Hockey femminile: megalomania olimpica?

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Nei corridoi del Palaonda bolzanino in occasione dell’incontro di EWHL contro il St. Pölten giocatosi sabato 15 febbraio al Palaonda il clima era tutt’altro che sereno, anzi. Sono, infatti, le notizie informali riguardanti la nazionale femminile e il programma per la preparazione per le Olimpiadi 2026 a far ribollire gli animi.
Due mesi di trasferta in Canada per le azzurre ma...
Infatti, oltre all’ingaggio di un’allenatrice canadese da un anno, è fresca la notizia che, per decisione della Federazione Ghiaccio la nazionale femminile dovrebbe trasferirsi per un paio di mesi, da novembre 2025, in Canada per allenamenti e amichevoli con “squadre di rango” del movimento femminile canadese. Si pensa così di “alzare” il livello della nazionale rosa nell’arco di un paio di mesi? Alzi la mano chi ci crede. Pare un’operazione immagine che, a naso, pare si stia altrettanto seguendo per la nazionale maschile.
Stop per le Eagles?
“Bella iniziativa” si potrebbe comunque definire il “ritiro preolimpico canadienne”, se non che questa soluzione, rischia di diventare un cappio al collo per le Eagles di Bolzano che hanno un nutrito gruppo di atlete azzurre fra italiane ed “oriunde”. Ciò impedirebbe, di fatto, di poter partecipare al campionato europeo EWHL 25/26 e di mettere in forte discussione anche la partecipazione al campionato italiano con circa solo otto atlete. In poche parole, la squadra bolzanina rischia di scomparire dal campionato ‘25/’26 con quello che ne potrebbe conseguire, anche dal lato economico in uno sport in cui è estremamente difficile trovare sponsor dove i denari son da sempre scarsi assai ed a cui si fa affidamento sulla voglia e tenacia delle non numerose atlete oltre alla passione e la dedizione dei dirigenti sportivi.
L’alternativa? C’era...
La soluzione alternativa, che pareva invece essere quella ben più logica e razionale e su cui pareva si puntasse inizialmente, era di raggruppare proprio nella squadra bolzanina il maggior numero di azzurre e di farle giocare nel campionato EWHL, a costi probabilmente assai inferiori.
Gli anni passano ma nell’hockey su ghiaccio italiano nulla cambia
Avendo seguito per diversi anni l’hockey, pare che dal sostanziale fallimento dei giochi olimpici di Torino del 2006 non si sia imparato nulla. Mi è stato riferito che dopo Torino le squadre di hockey femminile si ridussero da otto a tre. Si è fatto qualcosa dal giugno 2019 (!), quando furono assegnati i giochi, ad oggi? I miei dubbi ce li ho e sono molti. Come avvenuto per le strutture olimpiche, tutto è stato affrontato con enormi ritardi, in fretta e furia (con ampio ricorso alla carta PagaPAntalone, come ha documentato Report a maggio 2024), e il tutto ricorda molto la vicenda di Expo 2015.
Solo alla ricerca della “bella figura” per i giochi olimpici? Ma poi?
Pare esserci la sola ricerca di cercare di fare “bella figura” ben sapendo che si tratta quasi di una “mission impossible” per ambedue le formazioni azzurre impegnate nei rispettivi tornei olimpici dove sono qualificate di diritto come paese ospitante. Invece di avviare una programmazione a medio-lungo termine, visto che c’erano qualcosa come sei anni e mezzo davanti per prepararsi, pare che ci si sia “accorti” dei giochi olimpici solo di recente. Non sarà, purtroppo, un torneo olimpico a raddrizzare le sorti dell’hockey su ghiaccio maschile e femminile ma che si rischi di danneggiare l’intero movimento con una programmazione alquanto discutibile, probabilmente era (è?) uno scenario che ben pochi potevano immaginare.