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SFScon15, il software libero al servizio di innovazione e competitività

Dai big data alla sicurezza informatica, tanti i temi in agenda per la conferenza annuale in programma il 13 novembre al TIS Innovation park di Bolzano.
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Open hardware, big e fast data, sicurezza informatica: sono solo alcuni dei temi che verranno affrontati nel corso dell’annuale South Tyrol Free Software Conference, evento di rilievo internazionale dedicato al software libero, che si terrà a Bolzano il 13 novembre prossimo presso il TIS Innovation Park. Una manifestazione che vuole essere soprattutto un punto di incontro tra esperti, utilizzatori finali e interessati al tema, offrendo ai partecipanti l’opportunità di condividere le best practice e conoscere le ultimissime novità del settore. Rivolta al grande pubblico, ma in modo particolare ai decision makers della pubblica amministrazione e del mondo delle imprese, SFScon promuove l’utilizzo del software libero nelle infrastrutture IT come strumento per raggiungere sul territorio un più alto grado di innovazione e competitività. Nel corso della conferenza, inoltre, verrà assegnato dal Linux User Group bolzanino il “South Tyrol Free Software Award”, un premio rivolto a chi si è contraddistinto per il particolare impegno nella diffusione e nell’impiego del software libero all’interno della provincia.

Tra i numerosi speaker di fama nazionale e internazionale, Alessandro Rubini, ingegnere elettronico che attualmente lavora come consulente per aziende ed enti di ricerca, tra cui il Cern di Ginevra, nonché vicepresidente della Free Software Foundation in Europa. L’open hardware sarà l’argomento principale del suo intervento: “L’hardware libero è un’iniziativa nata sulla scia dell’esperienza di successo del software libero, che è quello che oggi è alla base di internet: tutti i servizi oggi sono basati su macchine GNU/linux, l’utente finale non lo sa - spiega Rubini - ma la condivisione della licenza dei software ha permesso di padroneggiare tecnologie complicate che altrimenti non si sarebbe stati in grado di gestire. Anche se ancora piccolo, da qualche anno è nato un movimento dell’open hardware, che prende due forme: una amatoriale, promossa da comunità di maker e un’altra che investe il mondo della grande tecnologia ed è pilotata principalmente dai centri di ricerca. Il Cern di Ginevra, dove io ho lavorato, tende a pubblicare il più possibile, anche perché questo fa parte del mandato stesso dell’istituzione peraltro. Anche negli Stati Uniti c’è un certo movimento, soprattutto nell’ambito dei processori”. Quel che è certo, è che l’open hardware registra già importanti ricadute in ambiti diversi da quello della ricerca pura: “L’utilizzo in ambito sociale è un grande tema e i risultati sono consistenti: ad esempio, la maggior parte dei pozzi di acqua dolce installati in africa dopo un po’ si rompe e aggiustarli è difficilissimo. Il progetto “Well Done” - racconta Rubini - si basa tutto sull’hardware libero e permette di riparare le strutture, insegnando alle persone dei villaggi come intervenire. Un altro progetto cruciale sviluppato con open hardware consiste nella realizzazione di protesi di plastica attraverso stampanti 3D per i bambini colpiti da mine antiuomo: senza l’utilizzo dell’hardware libero ci sarebbero costi altissimi e insostenibili anche perché in questo caso parliamo di un gruppo di circa 3000 persone. progetti pubblicati con licenza libera, collaborazione in tutto il mondo”. Qual è lo stato dell’arte in Italia? “Ci sono diverse realtà interessanti e c’è movimento. Siamo in qualche modo il paese che ha fatto l’Arduino, il grosso dei maker è nato qui, anche se poi le aziende si sono poi spostate. C’è una bellissima iniziativa, ad esempio, portata avanti dai 70 centri Coder - Dojo presenti in Italia, che prevede eventi durante i quali i bambini vengono lasciati liberi di fare e progettare. Si mettono quindi i più giovani a contatto con la programmazione informatica - aggiunge Rubini - insegnata da gruppi di maker. La grossa spinta è venuta da un finanziatore, che poi ha creato una fondazione, mentre l’attività si basa sul sostegno dei volontari, e i bambini e le famiglie non pagano”. Università ed enti pubblici, però, sembrano recepire poco questa spinta: “In effetti siamo ancora piuttosto indietro: gli atenei tendono a pubblicare articoli, ma sono ancora fermi rispetto alla pubblicazione della tecnologia, anche perché si brevetta quasi tutto e questo è un forte limite. I centri di ricerca nostrani sono molto più sensibili, ma va detto che sono sicuramente più piccoli di quelli che effettivamente creano la tecnologia di punta”. 

A spiegare invece le possibilità concrete offerte dai software open source per il monitoraggio dei consumi energetici ci sarà Palo Viskanic, Ceo della società R3 Gis, che ha base a Merano. “Abbiamo sviluppato la piattaforma EcoGIS circa dieci anni fa per assistere le amministrazioni pubbliche nel censire, documentare e monitorare i consumi energetici e le emissioni, in ottemperanza alle direttive del Patto dei Sindaci, un’iniziativa europea per la riduzione delle emissioni di CO2, che stimola le città ad adottare politiche per ridurre il consumo di energie fossili, aumentare l’efficienza energetica e sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili. Siamo partiti da Laives, poi abbiamo effettuato delle installazioni anche ad Appiano, mentre a Merano il sistema ha funzionato a tal punto che il Comune, attualmente, utilizza EcoGIS nell’ambito dell’energy management del proprio Piano di Azione per l’Energia Sostenibile, elaborato con il progetto europeo Open Energy (2011-2014), come piattaforma di analisi dati energetico-ambientali e di comunicazione verso i cittadini sui temi legati alle politiche energetiche”. Il progetto è ormai diffuso in tutta Italia: “Al momento abbiamo un centinaio di comuni in Veneto, poi sono coinvolti i comuni aderenti al Patto di Lombardia, Liguria, Sicilia e Campania: la piattaforma viene utilizzata per monitorare e documentare i propri consumi energetici e simulare interventi per abbattere le emissioni. Devo constatare - chiosa Viskanic - che il sistema è molto più utilizzato al di fuori della nostra provincia”. Visto lo sviluppo crescente, la società ha così deciso di rilasciare EcoGIS come software libero, “per favorirne lo sviluppo e la diffusione quale strumento di riferimento nella gestione dei dati energetici delle pubbliche amministrazioni. Vorremmo infatti permettere ai comuni interessati di potersi approcciare al sistema  - spiega Viskanic - e su questo stiamo preparando un sito dedicato”.  Anche perchè l’utilizzo dell’open source in questo ambito stenta ancora a decollare: “Sulla questione dei monitoraggi dei consumi ci sono molte iniziative a livello europeo, ma a livello open invece sono casi sporadici e la maggior parte dei software vengono venduti come software proprietari. Secondo noi avrebbe più senso rilasciare il codice, invece, anche perché stiamo parlando di sistemi in continuo sviluppo, in quanto la normativa su queste tematiche cambia continuamente”.