Il sudario e i sassi

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A Udine, il giorno della partita di calcio della vergogna...
In piazza c'è un sudario bianco, di venticinque metri per otto. Per sorreggerlo arrotolato serve una decina di persone, per stenderlo almeno una cinquantina. Contiene, trascritti a mano uno per uno, 18.457 nomi dei bambini e ragazzi uccisi a Gaza negli ultimi due anni. Una distesa di vite spezzate, da zero a diciassette anni, che lascia senza fiato. Un'opera d'arte e insieme un memoriale laico, costruito in ore e ore di impegno paziente da decine di volontari, per dare almeno la dignità di un nome alle vittime minorenni di quello che l'ONU chiama genocidio. Il sudario bianco è in piazza il giorno della partita della vergogna tra Italia e Israele, con oltre diecimila persone che manifestano pacificamente per la Palestina. A Udine un corteo simile non si vede da lungo tempo.
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E poi finito il corteo vengono i sassi neri, i petardi, i fumogeni. Sono forse in duecento a tirarli, alcuni sinceramente arrabbiati, altri venuti solo per questo momento di violenza gratuita. Un'ora contro un pomeriggio intero, qualche centinaio di persone in confronto a più di diecimila. Eppure il giorno dopo non si parla che di quei pochi. Comprensibile lo faccia la politica, interessata più alle polemiche di bottega che ai fatti reali. Ma che ci caschi gran parte della stampa è veramente triste: paginate intere per dei sassi e qualche fioriera, il bilancio di un ordinario week end fuori dagli stadi di calcio. Sia chiaro, è violenza e come tale da denunciare e da bandire. Ma un osservatore attento, come un giornalista, dovrebbe saper guardare ai fatti nella loro interezza, non rincorrere il sensazionalismo dei più cruenti. Invece un sudario silenzioso con oltre diciottomila vittime sparisce quasi dalle cronache, in prima pagina vanno solo quattro sassi rumorosi. Le bombe, le granate, il genocidio vero di Gaza valgono meno di un idrante in piazza Primo maggio, così si direbbe aprendo i giornali locali.
Se il sudario è difficile da capire, almeno qualcuno legga lo striscione in testa al corteo. Contiene una semplice scritta a spray “Free free free Marwan Barghuthi”, l'ha creato poco prima della partenza la comunità palestinese. Cioè chi rappresenta le vittime di decenni di violenze e occupazione, non inneggia alla lotta armata dei gruppi che oggi controllano la striscia, ma all'unico leader storico che ha cercato di guidarle in una protesta pacifica. Non meritava almeno una citazione nei commenti del giorno dopo?
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Barghuthi è stato leader della prima e seconda Intifada palestinese, una protesta – specie la prima – che al confronto di quelle successive guidate dagli estremisti come Hamas può dirsi pacifica e vicina alla nonviolenza. E' sepolto in carcere da ventitre anni, curiosamente fa più paura lui ad Israele di molta leadership terrorista. Perché la violenza degli uni legittima quella degli altri, mentre il suo approccio è difficile da contrastare. Che poi dopo oltre due decenni chissà cosa pensa, come agirebbe se fosse liberato? Magari Barghuthi è solo un sogno, un'utopia, ma è quella ad aprire il corteo di Udine, basta leggerla.
Certo dentro al corteo ci sono anche parti meno condivisibili: un “Nethanyahu a testa in giù” ad esempio, slogan becero per quanto il capo del governo israeliano possa essere un criminale internazionale oltre che un corrotto in patria. Ma sono parti dentro un mosaico ampio, che comprende i canti del popolo della pace, l'allegria degli studenti e le divise degli scout. La pace multicolore e diversificata, anche litigiosa al suo interno a volte, e proprio per questo simbolo di democrazia.
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Manca invece una voce da Israele, o almeno una finestra che richiami quella parte del paese – purtroppo sempre più minoritaria, ma proprio per questo da sostenere – che si oppone al regime, all'occupazione ed ai crimini del suo esercito. Perfino durante l'apoteosi oscena di Trump alla Knesset due parlamentari hanno avuto il coraggio di nominare il genocidio, almeno loro andrebbero ricordati. Come in futuro potrebbero trovare forse uno spazio nel sudario anche i nomi dei bambini israeliani uccisi il 7 ottobre 2023, perché il pianto per ora sembra l'unico gesto comune tra chi vive in Medio Oriente. Ma già così il sudario bianco è un messaggio potentissimo rivolto a tutti.
Sempre che lo si voglia vedere, senza nascondersi dietro a quattro sassi neri...
Per la potenza emotiva che…
Per la potenza emotiva che trasmette e il garbo della narrazione, questo articolo sembra una poesia. Ma in questa poesia c'è LA CONOSCENZA, di fatti e di significati e c'è uno sguardo ALTO, lucido e attento a tutte le posizioni, senza faziosità. Informa e rende giustizia con la verità. E ci accompagna a trovare vie di pace, inedite e preziose e a considerare tutti i bambini vittime innocenti. GRAZIE!