Wilhelm Busch!
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La curatrice Ulrike Kindl, presente alla presentazione del libro organizzata alla Biblioteca civica di Bressanone dal Centro europeo di letteratura e traduzione ZeLT, è studiosa di germanistica e per anni è stata docente all'università Ca' Foscari di Venezia. Si occupa in particolare di filologia medioevale, iconografia simbolica, antropologia culturale e folklore alpino.
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Ulrike Kindl ha curato insieme a Dominikus Andergassen la raccolta delle storie rimate e illustrate di Wilhelm Busch, tradotte in italiano da Giancarlo Mariani nel corso di una vita e pubblicate nell'agosto scorso dalla casa editrice meranese Edizioni alphabeta Verlag in un cofanetto di quattro volumi. L'immane lavoro di trasposizione delle rime tedesche, complessivamente più di 12000, in versi endecasillabi italiani da parte di Mariani, rende godibilissima per il pubblico italiano la lettura dei capolavori del fumettista ante litteram Wilhelm Busch vissuto nell’Ottocento e conosciutissimo in terra germanica e nei paesi di cultura tedesca, dove "più generazioni sono cresciute a pane e Max und Moritz” ricorda la curatrice. L’edizione integrale italiana delle sue Bildergeschichten, accompagnata dalle accurate introduzioni storico-letterarie della germanista Ulrike Kindl, è anche l’occasione di confrontarsi con l’autore Wilhelm Busch, la personalità artistica e il contesto storico e sociale della sua satira.
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SALTO: Ulrike Kindl, qual è la cifra stilistica che rende così attrattive le storielle di Wilhelm Busch?
Ulrike Kindl: Wilhelm Busch lavora su due registri complementari, quello discorsivo sulla rima e quello grafico. Con mezzi estremamente parsimoniosi, cambiando magari solo una vocale realizza in rima la situazione che induce alla risata, in più il disegno fa da specchio e da contraltare al testo. Con pochi versi, molti dei quali sono rimasti nella memoria di generazioni, descrive con precisione personaggi e situazioni spesso esacerbate e grottesche. Parallelamente con pochi tratti di matita, usati in modo altrettanto parco, riesce a dare vita ai protagonisti delle sue storie, oggetto della sua satira feroce e crea un capolavoro.
La storia dei due monelli Max und Moritz è senz’altro quella più popolare di Wilhelm Busch.
Sì, ma attenzione. Anche se è considerata erroneamente letteratura per ragazzi, e per questo si salvò probabilmente dal rogo nella campagna del regime nazista contro l’arte degenerata, dobbiamo ricordare che Wilhelm Busch non ha mai inteso scrivere per bambini, casomai per i loro genitori. La sua satira dissacrante prende di mira la società, l’ambiente e l’ipocrisia degli adulti. Noi lettori, è chiaro che teniamo per i due malefici monelli che per le loro malefatte finiranno molto male, triturati nella macina del mulino e poi nello stomaco del pollame, ma sappiamo che Max e Moritz, Massimo e Maurizio nella versione di Mariani, avranno molti eredi. Tutti noi abbiamo avuto un Lehrer Lempel, che Mariani chiama Lumini, un maestro ottuso, preso di mira dagli scherzi dei due malandrini creati da Busch. Il merito di Mariani è di aver riscritto le rime in endecasillabi, altrimenti i versi avrebbero avuto la cadenza di “Qui comincia l’avventura del Signor Bonaventura” che gli italiani conoscono dal Corriere dei piccoli. Mentre la satira di Busch è tutt’altro, e la trasposizione di Mariani resta fedele allo spirito originale.
L’edizione integrale curata da lei e Dominikus Andergassen non segue l’ordine cronologico. Accanto al primo volume con Max und Moritz, diventati Massimo e Maurizio, e altre storielle, è suddivisa poi nella satira politica, nella satira sociale e nell’ultimo dei quattro volumi con i “Bilderbögen e Qualche cosa”.
