Kultur | TRANSART

Polifonie di una società

MADE IN THE USA, ovvero la nuova musica statunitense a firma di Sarah Davachi, Andrew McIntosh, Antonhy Cheung.
Yarn Wire , transart 2025
Foto: Tiberio Sorvillo
  • MADE IN THE USA with Yarn/Wire è il progetto che TRANSART ha presentato a Bressanone negli spazi industriali di LIGNOALP.

    Yarn/Wire nasce nel 2005, come quartetto formatosi alla Stony Brook University di New York. Nel loro sito web possiamo leggere: “Fin dall'inizio, ci siamo concentrati sulla creazione di musica in collaborazione con compositori, artisti del suono, musicisti noise e altre persone in tutto il mondo che ci hanno ispirato. Ora siamo guidati dagli stessi principi di apertura, curiosità e sperimentazione. Siamo innamorati della musica che ha il potere di cambiarci, proprio come agli inizi del gruppo. Continueremo a sostenere la profondità e il valore della musica in cui crediamo.”

    Yarn/ Wire è oggi formato dalle pianiste Laura Berger e Julia Den Boer, dai percussionisti Russell Greenberg e Christian Smith.

  • Julia Den Boer: ha conseguito una laurea in musica presso la McGill University e un dottorato in arti musicali presso la SUNY Stony Brook University. Ha un master in relazioni internazionali presso l'Université Lyon III. Foto: Tiberio Sorvillo
  • Il programma annunciava Feedback Studies for percusssion di Sarah Davachi, Little Jimmy di Andrew McIntosh e Tactile Values di Antonhy Cheung. Opere rispettivamente del 2022, del 2020 e del 2023, tutte commissioni di Yarn/ Wire, in prima esecuzione italiana. Il palco era gremito di strumenti, due pianoforti, due tastiere elettroniche, computer, due set di gong, campane tubolari, rullante, piatti e cassa, e altre piccole percussioni.

  • Russell Greenberg: ha inciso per le etichette discografiche Bridge, Mode, Albany, Northern Spy e Joyful Noise. Foto: Tiberio Sorvillo
  • La musica di Sarah Davachi, compositrice canadese classe 1987, è cominciata come un dialogo in pianissimo, prossimo all’inudibile, tra gong e pianoforte. I primi suoni hanno avuto il contrappunto di qualche tintinnio di calice tra il pubblico, e poi l’attenzione è stata massima. La musica si è sviluppata in un lento e controllato crescendo verso un cluster armonico e ritmico avvolgente, per poi ritornare al suo inizio. I suoni rarefatti di Morton Feldmann, la cantabilità eterodossa di John Cage, il gusto per la reiterazione di sapore indiano di Terry Riley, ossia uno spaccato della storia recente della musica americana, con Sarah Davachi trasformandosi si rinnova.

    L’ampia composizione di Andrew McIntosh, giovane compositore che vive a Los Angeles, era articolata in sezioni, in cui comparivano anche i suoni di una foresta californiana quando viene devastata dal fuoco. Il profumo del legno tagliato, assi che accatastate formavano le quinte del palco e occupavano gran parte del restante spazio della struttura, hanno offerto una suggestione olfattiva alla musica.

    Era il 1999 quando Settembre musica - la prestigiosa rassegna torinese a firma di Enzo Restagno poi confluita in MI.TO. - si era data per tema American Voices. In quella occasione, accanto a compositori affermati come John Adams, furono presentati i musicisti di BANG ON A CAN, collettivo di compositori e interpreti. In una tavola rotonda Enzo Restagno e Roman Vlad dialogarono con Steve Mackey, Julia Wolfe, David Lang e Michael Gordon. La musica di Andrew McIntosh ce li ha ricordati.

  • Laura Berger e Christian Smith: Laura Berger è parte di Yarn/Wire dalla sua fondazione, Christian Smith ha sostituito Sae Hashimoto. Foto: Tiberio Sorvillo
  • Il concerto è proseguito e si è concluso con la musica di Antonhy Cheung. Per descrivere in sintesi la sua musica, utilizziamo le parole di Paul Griffiths, autori di romanzi, libretti d’opera e critico musicale, autore anche della Breve storia della musica occidentale pubblicata da Einaudi: “magia sonora”.

    Le tre composizioni, nella loro diversità di materiali e forme, avevano tratti comuni. Nessuna melodia accompagnata, nessun ruolo principale, e nessun ruolo gregario. Erano polifonie tra pari, forme diverse di conversazioni a quattro, rispettose, talvolta audaci, sempre fruttifere. Le polifonie proprie di una società cui aspiriamo. 

    Un concerto che ci ha fatto anche ricordare il pensiero  della filosofa ungherese Agnes Heller riguardo la  Bellezza come "promessa di felicità".