I boicottatori dell'esame di Stato 2025
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"L’esame di maturità è una sciocchezza, il suo meccanismo di valutazione non rispecchia la reale capacità degli studenti, figuriamoci la maturità”. A leggere il capo d’imputazione mosso all’ultimo rito di iniziazione alla società adulta dai boicottatori della Matura 2025 (scena muta all’orale), molti avranno gioito. Vuoi vedere – si saranno detti – che i giovani, stanchi di essere “promossi d’ufficio”, finalmente si ribellano e pretendono di essere valutati per quel che “valgono” veramente? È nota a tutti, studenti in primis, la “grande menzogna” – definita così in “Le scuole italiane e il tabù della bocciatura” da Ernesto Galli della Loggia (Corriere, 29/4/2017) – su cui si regge da anni il sistema dell’istruzione italiano, il fatto cioè – per usare le parole di un insegnante pugliese, costategli (a lui sì) una sanzione disciplinare, annullata solo dopo cinque anni dal giudice del lavoro di Lecce (Corriere, 23/4/2017): “Se tutti gli studenti avessero i voti che si meritano, non verrebbe promosso più del 20%”. Perché dunque non aspettarsi da dei giovani leali e coraggiosi quello che sarebbe stato un vero atto di maturità? Pia illusione! Nessuno dei loro “cahiers de doléances” tratta il tema dell’oggettività della valutazione, il corretto rispecchiamento delle proprie capacità (da sempre assillo di ogni esaminando) e dei suoi corollari (tipo di preparazione, qualità dei programmi, materie di studio). A leggerli, chiunque possegga un minimo di buon senso, capisce immediatamente il livello di scollamento dalla realtà cui è giunta l’istruzione italiana: nemmeno la “teoria del rimbalzo” (solo l’impatto con il fondo può dare la spinta verso l’alto) credo possa giovarle. Fa specie che molti intellettuali di fama nazionale abbiano giudicato quelle doglienze “critiche sensate e civili all’alienante ragioneria del merito” che è la scuola valditariana: dimostrazione patente che, mentre i mali comuni contagiano una sola classe temporale, quelli della scuola le generazioni.
Ma la colpa di tutto ciò non sta forse proprio nella perpetuazione di quella menzogna? Se l’esame di maturità (come ogni altro esame scolastico) tornasse quello tradizionale, ante-’68 (scritti in tutte le materie che lo prevedono, orali della durata congrua in ogni materia e voti oggettivi cioè rispecchianti l’effettiva preparazione dimostrata dal candidato) non muterebbero forse anche le rimostranze dei giovani? Probabilmente, Gianmaria non sarebbe più così contrariato dal “clima di troppa competitività” della scuola: la visione dell’ascensore sociale di nuovo in movimento gli consiglierebbe considerazioni più meditate. Maddalena, sperimentate le interrogazioni oggettive di nuovo tipo, non sarebbe più così sicura che “il voto non dica nulla di lei”. Pietro non avrebbe più alcun motivo di confessare che “un voto non può venire prima della salute”: in una scuola oggettiva, il suo percorso scolastico sarebbe consono alla sua capacità di studio.
Resta una sola cosa da chiedersi: a che serve questa grande menzogna? perché perpetuarla? Tutti, più o meno consapevolmente, conoscono la risposta, ma è necessario coscientizzarla se si vuole sperare in qualche resipiscenza foriera di mutamento e nessuno meglio del professore Galli della Loggia l’ha fatto – già otto anni fa, nel 2017 (articolo sopracitato): “Serve a una cosa soprattutto, a sollevare da ogni responsabilità i partiti e la classe politica, in particolare chi governa; a liberarli dai problemi, dalle proteste, dalle rivendicazioni, che per due, tre decenni li hanno tormentati ogni volta che in un modo o nell’altro c’entrava l’istruzione. Rinunciando a istituire una scuola selettiva (cioè a bocciare), essi riescono a dare a credere, specie alla parte meno avvertita dell’opinione pubblica, che ormai esiste finalmente una scuola davvero democratica. La quale, cioè, riuscendo a tener conto delle esigenze anche dei più sfavoriti, porta in pratica tutti gli iscritti al positivo compimento degli studi. … Peccato che ciò non sia vero, perché una scuola che non seleziona, è una scuola che in linea di principio rifiuta di fornire alla società, al mondo del lavoro, qualunque attestato affidabile circa le reali competenze, la volontà d’impegnarsi, le capacità di ingegno e di carattere, dei giovani che le sono stati affidati. Rischia cioè di divenire una scuola autoreferenziale, utile solo come parcheggio e per consentire ai politici di dormire sonni tranquilli, illudendo le classi povere che c’è un’istruzione al loro servizio. … Quanto alle classi abbienti invece, loro, ormai, hanno capito bene come stanno le cose, e da tempo sono corse ai ripari.
A lei professore Giuseppe Valditara, Ministro del Merito … è ancora in tempo, prima che i cittadini di questo paese diventino servitori inutili di sua maestà la Cina.