Arianna Moroder
Lottozero in conversazione con Arianna Moroder
Artstore: Il tuo percorso artistico si intreccia con la tua formazione come textile designer e con il tuo ruolo all’interno di Lottozero, di cui sei co-fondatrice e direttrice artistica. Come si relazionano tra loro questi diversi aspetti della tua vita professionale?
Arianna Moroder: Cerco di tenere queste due vite abbastanza separate, un po’ per la mia tendenza a separare in compartimenti, un po’ perché mi sembra tutto più in ordine così, ma anche perché non voglio creare confusione nella percezione del lavoro/dei lavori che faccio. Negli ultimi anni ho investito tutto nella mia attività per Lottozero, che mi ha dato tantissime opportunità e mi ha permesso di sviluppare moltissime competenze. Ogni giorno apprendo conoscenze che diventano strumentali nel mio lavoro di artista, che però è in certo senso l’opposto, perché estremamente intimo e personale. Allo stesso tempo, accadono momenti di incrocio, quando opero in veste di artista per Lottozero, ad esempio quando ho ideato un’installazione site-specific per Inside Lottozero, la mostra inaugurale di Lottozero nel 2016. Questi momenti sono un vero e proprio “sweet spot”, dove mi metto alla prova, e sento che sono per me tra i lavori meglio riusciti.
Il tessuto è da sempre il tuo campo di azione, ibridazione e sperimentazione, un bacino da cui attingi per plasmare un vocabolario di segni, che poi non va a codificarsi in un linguaggio specifico, piuttosto rivela la tua capacità di comprensione della materia tessile, delle sue malleabili possibilità di lettura e interpretazione della realtà (che sia un luogo fisico o un concetto astratto). Penso a come hai dato forma allo spessore (di vite vissute) insito nella parola tedesca Heimat, di cui la traduzione italiana “patria” non restituisce la complessità del significato, e che era il tema della quarta edizione di SMACH - Biennale delle Dolomiti, a cui sei stata invitata a partecipare nel 2019.
Qual è la tua relazione con la materia tessile e quale la sua potenzialità espressiva?
Nel tessuto mi sento a casa, ho una familiarità con esso che a parole non riesco ad esprimere fino in fondo, qualcosa che si conosce da sempre, che non si mette mai in discussione, dove non esistono dubbi di nessun tipo. Ho tante ansie e preoccupazioni nella vita, ma con il tessuto mi sento completamente sicura e tranquilla, in inglese si direbbe: “second nature”. Non penso che esista qualcosa che non si possa fare nella dimensione tessile, è come se avesse un potenziale senza limiti.
La materia tessile si trova in tutti i settori e in tutti gli aspetti della nostra vita. La creazione del filo e la scoperta dell’intreccio avvengono molto presto nella storia della nostra specie e per me rappresentano l’essenza del nostro essere umani. Anche altre materie prime naturali come il ferro o la pietra hanno questo aspetto primordiale e quasi mistico.
Con l’intervento site-specific realizzato quest’estate durante un periodo di residenza (presso l'istituzione Evangelische Tagungsstätte Wildbad, a Rothenburg ob der Tauber in Germania), ti sei cimentata anche con altri materiali, aprendo la tua ricerca ad una dimensione più scultorea, ad un dialogo tra diverse materialità. L’opera, adesso parte del parco di sculture dell’istituzione tedesca, è una meridiana in metallo e pietre dure, posizionata al centro dell’arcata del ponte che attraversa il fiume Tauber, un oggetto-scultura che proietta la sua ombra direttamente sull’acqua, rendendo vano il tentativo di leggere l’ora, di controllare e afferrare il tempo nel suo scorrere incessante, fatto di istanti (bagliori?) di pura intensità, come dichiari nel titolo “Paradise Now!
Ci racconti come hai sviluppato questo progetto?
