono già moltissimi bambini sia di lingua italiana che di altre lingue, sostenere che non sono inclusivi non corrisponde alla realtà dei fatti. Ovvero è semplicemente falso.

Mo., 16.09.2024 - 10:44 Permalink

faccio fatica ad immaginare che con bambini dai tre ai sei anni (prevalentemente dialettofoni) personale insegnante ed educatori usino esclusivamente la Hochsprache a discapito magari della socializzazione,

Ebbene sì, le insegnanti usano solo la lingua standard. Non è un Hochdeutsch che qui nella provincia non ha senso. Ma un tedesco standard locale.
Vista la grande presenza di bambini che capiscono solo l'italiano a volte viene usato anche l'italiano.

Il dialetto l'ho visto usare solo attraverso lo studio di una canzone interamente in dialetto. Canzone che poi i bambini hanno cantato e ballato davanti ai genitori durante una festa.

In conclusione le posso assicurare che gli asili tedeschi sono già di fatto multilingue. In quanto, oltre alla presenza continua della lingua italiana, vengono organizzate anche delle giornate in cui ogni bambino con l'aiuto del genitore può presentare agli altri la sua lingua, raccontare una storia o cantare una canzone nella propria lingua. Che sia l'arabo, il russo, il serbo e via dicendo.

Mentre forse mancherebbe un po' di bi-/multilinguismo negli asili italiani?

Per controbilanciare suggerirei l'aggiunta di qualche ora di tedesco in più negli asili italiani.

Mo., 16.09.2024 - 11:04 Permalink

Mia figlia è andata all'asilo tedesco che non parlava né italiano, né tedesco.
Alla fine dell'asilo parlava benissimo l'italiano e benino il tedesco standard.
Dialetto - zero. Tranne una canzoncina.

Solo ora alle elementari ha un'amica compagna di classe che le parla dialetto. Cosa di cui sono immensamente felice, in quanto può correggere anche i miei errori che faccio in dialetto quelle poche volte che provo a dire qualche frase.

Mo., 16.09.2024 - 13:58 Permalink

Oggi la maggior parte dei bambini non madrelingua tedesca che vanno alle elementari tedesche frequentano prima l'asilo tedesco. Dopo 3 anni di immersione in un ambiente, che uno immagina 100% tedesco, molti di questi bambini hanno comunque grosse difficoltà col tedesco e si limitano a comprendere semplici frasi senza ancora riuscire a parlare.

Che livello linguistico potremmo pretendere di ottenere con un 'impostazione già in partenza al 50%?

Mo., 16.09.2024 - 12:16 Permalink

materna con bambini dialettofoni, italiani, nuovi cittadini

Tralasciando i toni dispregiativi che usa nei confronti dei bambini locali, le assicuro che parlare bene il dialetto è il sogno proibito di ogni nuovo cittadino che si rispetti.

Di., 17.09.2024 - 22:06 Permalink