Politik | Mauritania

Condannati gli attivisti anti-schiavitù

Si è chiuso lo scorso 15 gennaio 2015 il processo contro dieci attivisti anti-schiavitù mauritani arrestati in novembre 2014.
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Gli attivisti sono stati arrestati nella città mauritana di Rosso per una manifestazione non-autorizzata durante quale intendevano consegnare al governatore un appello contro la schiavitù e il furto di terre. Tra gli arrestati figuravano anche l'attivista per i diritti umani Biram Dah Abeid, insignito nel 2013 del Premio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, e presidente dell'associazione anti-schiavitù IRA (Initiative de Resurgence du mouvement Abolitionniste de Mauritanie), il vicepresidente dell'IRA Brahim Bilal Ramdhane e il presidente dell'associazione per i diritti umani “Kawtal” Djiby Sow.

Biram Dah Abeid, Brahim Bilal Ramdhane e Djiby Sow sono stati tutti e tre condannati per “ribellione” a una pena detentiva di due anni ciascuno mentre gli altri sette attivisti sono stati assolti.

L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) protesta vivamente contro un verdetto evidentemente arbitrario e esagerato il cui unico scopo sembra essere quello di mettere a tacere gli attivisti per i diritti umani mauritani e di scoraggiare ulteriori proteste contro la schiavitù. La condanna al carcere del presidente dell'IRA e del suo vicepresidente sembra un vero e proprio attacco a una delle associazioni per i diritti umani più importanti del paese africano a cui peraltro il governo nega da oltre quattro anni il riconoscimento come organizzazione non governativa.

La condanna a due anni di carcere per una manifestazione non autorizzata ha causato le proteste anche delle Nazioni Unite e del Parlamento Europeo il qualo lo scorso 16 dicembre aveva esplicitamente chiesto la liberazione degli attivisti per i diritti umani mauritani.

Nonostante la Mauritania abbia abolito ufficialmente la schiavitù da decenni, si stima che nel paese – e soprattutto nelle aree rurali – vivano ancora circa 500.000 persone in condizioni di schiavitù.