L’ultimo reduce
Nella memoria nazionale, la strage di Cefalonia è una delle storie più note, quanto emblematiche e strumentalizzate tra le tragedie seguite all’armistizio dell’8 settembre 1943. Dopo il crollo del Fascismo, sono centinaia di migliaia di soldati che hanno rifiutato di servire la Repubblica di Salò. Con l’esercito italiano allo sbaraglio, sono stati molti i soldati deportati nei lager nazisti, altrettanti quelli periti dalle esecuzioni sommarie da parte delle truppe tedesche e dei collaborazionisti. Altri, invece, hanno deciso di impugnare nuovamente le armi, questa volta per unirsi alla lotta partigiana.
A distanza di ottant’anni Bruno Bertoldi, bolzanino, classe 1918 nonché ultimo reduce della strage di Cefalonia riceve, come ogni anno, la tessera d'onore 2023 di ANPI, consegnata ieri 22 marzo da una delegazione dell’Associazione Partigiani accompagnata dal presidente Guido Margheri, che lo definisce “sempre lucido e pimpante”. Non si contano più gli appuntamenti di testimonianza con scuole e cittadinanza a cui Bertoldi ha instancabilmente preso parte. “Ogni incontro – dice Margheri – la sua memoria viva si arricchisce di nuovi episodi e trasmette speranza e impegno per costruire un mondo migliore”.
Autista personale del generale Luigi Gherzi, Bertoldi è riuscito a scampare miracolosamente alla strage, grazie a un sudtirolese che all’epoca optò per la Germania nazista, che ha deciso di risparmiarlo. Dopo l’eccidio viene deportato in un lager in Polonia. Finita la guerra viene trasferito in Austria e da lì, dieci anni dopo, ha raggiunto nuovamente Bolzano con stupore di chi, ormai, lo credeva morto.
La strage di Cefalonia
A Cefalonia, gli 11.500 soldati della Divisione Acqui sono arrivati nell’aprile del 1941, dopo aver subito pesantissime perdite in Albania nell’ambito della disastrosa campagna di offensiva contro la Grecia voluta da Benito Mussolini.
Prevedendo la caduta del Fascismo avvenuta il 25 luglio 1943, i tedeschi elaborarono il Piano Achse, finalizzato al disarmo delle forze armate italiane presenti sul territorio nazionale e nei Balcani, nonché l’occupazione della penisola.
Nella Grecia occupata, così come nel resto dei Balcani, questo processo è stato ampiamente facilitato dai comandanti italiani, che hanno imposto il disarmo di tutte le truppe italiane e la deportazione di chi si fosse opposto. Una serie di provvedimenti iniziati durante la primavera del 1943 e terminati a luglio hanno consegnato l’XI armata italiana, comandata dal generale Vecchiarelli, agli ordini diretti del generale Löhr, comandante delle truppe tedesche dell’Europa sud-orientale.
La sera dell’8 settembre del 1943 il generale Antonio Badoglio rendeva noto l’armistizio firmato in gran segreto con le forze alleate qualche giorno prima, segnando ufficialmente il destino delle truppe italiane: dopo due anni di occupazione militare dell’isola, la presenza tedesca sull’isola si è tramutata in una minaccia.
Il 9 settembre le truppe naziste occupano i porti e gli aeroporti di tutta la Grecia, circondando e disarmando i contingenti italiani. Vecchiarelli, dietro la promessa da parte degli ufficiali nazisti di rimpatrio dell’XI armata, ordina la resa italiana ai tedeschi in tutta la Grecia.
A Cefalonia gli ufficiali si dimostrano divisi, tra chi vuole rifiutare la resa e chi spinge per continuare a combattere a fianco dei nazisti. Nel frattempo giungono le prime notizie di deportazioni e internamenti dei militari arresi. Il comandante Antonio Gandin ordina il ripiegamento dalle postazioni offensive.
Il 12 settembre due batterie italiane nel porto di Lixouri vengono fatte prigioniere. La notte giunge la notizia che le truppe italiane stanno controllando l’isola di Corfù dopo che il colonnello Luigi Lusignani ha rifiutato di consegnare le armi, motivando sempre di più i contrari alla resa.
Il 13 settembre due barconi tedeschi tentano lo sbarco sull’isola, attaccati dalla batteria italiana e dai partigiani greci. Il Comando supremo italiano ordina agli ufficiali di non cedere le armi e di considerare nemiche le truppe tedesche. Alle 14 del 15 settembre inizia la battaglia, ma la mattina del 17, con lo sbarco dei rinforzi tedeschi, inizia la violenta offensiva nazista, con i primi massacri di soldati disarmati. Il 22 settembre gli italiani si arrendono definitivamente, ma nonostante questo, la strage continua portando il numero delle vittime tra le 3800 e i 4500.