Nomadi, finti persiani e madri ossessive
Nomadland
È il film che ha sbancato agli Oscar, pellicola sugli outsider in un’edizione di outsider. Frances McDormand chediolabenedica è stellare. Nomadland di Chloé Zhao (Songs My Brother Taught Me, The Rider), tratto dal libro d’inchiesta della giornalista statunitense Jessica Bruder, è un viaggio nel mondo del nomadismo, che fa luce su un’America poco conosciuta, quella che la New Hollywood, durante i tardi anni Sessanta e Settanta, sapeva raccontare bene. È la storia di Fern, una donna sulla sessantina del Nevada che dopo la perdita del marito e del lavoro decide di vendere tutto, comprarsi un camper e iniziare una vita on the road, direzione stati occidentali, trovando degli impieghi stagionali per mantenersi. Nel tragitto incontra altri nomadi - la maggior parte sono persone che interpretano loro stesse -, riscoprendo un senso di comunità nella marginalità della solitudine. La vera maestria di Zhao è quella di raccontare - attraverso un taglio documentario - con rispetto ed empatia le vite dei protagonisti di Nomadland, e il dramma della loro condizione di vita, muovendosi in un flusso perfetto di finzione e verità. Vabbè, ma tanto lo avete già visto tutti, no? Quindi assolutamente inutile sprecare fiato. Per i ritardatari: lo danno al Filmclub di Bolzano anche in versione originale sottotitolata.
Hop, hop.
Persian Lessons
Cos’è il genio. Uno che per non morire ammazzato crea dal nulla una lingua spacciandola per un’altra che esiste già. Persian Lessons (Lezioni di Persiano, in programma a Bolzano al Filmclub), diretto da Vadim Perelman, è ambientato nel 1942 e racconta la storia di Gilles (Nahuel Pérez Biscayart), ragazzo ebreo belga, che durante una retata delle SS viene catturato e imprigionato in un campo di concentramento tedesco. Quando gli viene chiesto se sia ebreo Gilles mente dicendo che è persiano per salvarsi da una esecuzione. C’è però una condizione: insegnare il farsi - che però non conosce - al comandante nazista Koch (Lars Eidinger), il quale a guerra finita sogna di poter aprire un ristorante a Teheran. Per sopravvivere, allora, Gilles si inventa di sana pianta una lingua. Barikalla (significa “bravo” in farsi, quello vero).
Run
Chicchetta finale. Il prossimo 10 giugno esce al cinema (il Cineplexx di Bolzano intanto l’ha inserito in cartellone) Run, secondo lungometraggio di Aneesh Chaganty dopo il pregevole Searching del 2018. Diane Sherman (Sarah Paulson) e Chloe (Kiera Allen) sono madre e figlia, quest’ultima è adolescente ed è costretta su una sedia a rotelle (la ragazza è realmente disabile, in passato solo un’altra attrice in carrozzina aveva recitato in un film, si tratta di Susan Peters e la pellicola era The Sign of the Ram - Il segno del capricorno, di John Sturges, 1948), studia a casa ed è accudita da una mamma molto ma molto presente. Già questo suggerisce che qualcosa andrà in vacca. Run è un thriller teso, solido, intelligente, di reminiscenze hitchcockiane - ma ricorda un po’ anche Misery (Misery non deve morire). Ergo, vale la pena dargli una chance. E questo è quanto, io ho finito. Musica, grazie.