Da tempo percepivo il bisogno di dare forma a qualcosa di dimensioni maggiori rispetto ai formati piccoli e medi, che appartengono allo studio del tessile, dove si ragiona spesso in micro, su intrecci e strutture di fili. Voler pensare in grande e uscire dalla mia comfort zone fatta di tessuti, mi ha portato a considerare materiali non tessili come un’opzione praticabile e molto più vicina di quanto pensassi. Mi sono immaginata un lavoro che coinvolgesse ferro, ottone, rame, foglio d’oro, ma anche pietre e ferri vecchi. Gli artigiani di Rothenburg, sono stati preziosi insegnanti, e soprattutto alleati con i quali condividere la passione per i materiali e per il “fare”. Non li dimenticherò mai!
In tutto ciò è stata un’esperienza nuova per me commissionare una parte dell’opera ad altri (la meridiana), e seguirne la produzione come si fa nel design, senza metterci fisicamente mano.
Mi sono invece buttata a capofitto sulla lavorazione manuale della seconda parte dell’opera, costituita da una serie di pannelli di ottone lavorati a sbalzo e installati a rivestimento del soffitto di un porticato sulla sponda del fiume. Questa è stata un’esperienza magica.
Ed è stata una vera e propria rivelazione imparare che, se si è molto pratici di un materiale (come per me il tessuto), si possono trasferire le proprie conoscenze e sensibilità direttamente su altre tipologie di materiali. Come se esistesse un intuito universale applicabile al mondo dei materiali!
Nell'opera che proponi per l'Artstore di Salto torna un elemento ricorrente nei tuoi lavori, quello della rete. Da te fabbricate manualmente in tessuto, queste strutture reticolari esprimono un senso di irregolarità e individualità, in contrasto con la partizione sempre uguale e anonima della griglia. Cosa ti interessa di questa geometria parziale e lievemente difforme?
Il mio bisogno di armonia si esprime in un continuo passare da uno stato di libertà incondizionata a forme di struttura più o meno marcate. Mi interessano le armonie e le dissonanze, credo che la loro compresenza comunichi qualcosa di fondamentalmente umano.
Il muoversi in equilibrio tra due poli è una grandissima sfida, ma se si riesce il risultato si carica di una tensione magnetica, che crea stupore e non smette di affascinarmi.
Nel caso di questo lavoro sono tornata a una tecnica che mi appartiene profondamente e che negli anni è diventata un vero e proprio modo di riflettere e meditare per me. Attraverso un utilizzo non convenzionale della macchina da cucire creo dei segni e delle texture di punti che per me equivalgono ad un linguaggio. Di solito lavoro cucendo su una base tessile preesistente, ma recentemente ho deciso di staccare le cuciture dal tessuto, lavorando su fondi idrosolubili, che si dissolvono una volta concluso il “ricamo”. In questo modo le cuciture non sono più un elemento decorativo, ma diventano la struttura di un nuovo materiale tessile autonomo. Intendo questa operazione come un esercizio concreto di trasformazione, all’interno del sistema di per sé rigido della griglia.
Arianna Moroder
RETE BLU 1
Tecnica: Ricamo con macchina da cucire, filo di cotone
Dimensione: 33 x 38 cm
480€
(tasse ed eventuale trasporto esclusi)
Arianna Moroder, nata nel 1985 a Bolzano, è textile designer, artista, e cofondatrice e direttrice creativa di Lottozero textile laboratories, vive e lavora a Prato.
Dopo aver studiato a Milano (IED), Amsterdam (Rietveld Academie) e Berlino (Kunsthochschule Weißensee), torna in Italia per dedicarsi al lavoro nell’industria del tessile. Dal 2012 al 2016 lavora come textile designer all'interno del team di ricerca e sviluppo dell'azienda Mantero Seta di Como. Nel 2016 fonda Lottozero e dal 2017 in poi si dedica a tempo pieno al centro di ricerca con focus tessile. Insegna a Naba, IED, Made Program e lavora come consulente tessile. Svolge in parallelo una propria attività come artista, esponendo in varie occasioni in musei e gallerie.