Politik | Siluro al Green Deal

Accordo USA-UE: le grandi criticità

L’accordo sui dazi, siglato un mese fa (21.8.2025) tra l'UE e gli USA, è uno strano miscuglio di misure rischiose, dannose e in parte semplicemente irrealizzabili.
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  • Da una prospettiva europea il punto più dannoso è quello degli obblighi dell’UE per le future importazioni di energia fossile, promesse che Ursula von der Leyen aveva dato a Trump nel resort di golf scozzese di Turnberry già in luglio. Fino alla fine del 2028 l’UE dovrà importare petrolio, gas e carbone per 750 mdi di $, cioè 250 mdi. $ ogni anno. Attualmente l’UE all’anno spende solo 65 mdi $ per l’importazione di prodotti fossili americani, cifrà destinata a quadruplicarsi. L’accordo sembra ancora più assurdo se si considera che gli USA nel 2024 in totale hanno esportato greggio, gas e carbone per 166 mdi $ in totale in tutto il mondo. Stando al nuovo accordo con l’UE dovrebbero non solo esportare tutta la loro produzione solo nell’UE, ma anche aumentare la produzione di almeno un terzo. Inconcepibile anche l’impegno di importare più gas dal momento in cui tutta la domanda di gas mondiale ristagnerà al più tardi nel 2030. Ecco le 4 più grandi criticità che, secondo ECCO, emergono da questo accordo:

    1. Innanzitutto l’acquisto di 750 mdi $ (700 mdi di euro) di prodotti energetici da parte dell’UE non è realizzabile. Oggi l’UE importa gas, petrolio e carbone nel valore di 375 mdi di euro dall’estero. L’UE, per stare ai patti, sarebbe costretta a cancellare tutti gli accordi a lungo termine stretti con altri grandi produttori come L’Algeria, il Qatar, la Libia, l’Aserbaigian, benché questi offrissero condizioni spesso migliori.
    2. L’impegno di importare e consumare tanto fossile è completamente incompatibile con gli obiettivi climatici europei. Nell’ambito del Green Deal europeo la domanda di gas in Europa sta già calando ed il piano RePowerEU prevede di ridurre del 25% le importazioni di gas entro il 2030. Sarebbe in contrasto anche al Global Methane Initiative, teso a ridurre le emissioni di gas metano legate alla prospezione e alla produzione. L’intensivà emissiva di metano,  pericoloso gas climalterante, è particolarmente alto quando derivato dal metodo fracking.
    3. L’impegno assunto dall’UE per non rischiare dazi di importazione più alti nell’export verso gli USA, intensificherà la dipendenza energetica e geopolitica dagli USA. Giá oggi gli USA forniscono il 55% degli approvvigionamenti dell’UE e con il nuovo accordo – se mai applicato – tutta l’importazione sarebbe affidata ad un solo paese, gli USA, che si stanno rivelando sempro meno affidabili e sempre più disposti a ricattare chiunque non obbedisce ai loro diktat.
    4. L’accordo del 21.8.2025 rischia di compromettere la transizione energetica in Europa, perché l’UE dovrebbe rinunciare ad investimenti tesi a costruire autonomia energetica basata su fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica. Sarebbe un doppio siluro verso l’UE: da una parte alla sua autonomia energetica, dall’altra parte anche a suoi obiettivi climatici.

    Infine l’Accordo non sembra attuabile neanche sotto il profilo giuridico, perché la questione di chi compra quando e quanta energia fossile è decisa soprattutto dai grandi gruppi industriali perlopiù di proprietà privata, non dai governi. Impraticabile anche l’impegni di investire 600 mdi di $ in più negli USA, misura che sicuramente non potrà essere imposta dall’alto alle imprese europee.

    Tanti voci autorevoli, come pure quella di Draghi, sconsigliano di aumentare l’importazione di energia fossile dagli USA. Una lezione fondamentale del rapporto fracassato con la Russia è quello di non buttarsi troppo nella dipendenza strutturale da un unico grande produttore di gas e petrolio. Il pericolo più grande è quello dello smontaggio della politica climatica europea, che oggi si sta già riflettendo nei nuovi progetti tedeschi di costruzione di circa 70 nuove centrali a gas. Il meccanismo di aumentare il prezzo del gas per ridurre i consumi e rafforzare al massimo le fonti di energia rinnovabile, imbattibili anche sul piano dei prezzi di produzione dell’energia elettrica, sarebbe messo a repentaglio. Il capo-dealer di Washington non solo mortificherebbe le responsabilità americane per il clima, ma tirerebbe nel baratro fossile anche noi europei.