reazione a una molestia, uomo violento
Foto: (c) Manuela Tessaro
Gesellschaft | kalašnikov&valeriana

Il “violento straniero”

Soluzione semplice a un fenomeno complesso: una migliore regolamentazione rispetto alla migrazione.
  • L’avete notato? Spesso, quando leggiamo notizie su casi di violenza maschile contro una donna, il violento è di origine straniera. E, come se non bastasse, esponenti politici come recentemente il ministro dell’Istruzione (!) Valditara rincarano la dose. 

    Ho cercato statistiche in merito, ma non ne ho trovate. Sono incappata invece nel rapporto ISTAT “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia” del 2014. Sottolinea l’enorme sommerso (nove su dieci) e cito l’allora presidente dell’Istat Giorgio Alleva: «È interessante sottolineare che il comportamento di denuncia delle italiane risulta cambiare notevolmente se l’autore della violenza sia straniero». E poi: «La quota di vittime di stupro da un autore straniero che dichiara di aver sporto denuncia è infatti oltre 6 volte più alta rispetto al caso in cui l’autore è italiano», ha detto Alleva. «Per il tentato stupro, la differenza è ancora più marcata: la quota di donne che denunciano, nel caso di un autore straniero, è dieci volte più alta rispetto al caso in cui l’autore sia un italiano». 

    Perché vi porto questi dati? Ne parlo perché ad ogni episodio di violenza finito nei media e che ha come autore della violenza uno straniero, segue una valanga di prese di posizione istituzionali e individuali che propongono una soluzione semplice ad un fenomeno complesso: una migliore regolamentazione rispetto alla migrazione. E, come spesso succede, le soluzioni semplici a problematiche complesse spostano l’attenziona dal focus della questione stessa e non sono vere soluzioni. Anzi, sono semplificazioni e addirittura strumentalizzazioni pericolose, perché non tengono conto della maggior parte di violenza compiuta che non ha bisogno del fenomeno migratorio: gli uomini nostrani ci riescono perfettamente da soli ad esercitare violenza e ad uccidere le loro mogli, compagne, madri, figlie e sorelle. Almeno così è stato nel 2023 in Italia. Secondo l’accurata analisi dell’osservatorio femminicidi di Non Una Di Meno, i trans-femminicidi sono stati 121. In 79 casi, l’autore era italiano, in 29 casi di provenienza altra e nella maggior parte dei restanti casi con indagini tuttora in corso, gli eventuali indagati sono italianissimi. 

    Quand’è che inizieremo a prenderci le nostre responsabilità anziché imputarle all’altro, allo straniero, al diverso? Si tratta pur sempre di un fenomeno che tocca almeno una donna su tre nel corso della sua vita. Pensiamoci, anche oltre il 25 Novembre!