Nuove specie nei laghi dell'Alto Adige
Massimo Morpurgo è un biologo e lavora al Museo di Scienze Naturali di Bolzano. Grazie alla sua passione per le immersioni subacquee, nel 2015 ha scoperto casualmente, insieme ad altri subacquei, nuove specie animali in alcuni dei laghi più conosciuti dell’Alto Adige: quelli di Monticolo e di Caldaro. In seguito alla scoperta, il museo ha avviato insieme al biologo un progetto di ricerca su queste nuove rilevazioni per monitorare la biodiversità dei laghi. Le specie ‘importate’ oggetto dello studio sono due: le meduse d’acqua dolce e le cozze zebrate (che si trovano a Monticolo). “Fare immersioni subacquee in questo ambito permette di avere un occhio diverso sulle cose. Ci sono molte possibilità di trovare delle sorprese. Ad esempio, oltre alle specie già citate, qualche anno fa ho trovato una colonia di Briozoi (degli animali che ricordano vagamento il muschio) e si trattava di una specie non segnalata in Alto Adige”, dice Morpurgo.
Le meduse di Monticolo appartengono al gruppo zoologico degli Idrozoi e non sono pericolose per l’uomo – non sono urticanti – ma sono “una curiosità estiva”, come dice Massimo Morpurgo. Queste meduse, infatti, si vedono solo nei mesi estivi, a causa del loro ciclo di vita. Le meduse nascono e poi crescono fino a un diametro massimo di due centimetri a partire da piccoli polipi grandi un millimetro, che giacciono sul fondo del lago. Le meduse di Monticolo si riproducono per gemmazione asessuata: significa che le piccole meduse si staccano direttamente dai polipi e poi affrontano il loro ciclo vitale. “Nel lago di Monticolo ci sono solo meduse maschio, è una cosa abbastanza tipica di questa specie. C’è anche la possibilità della riproduzione sessuata, in presenza di animali maschio e femmina (che possono produrre una larva) – ma non è questo il caso”, conferma Morpurgo.
Secondo la maggior parte degli studiosi, la specie proverrebbe del bacino idrografico del fiume Yangtze in Cina, il “Fiume Azzurro” come lo chiamiamo noi, che è – insieme al “Fiume Giallo” – uno dei più importanti per la Cina. “Le meduse che ci sono in Alto Adige provengono probabilmente, secondo le analisi genetiche che abbiamo effettuato, da nord, quindi dalla Germania e dalla Svizzera. Come mai? Perché questa medusa Craspedacusta si è diffusa in tutto il mondo. La prima rilevazione in Italia è avvenuta nel 1948. Questa è una specie così detta ‘criptica’, poiché è difficile da rilevare”. Rispetto al 2015, quando Morpurgo era riuscito a rilevare un esemplare in un’ora di immersione, le cose sono cambiate molto nel 2019. “L’anno scorso sono riuscito ad avvistare fino a circa trenta esemplari in un’ora. Siamo comunque a livello molto bassi ma è un aumento”. Vedremo quest’anno a luglio se le meduse riappariranno nel lago e in che quantità.
Oltre alle meduse, come dicevamo, c’è un’altra specie che ha un impatto sull’ambiente e sulle specie autoctone altoatesine: la cozza zebrata. Questo mollusco proviene dalla zona del Mar Caspio, il più grande lago del pianeta al confine tra l’Europa dell’est e l’Asia. In Italia la specie è stata avvistata cinquant’anni fa, tra il 1968 e il 1969, nel lago di Garda. “La cozza zebrata ha un impatto molto forte sui molluschi autoctoni bivalvi delle specie Anodonta e Unio. Le cozze crescono su quest’ultimi, impendendo loro la normale attività di filtrazione dell’acqua. Le cozze appesantiscono moltissimo gli altri molluschi impendendone il movimento e l’alimentazione”, conclude Morpurgo.
Al progetto collaborano anche altri enti e altri ricercatori, sia altoatesini, sia stranieri. Samuel Vorhauser e Renate Alber del Laboratorio Biologico Provinciale di Laives si occupano della determinazione dello zooplancton presente negli stomaci per determinare, insieme a Morpurgo, l’alimentazione delle meduse. Lo specialista Peter Schuchert del Museo di Storia Naturale di Ginevra, invece, si occupa di approfondire delle ricerche genetiche sugli idrozoi. Infine, Nicoletta Riccardi del CNR – Istituto di Ricerca sulle Acquee di Verbania si occupa della determinazione delle specie di Unionidi con l’ausilio di analisi genetiche, che saranno a cura dell’Università di Porto in Portogallo.