La tempesta, sogno e realtà
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Va in scena in questi giorni al Teatro comunale di Bolzano l'opera tarda di William Shakespeare La Tempesta, nell'allestimento di Alessandro Serra che ha curato, oltre alla regia, la traduzione e adattamento del testo, scene, luci, suoni e costumi.
L'uniformità della mano di Serra nell’allestimento restituisce una versione rigorosa e insieme onirica del dramma, con accorgimenti che semplificano e permettono di riconoscere diversi piani di lettura della storia immaginifica, ambientata in un’isola del Mediterraneo dove Prospero (Marco Sgrosso) spodestato duca di Milano vive con la figlia Miranda ed esercita i suoi poteri magici.
La storia si apre e si chiuderà con la figura femminile danzante dello spirito dell’aria e degli elementi, Ariel, interpretato con maestria da Chiara Michelini, che resta così fino alla conclusione, leggiadro e vivace contrappeso al mago e demiurgo Prospero invecchiato sull’isola, che lo governa e che ad Ariel ordina gli accadimenti, a partire dalla tempesta e il naufragio della nave, che coinvolgono tutti i personaggi della vicenda e porteranno alla riconciliazione finale, con le nozze di Miranda e Ferdinando, figlio del re di Napoli Alfonso, lo smascheramento dell'usurpatore Antonio, fratello di Prospero, la restituzione del titolo al legittimo duca e la rinuncia ai poteri magici da parte di Prospero che libera finalmente Ariel e anche Calibano, il mostro nativo dell’isola che Prospero aveva a sua volta soggiogato. Nella versione di Serra è Calibano (Jared McNeill) che nel finale chiede al pubblico di liberare gli attori dal giogo della recita con l’applauso, a cui gli spettatori bolzanini non si ritraggono certo. Calibano si riappropria infine, attraverso un recuperato linguaggio articolato e non più caricaturale, di una dignità, messa in dubbio dalla previa ambigua amicizia con i personaggi dei due marinai Stefano e Trinculo, grossolani e materici, parodie del carnale popolare, anche nella esacerbata parlata dialettale e nei gesti. Maschere i due, che richiamano alla comicità triviale del teatro e danno una nota colorata alla scena quando attingono alla rastrelliera di costumi colorati e sfavillanti, requisito fondamentale e simbolico del gioco teatrale a cui allude lo spettacolo.
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Grazie alla scenografia ideata da Serra, fatta quasi esclusivamente di teli-tempesta, di luci, musica, suoni, di una pedana-palcoscenico, e pochi altri requisiti, lo spettacolo resta accessibile anche a chi si diletta solo della resa poetica, facilmente leggibile. Il vedere e non vedere oltre il telo-sipario che agitato riproduce la tempesta iniziale e rivela dapprima un mondo incantato affine all'ambiente misterioso sottomarino, e svela poi anche i meccanismi della scarna macchina di scena, permette altre associazioni più profonde con l’inconscio che sempre attinge al mito e agli archetipi. I suoni stranianti dell’isola che fanno parte degli arcani inscenati da Ariel sono parte integrante dell’allestimento, e si fanno eco ed efficace metafora delle voci sconosciute e complesse che agitano le profondità dell’anima, mentre sulla superficie si svolge la vicenda morale lineare. La pedana di legno, sul palcoscenico, metafora del teatro nel teatro e richiamo alla struttura metateatrale della commedia shakespeariana, diventa così un approdo concreto, ribaltando l’idea di teatro come mera illusione. Se è pur vero che “Siamo pur fatti della stessa sostanza dei sogni; e nello spazio e tempo di un sogno è racchiusa la nostra breve vita” nella celebre citazione pronunciata da Prospero, che può riferirsi alla illusoria pratica teatrale, se dopo cinque secoli continuiamo ad andare a teatro a rifocillarci di sogni, forse è proprio perché il teatro, e quello geniale di Shakespeare in maggior misura, continua ad essere un necessario antidoto alla fugacità della vita e all’incomprensione delle vicende e dei conflitti di potere che assillano il mondo e gli individui e si ripropongono tragicamente nel tempo.
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Il teatro è così nell'articolata Tempesta messa in scena da Serra e la sua ottima compagnia di dodici attori, per un’ora e quarantacinque minuti un’isola dove tutto torna, la tempesta nasce e si placa, lasciando le persone incolumi e un poco più sagge, armonia e perdono si danno la mano, e lo spettatore può sentirsi appagato.
Se così fosse nella vita reale quotidiana, non ci sarebbe bisogno del teatro forse, eppure non è così e di teatro ne avremo bisogno probabilmente ancora per centinaia e centinaia di anni. Accontentiamoci che sia fatto bene, come questo di Serra.
Lo spettacolo è in scena al Teatro comunale di Bolzano per la stagione dello Stabile, da giovedì scorso e sarà rappresentato anche oggi, domenica 17 dicembre alle ore 16.