Film | SALTO weekend

La Bella è la Bestia

The Substance e la ricerca dell’eterna giovinezza: il grottesco e satirico body horror di Coralie Fargeat intrattiene ad alto volume ma non lascia molto da scoprire.
The Substance
Foto: Screenshot
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    Posto che la speranza è che stiate tutti a far la coda al cinema per vedere Anora di Sean Baker, in queste settimane dense di uscite segnaliamo The Substance della regista francese Coralie Fargeat. Esce a Bolzano il 4 dicembre, avete tutto il tempo per farvi crescere un po’ di pelo sullo stomaco. Ché vi serve, fidatevi.

    Cos’è

    Presentato lo scorso maggio al Festival di Cannes, dove Fargeat si è aggiudicata il Prix du scénario, The Substance è un body horror e una satira sullo showbiz e sulla ricerca dell’eterna giovinezza. Elisabeth Sparkle (Demi Moore, impavida in questo ruolo) è una diva di Hollywood ultracinquantenne in declino. Vincitrice di un premio Oscar e detentrice di una stella sulla Walk of Fame, conduce un popolare programma televisivo di aerobica, ma Harvey (Dennis Quaid), il grottesco e viscido dirigente del network che ospita lo show di fitness, la scarica senza troppi complimenti per sostituirla con un volto più fresco.

    Affranta, Elisabeth viene a conoscenza di un misterioso prodotto chiamato The Substance che permette di creare una versione più giovane di se stessi. La Sostanza porta con sé però delle regole precise da seguire: Elisabeth e il suo alter ego Sue (Margaret Qualley) non possono essere compresenti ma devono alternarsi ogni sette giorni senza eccezioni. Naturalmente qualcosa andrà storto e l’esperimento avrà conseguenze indesiderate.

  • (c) MUBI

  • Com’è

    Gli elementi di critica sociale in The Substance, filtrati attraverso la lente del body horror, sono espliciti, volutamente sfacciati: la rappresentazione dello sguardo patriarcale lubrificante, la mercificazione del corpo femminile, gli schiaccianti standard di bellezza impossibili a cui la società sottopone le donne, l’iperfissazione del mondo dell’intrattenimento sulla giovinezza. L’allegoria in questo senso è tutt’altro che sottile, il sottotesto femminista evidenziato col pennarello fosforescente.

    I concetti sono insistiti, ridondanti (i primi piani e le inquadrature esasperate e ipersessuali sul corpo di Margaret Qualley ne sono la costante riprova) e, per quanto efficaci nel descrivere la contemporaneità allo scopo di ammonirla, risultano fin troppo didascalici. E, purtroppo, il film non offre molto di più in termini di commenti sostanziali alla tossicità del mondo reale o all’ossessione hollywoodiana per la bellezza e la paura di invecchiare.

    Sul lato estetico e stilistico invece l’energia di The Substance è innegabile, per gli impallinati di cinema i riferimenti visivi sono godibilissimi: partendo da quelle vibes anni ’90 direttamente da Death Becomes Her (La morte ti fa bella) di Zemeckis per planare dalle parti di Re-Animator di Stuart Gordon e Society di Brian Yuzna, Psycho di Hitchcock, Shining e 2001: A Space Odyssey di Kubrick, The Brood di Cronenberg fino a Carrie di De Palma lampante nel finale quando il film di Fargeat diventa un b-movie duro e puro.

    C’è tanta carne e nessuna remora a mostrarla. The Substance è disgustoso e vuole esserlo. Ed è anche un film divertente e che si diverte, che gioca a provocare ancora e ancora fino all’azzeccatissimo momento gore finale, facendo trionfare la forma più che la sostanza, a dispetto del titolo. Non sarà radicale come Titane ma la sua maggiore accessibilità rispetto al film di Ducournau ha se non altro il merito di far avvicinare anche il grande pubblico a un genere di nicchia. Aggiungiamo che Fargeat è solo al suo secondo lungometraggio e quindi al diavolo i difetti: voto a favore, il consiglio approva.