La satira sia politica che quella sociale sono sempre presenti nelle storie illustrate di Busch, che lavorava spesso a molte contemporaneamente. Nel volume dedicato all’autore politico-satirico abbiamo raccolto la storia intitolata a Sant’Antonio da Padova, che in verità qui è l'altro santo omonimo, Sant'Antonio del purcell (porcello) protettore degli animali. E già questo la dice lunga sulle intenzioni di Busch, che conosceva ben poco dei santi cattolici, tanto da confondere i due, e indirizza gli strali della sua satira non contro la religione o il culto dei santi, lui di ambiente protestante, bensì ridicolizza la devozione della gente credulona, le sue buffe esagerazioni e in genere il bigottismo. L’altra celeberrima eroina di Busch è Die fromme Helene, Elena la pia che finisce all’inferno dopo diverse peripezie, ma ancora una volta col disegno Busch contraddice il testo. Con fine arguzia manifesta la sua, e inevitabilmente anche nostra, simpatia per la peccatrice mentre condanna col tratto della matita all’infamia perenne il falso autoproclamato perbenismo dello zio. Esplicitamente politica è la storia Il Compleanno o dei Legittimisti, ambientata in Bassa Sassonia che tematizza il mal riuscito asservimento al potere politico del neonato Reich tedesco e al nuovo sovrano prussiano, dopo la destituzione dell'antico legittimo regnante di Hannover. Ma infine a venire a galla e ad essere derisi sono gli interessi personali dei compaesani di Busch, così tutti i moti della protesta legittimista, del resto puramente simbolica, si concludono con gran bevute al tavolo dell’osteria. Con una felice intuizione Mariani ha poi sostituito le espressioni dialettali sassoni con la parlata toscana. Che ci sta bene. È risaputo che i toscani venderebbero la nonna piuttosto di trattenere una delle loro battute micidiali, e sono altrettanto assidui frequentatori delle osterie!
Poi segue la satira sociale.
Nel terzo volume, la Trilogia dei Bottoni, (ovvero Abenteuer eines Junggesellen, Herr und Frau Knopp e Julchen) porta la satira dentro le tranquille mura domestiche e segue l’evoluzione dello scapolo Tobia Bottoni, alias Tobias Knopp, alla ricerca di una moglie, che la moglie infine la trova dentro casa nella persona della serva, che accetta la più breve dichiarazione d'amore della storia. Lo scapolo Bottoni diventa così prima un marito pantofolaio, e finalmente padre con la nascita della figlioletta Julchen, o Giulietta. Anche qui la rima di Busch “Vater werden ist nicht schwer/ Vater sein dagegen sehr...” è diventata un diffuso proverbio ancora in uso. Nella trasposizione di Mariani il verso diviene "Diventar padre è cosa di un istante, ma fare il padre, questo sì è pesante!"
Busch non risparmia nessuno, nemmeno sé stesso.
Nelle due storie di Balduin Bählamm, tradotto da Mariani in Baldovino Agnelli e in quella del Maler Klecksel o l'Imbrattatele, la penna ironica di Busch si rivolge alle proprie aspirazioni artistiche a suo avviso mancate. Nonostante abbia raggiunto il successo e un notevole benessere economico grazie alle sue storie illustrate, le considerò sempre cose di poco valore, mentre avrebbe voluto essere apprezzato come pittore, ma le sue tele pur di buona fattura restarono sempre mediocri.
Infine nel quarto volume abbiamo raccolto le brevi scenette e storielle che l’autore stesso chiamava semplicemente“qualche cosa” che completano, in questa edizione integrale, il quadro della genialita di Busch, poeta satirico e vignettista.
Die Qualität der Übersetzung…
Die Qualität der Übersetzung kann ich nicht beurteilen, aber dass alle Namen übersetzt wurden, verwundert mich doch sehr. Pinocchio ist auch in der deutschen Sprache Pinocchio geblieben, Übersetzungsversuche z. B. von Otto Julius Bierbaum, der den Pinocchio in "Zäpfel Kern" umbenennen wollte, sind kläglich gescheitert. Ich werde übrigens den ehemaligen Landesrat Bessone weiterhin Max und nicht Massimo nennen.
Antwort auf Die Qualität der Übersetzung… von Hartmuth Staffler
Si tratta di trasposizione…
Si tratta di trasposizione più che di traduzione, e anche i nomi rientrano in questa prospettiva. Personalmente anch'io ho interiorizzato Die fromme Helene, Max und Moritz e via dicendo, nella versione originale, ma il risultato complessivo di Mariani è decisamente ammirevole e godibile in italiano.