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Fumetti che cambiano il mondo

Fumettista, illustratrice, produttrice cinematografica e graphic journalist, Takoua Ben Mohamed è stata nominata donna dell’anno da D di Repubblica.
Takoua Ben Mohamed
Foto: Mouadh Ben Mohamed

Dalla Tunisia all’Italia

 

Al fumetto, Takoua, si è appassionata fin da piccola. A dieci anni ha iniziato ad abbozzare i primi disegni e a raccontare la realtà che vedeva, ma solo dopo qualche tempo ha deciso di condividere quel lavoro con il pubblico. Nata nel 1991 a Douz, in Tunisia, nel 1999 arriva a Roma dove, insieme alla madre e ai tre fratelli e alle due sorelle, ritrova il padre, ex-insegnante e attivista, che “sotto il regime dittatoriale di Ben Alì, aveva lasciato il Paese quando io avevo 4 mesi.” Nonostante le difficoltà e la violenza, la madre ha cercato di proteggere l’infanzia della giovane artista e dei suoi fratelli. All’età di otto anni Takoua ha cominciato una nuova vita in Italia. A Roma ha vissuto i contrasti di una città che all’inizio le sembrava una prigione, nonostante le libertà garantite. “Non potevo giocare sotto casa perché c’erano le macchine, bisognava stare attenti a chi incontravamo e non ci si conosceva nemmeno tra vicini”, mentre a Douz, nonostante vivesse nella paura costante, “ho respirato la sensazione di libertà che mi dava il deserto e che non ho più trovato da nessuna parte”. In quelli anni Takoua ha lasciato in un cassetto il legame con il suo Paese di origine e la storia della sua famiglia. Nel 2011, con l’avvento delle Primavere arabe e la Rivoluzione della dignità in Tunisia, ha però avvertito la necessità di recuperare tutto quello che aveva dimenticato e non aveva conosciuto. Il libro “La rivoluzione dei gelsomini” è nato proprio dall’esigenza di “colmare un vuoto che sentivo nella mia identità”. In questa graphic novel, Takoua racconta la storia della sua famiglia, ripercorrendo la storia del Paese in cui è nata. “Perché i miei genitori sono attivisti? Perché c’è un regime dittatoriale?”: queste domande hanno guidato la stesura del libro e il desiderio di raccontare la Tunisia, un Paese a soli 160 chilometri dall’Italia, di cui però si sa troppo poco.

 

Il ruolo delle donne

 

Quando si racconta un Paese a maggioranza musulmana, una delle questioni più calde è quella femminile. Takoua racconta che “i Paesi nordafricani sono molto diversi dal Medioriente: Marocco e Tunisia sono società matriarcali maschiliste”. Con questo termine, si intende una società maschilista dove però il ruolo della donna è attivo e riconosciuto come fondamentale, basti pensare che le donne che lavorano sono molte più degli uomini e l’Assemblea Costituente tunisina del 2011 aveva la più alta percentuale di presenza femminile dei parlamenti di tutto il mondo. Nono- stante questo, però, c’è una riverenza verso gli uomini. “Io mi sono sempre trovato in contrasto con mia nonna su questo”, afferma Takoua, anche perché “mia madre ci ha sempre detto: io sono cresciuta così e mai vi crescerei in questo modo”. Il tema dell’autodeterminazione femminile, rappresentato dalla scelta di portare il velo, torna nei libri “Sotto il velo” e “Il mio migliore amico è fascista” In quest’ultimo fumetto Takoua racconta la sua adolescenza a Roma, a partire dal giorno in cui si è trovata come compagno di banco un ragazzo che si autoproclamava “fascista”. Anche lei, dal canto suo, era categorizzata la sua religione e per il velo che dice, ancora oggi, “è associato al terrorismo o all’oppressione femminile”. Lei ha scelto di portare l’hijab liberamente, anche contro il desiderio dei suoi genitori, che avrebbero voluto proteggerla dagli eventuali pregiudizi. “Tutto quello che racconto nel libro è successo davvero”, sottolinea Takoua, che attraverso i suoi disegni racconta il rapporto con i compagni, con gli insegnanti e con le parole.

