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Equivoci di mezza estate

Come può succedere che nella pazza estate della politica bolzanina circoli una voce secondo cui basterebbe cambiare la legge elettorale per risolvere ogni problema

In una fase politica che definire confusa è sicuramente  poco, gli attori che si muovono sul palcoscenico del comune di Bolzano, divisi su tutto, sembrano uniti (con qualche assennata eccezione) nel considerare essenziale un cambiamento radicale della legge elettorale che governa la nomina del sindaco e del consiglio comunale. Tema assolutamente ignorato sino a qualche mese fa, mentre ora sembra che nulla si possa fare per garantire un futuro di governabilità al capoluogo altoatesino senza cambiare le regole che presiedono al voto. Il primo a sostenerlo è lo stesso primo cittadino eletto, Luigi Spagnolli, se non altro per esorcizzare lo spettro di un nuovo imminente ricorso alle urne che sarebbe, così sostiene, perfettamente inutile senza un cambio di legge elettorale. Sulla stessa frequenza si sintonizzano anche altri commentatori, sui "social" e sulla stampa.

In tempi non sospetti, e cioè quando i vari partiti che alla legge avrebbero potuto comodamente metter mano ignoravano bellamente l'argomento, ho scritto sulle pagine di Salto che l'accrocco mal costruito tra un sistema elettorale proporzionale come quello che continuava a valere per la nomina dei consiglieri comunali e l'elezione diretta del primo cittadino, privato per questo di ogni sorta di maggioranza, avrebbe finito per produrre dei guasti rilevanti. In realtà era già successo dieci anni fa con l'esito infausto dell'operazione Benussi, vincitore nelle urne e sconfitto in consiglio. Dato che però a uscir bastonato, in quell'occasione, era stato il centrodestra, nessuno se ne era preoccupato più di tanto.

Adesso invece le carte sbagliate sono finite in mano alla maggioranza centrosinistra-Suedtiroler Volkspartei è il lamento si alza, alto, verso il cielo, con la richiesta di metter mano ai meccanismi di voto.

C'è il forte sospetto, però, che alla base di questi ragionamenti ci sia un colossale equivoco.

I fautori di un cambio in corsa della legge elettorale per le comunali non sanno o fanno finta di non sapere che la strada sulla quale ci si può muovere in questo senso è molto stretta, quasi obbligata. Se avessero infatti la pazienza di leggersi lo Statuto di autonomia, potrebbero facilmente constatare come esso, agli articoli 47 e 61, imponga senza ombra di dubbio che il consiglio provinciale e le altre assemblee elettive tengano rigorosamente conto della rappresentatività dei gruppi linguistici, cosa che, ovviamente, si può ottenere solo con l'utilizzo del metodo proporzionale. Se, anche dopo la lettura, conservassero dubbi residui, potrebbero allontanarli recuperando, negli atti e nella memoria, quanto avvenuto nell'ormai lontano anno 1988. Il consiglio regionale di allora, dopo lunga e caotica discussione, decise di approvare una legge elettorale che introduceva, per la propria elezione, una soglia di sbarramento, al fine di eliminare dal gioco i partiti più piccoli. Un'operazione che fu mandata a gambe all'aria, e senza nemmeno troppa fatica, dal semplice ricorso alla corte costituzionale della rappresentante di un piccolo partito ladino. A stretto giro di posta i giudici costituzionali (qui il testo della sentenza se qualcuno volesse approfondire) che avevano in maniera definitiva come ogni tentativo di uscire dal ristretto campo del sistema elettorale proporzionale contrasti in maniera totale con il principio della rappresentatività dei vari gruppi linguistici all'interno del sistema autonomista e dei suoi organi elettivi. La riforma fu cancellata a poche settimane dalle elezioni e si dovette, in tutta fretta, riesumare il vecchio sistema che, da allora, è rimasto immutato almeno per quel che riguarda il consiglio provinciale di Bolzano.

Anche l'ipotesi, vagheggiata come detto da qualche commentatore, di introdurre nel sistema per l'elezione dei comuni elementi di maggioritario, tanto per dare al sindaco nominato direttamente una "dote" di seggi per poter governare comodamente, finirebbe dunque per sbattere contro il muro e questa disposizione statutaria. Né sembra pensabile il metter mano all'intera costruzione autonomista e di aprire il vaso di Pandora della rappresentatività etnica, solo per sciogliere qualche nodo politico di secondaria importanza.

Nel dibattito non poteva non farsi sentire la voce del GP (Giurista Principe) della Suedtiroler Volkspartei, il senatore Karl Zeller, il quale è intervenuto proponendo, come se fosse la panacea per tutti i mali, l'adozione, al posto del proporzionale puro attualmente in uso, per calcolo dei seggi del cosiddetto "metodo d'Hondt", così chiamato dal nome dello studioso belga che lo inventò nel 1878. Si tratta di un diverso sistema da applicare comunque nell'ambito del proporzionale che finisce per favorire lievemente le formazioni politiche più grandi rispetto a quelle più piccole. Variazioni che non cambierebbero di molto la composizione di un consiglio comunale come quello di Bolzano, anche perché il mutamento di sistema finirebbe per agevolare le aggregazioni tra gruppi diversi, pronti poi a separarsi all'indomani del voto. Una riforma, in sostanza, che non riformerebbe un bel nulla (chi comunque volesse farsi un'idea più precisa della questione,  può cominciare, dopo aver fatto opportuna scorta di antinevralgici, da qui).

E dunque? Che fare?

Esclusa ogni possibilità di riforma in senso maggioritario e scartata quella zelleriana del metodo d'Hondt, non restano, ragionevolmente, che due ipotesi. La prima è quella di lasciare tutto com'è oggi. In fondo il sistema ha funzionato, Bolzano e negli altri comuni, per vent'anni buoni senza troppi problemi. Si tratta solo di tirarsi su le maniche, eliminare qualche personalismo e magari pensare un po' di più ai temi politici e un po' di meno alle rivalità personali.

L'altra possibilità, già delineata, mesi fa, in un articolo pubblicato su Salto dal senatore Francesco Palermo che invito tutti a rileggere, è quella di usare il buon senso e tornare anche nei comuni al semplice sistema proporzionale, eliminando l'elezione diretta del sindaco che, così com'è stata concepita e realizzata, si sta rivelando solo fonte di problemi e di difficoltà. Mi si obietterà che in questo modo viene tolta ai cittadini una possibilità di scelta di chi li deve governare. Possibilità solo teorica, rispondo, visto che il sindaco che essi indicano finisce per esse messo, col sistema attuale nell'impossibilità di fare il suo mestiere senza dover sottostare ai veti ai ricatti dei partiti. Tanto vale che questi partiti  tornino ad essere investiti direttamente dalle loro responsabilità. Si eviterà anche l'ormai stucchevole caccia ai cosiddetti "personaggi della società civile" da mandare in palcoscenico per accalappiare i voti degli elettori. In fondo il ritorno al vecchio sistema, che comunque per il consiglio provinciale ha continuato e continua a funzionare, imporrà probabilmente un necessario ripensamento anche alle varie forze politiche spuntate in questi ultimi anni come funghi per reggere lo strascico a questo o quel personaggio deciso a gettarsi in politica per sfruttare una presunta popolarità.

Comunque si decida, i politici bolzanini evitino di continuare ad illudere se stessi e i loro elettori. La soluzione del rebus-Bolzano non passa e non passerà per le alchimie sulla legge elettorale.