Gesellschaft | Parità

Doppio cognome: la legge si incaglia alla Camera

Rinviata la decisione sulla libertà di attribuire ai figli anche quello della madre o di entrambi i genitori.

Torna il dibattito sul cognome da dare ai figli. Salto ne aveva già scritto qualche mese fa ma da allora i passi in avanti sono stati come quelli di un novantenne con il deambulatore. Un novantenne a cui hanno rubato il deambulatore, a dirla tutta. La proposta di legge per abolire l’obbligo di attribuzione dell’esclusivo cognome paterno, lasciando ai genitori la decisione di assegnare quello del padre, della madre o di entrambi in caso di disaccordo, è stata bloccata in parlamento e rinviata a data da definirsi. La legge, che si modella su quella francese, dispone inoltre che i figli, al raggiungimento dei 18 anni, possano decidere di aggiungere il cognome dell’altro genitore con una semplice dichiarazione all’ufficiale di stato civile; e prevede che i figli dei figli, ricevano dai genitori uno solo dei loro rispettivi doppi cognomi, dal momento che sarebbe impensabile averne quattro.

E pensare che la deputata SVP Renate Gebhard, solo pochi giorni fa, aveva affermato fiduciosa: „Bisher hat ein eheliches Kind automatisch den Namen des Vaters erhalten, nun wird dieser Diskriminierung ein Ende gesetzt und es wird zukünftig auch die alleinige Weitergabe des Nachnamens der Mutter an das Kind möglich sein“. Del resto, dopo che a gennaio la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo aveva sanzionato l’Italia per aver impedito a una coppia di registrare il cognome materno per i figli, e dopo l’approvazione unanime della commissione Giustizia, il provvedimento sembrava una conseguenza elementare, oltre che un obbligo internazionale per allinearsi con altri paesi europei.

„Eine Abstimmung für die Freiheit, für die Anerkennung der Kinderrechte und für die Gleichstellung beider Elternteile, die Italien den Weg zu einem wahren Rechtsstaat öffnen”, ha detto ancora Gebhard, ma il voto non è arrivato. L’Italia è, fino a prova contraria, una Repubblica fondata sul patriarcato. In successione pirotecnica i detrattori - molti dei quali sembra non abbiano nemmeno letto il testo -, fra cui diversi esponenti di Forza Italia, La Russa (Fratelli d’Italia), Buttiglione (Popolari per l’Italia), Alessandro Pagano (Nuovo centro destra) e, prevedibilmente, Paola Binetti (Udc). Ostruzionismo anche da parte del PD; sconcertata, la relatrice della legge Michela Marzano si dice tradita dal partito e intanto il DDL, come già successo nelle legislature precedenti, si è nuovamente impantanato in aula. Il paese non è dunque ancora pronto, o meglio, c’è chi decide che non lo sia al posto suo.

 

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