 

 

Il mondo della scuola e i pregiudizi

 

Da adolescente, Takoua è stata vittima di razzismo inconsapevole da parte degli insegnanti e questo secondo lei nelle scuole italiane avviene ogni giorno. Ci sono maestri elementari che chiedono ai genitori stranieri di non parlare la lingua madre a casa: “il loro concetto di integrazione è privare il bambino di tutto ciò che è al di fuori della cultura dell’insegnante ed è un meccanismo di razzismo inconsapevole pericoloso, perché il bambino crescendo non apparterrà alla lingua e alla cultura dei suoi genitori, ma al tempo stesso si ritroverà in un contesto italiano in cui si identifica ma che lo categorizza come altro”. Ragazze e ragazzi si trovano a gestire una doppia identità con difficoltà: “una non la si conosce e dall’altra si viene continuamente rifiutati”, afferma la fumettista. ll razzismo dei compagni di scuola Takoua se lo è fatto scivolare addosso, ma non ha mai dimenticato quello che ha subito da parte degli insegnanti. Questo atteggiamento si ripercuote anche nel giudizio collettivo rispetto a scelte personali, come quella di portare il velo: “oggi facciamo fatica a decolonizzare certe tematiche: donne musulmane, movimenti attivisti neri*e e tutto ciò che è al di fuori del mondo occidentale”. Difficilmente, secondo Takoua, si accetta e si rispetta la libertà come un aspetto soggettivo. “Questo è evidente nella quotidianità e nelle scuole anche se con qualche miglioramento”, ammette Takoua. La decolonizzazione della prospettiva sul mondo “è un lavoro lento e il programma scolastico non aiuta”, basti pensare al colonialismo italiano, non si parla mai di chi ha combattuto dall’altra parte in Libia o nel Corno d’Africa.

 

Una questione di diritti

 

Ragazze e ragazzi stranieri*e, oltre a trovarsi nel limbo della doppia identità, spesso si vedono negati anche diritti basi- lari perché senza cittadinanza. “Io l’ho ottenuta due giorni dopo aver compiuto trent’anni”, racconta la fumettista, che per 22 anni è stata costretta ad andare a richiedere il rinnovo del passaporto e del permesso di soggiorno senza i quali “sarei diventata clandestina nella terra in cui stavo crescendo e di cui porto l’identità”. Per lei la cittadinanza però, più che una questione di identità, è una questione di diritti. “L’Erasmus se non sei cittadino*a europeo non lo puoi fare e lo stesso vale per le gite scolastiche fuori dai Paesi Schengen e i concorsi pubblici”, puntualizza la giovane donna che, anche se ha studiato giornalismo, non ha potuto fare l’esame di Stato. Il fratello più piccolo di Takoua è l’unico membro della sua famiglia ad essere nato in Italia e a non avere la cittadinanza, per la quale potrà fare richiesta solo al compimento dei diciotto anni. “Nasci e cresci in un Paese dove non hai gli stessi diritti degli amici con cui sei cresciuto, ti riconosci in un Paese che non ti riconosce.”

 

 

Tra due culture

 

Attraverso il suo lavoro l’artista affronta tematiche complesse in maniera diretta e accessibile. Il suo trovarsi immersa in due culture, quella tunisina e quella ita- liana, rende il suo lavoro una possibilità di incontro. Takoua, oltre alla grande responsabilità, sente anche le difficoltà di dover trasmettere entrambe le culture in Paesi che non sono l’Italia, ma “non sapere stare bene da una parte o dall’altra mi permette di adattarmi a tante realtà”. Negli anni, in quanto giovane donna fumettista e musulmana in Italia, ha finito col diventare un simbolo anche nei contesti in cui non ha competenza. “Mi trovo a dover valutare degli inviti per capire se mi chiamano per il lavoro che faccio o perché sono musulmana e porto il velo”. Una volta, ricorda Takoua, l’hanno chiamata perfino per parlare di Afghanistan. “Ho rinunciato a tante cose per imporre me stessa per come io vorrei essere vista, perché è quasi come dovessi dimostrare due volte il mio valore professionale”.

In tutto il suo lavoro Takoua porta anche una parte di sé, in tutti i sensi. La protagonista dei suoi libri, infatti, è lei stessa. “In ogni fumetto c’è una Takoua diversa e tutte loro sono una parte di me”, racconta. Non tutta la sua identità però, finisce nei fumetti, “perché quando scrivo un libro è sempre una lotta, c’è una parte di me che mi tengo molto stretta”.

Il futuro di Takoua continuerà ad essere tratteggiato dai colori vivaci dei suoi disegni e dal suo impegno per una società che superi gli stereotipi e i pregiudizi, promuovendo l’incontro e il dialogo. Prossimamente sarà impegnata in Alto Adige come graphic designer per la campagna “Stop Racism!”, mentre continua a lavorare a nuovi libri e nuove storie, che racconteranno un’altra parte di Takoua e della società in cui viviamo oggi.