Kultur | Letteratura

Una storia di successo

“Eva dorme” di Francesca Melandri racconta la parabola ascendente sudtirolese, “Resto qui” di Marco Balzano è tra i successi del 2018. C'è spazio per entrambe le storie?
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Foto: Hotel Plagoett

A settembre Francesca Melandri ha ricevuto il Grande Ordine al Merito della Provincia di Bolzano: a otto anni dall’uscita di Eva dorme, l’autrice romana ha ottenuto il riconoscimento per aver aperto gli occhi a molti sulla storia dell’Alto Adige. In questo stesso anno, Marco Balzano ha sfiorato il premio Strega con il romanzo Resto qui, ambientato a Curon Venosta/Graun im Vinschgau. E proprio a Curon c’è stata l’unica presenza dell’autore in Sudtirolo – al fronte di quattro incontri, tra cui l’anteprima regionale del romanzo, in Trentino. La coincidenza tra questi eventi fa accostare due romanzi che parlano della stessa terra e della sue vicende poco conosciute al di fuori dei suoi confini, entrambi dal punto di vista di una donna di lingua tedesca – anzi due, nel caso di Eva dorme. I periodi storici quasi si sovrappongono: Resto qui si svolge interamente tra l’arrivo del fascismo e la costruzione della diga negli anni Cinquanta, Eva dorme affronta questi anni nelle sue pagine iniziali per poi proseguire fino all’applicazione del secondo statuto di autonomia – e con i flashback di Eva ancora più avanti.

Resto qui è una storia di squarci: quello che stacca il Sudtirolo dall'Austria, quello che separa le persone dalla loro lingua, quello che le strappa dalle loro case, quello che divide le famiglie. Le mani della Storia prendono il pezzo di terra che va da Salorno al Brennero e lo riducono in coriandoli, e alla fine della guerra bisogna guardarsi di nuovo in faccia – optanti e restanti, disertori e collaborazionisti, padri e figli, vicini di casa. Eva dorme è una storia di ricuciture: tra il Sudtirolo e l'Italia e dei sudtirolesi tra di loro, un ritorno all'unità. Hermann Huber ha optato ed è tornato, ma “Optanten e Dableiber si ritrovarono uniti nel desiderio di non dare nomi troppo precisi alle cose”. I fatti che hanno scosso il Sudtirolo per più di mezzo secolo scorrono sullo sfondo delle vicende private dei personaggi, a volte interferendovi mentre la loro vita va avanti. Solo tre uomini hanno un ruolo attivo: Hermann, optante, Peter, terrorista, e Silvius Magnago. I primi due sono chiusi in un silenzio rancoroso con la loro famiglia e con il mondo intero – anche con chi legge, impedendoci di seguirli nelle zone d’ombra della Storia sudtirolese. Magnago personifica l’autonomia, equilibrista tra una neonata repubblica italiana e le rivendicazioni – a volte violente – della sua gente. È un racconto rumoroso, scosso dalle bombe e dalle voci forti, dalle urla dei militari italiani e dal turismo di massa che avanza a portare ricchezza, dai suoni della cucina e dalle musiche delle balere in cui Gerda ritrova la propria giovinezza.

“Lo scrittore non può mettersi al servizio di coloro che fanno la storia: è al servizio di quelli che la subiscono.” – Albert Camus

La dinamite che fa saltare i tralicci scoppia come quella che demolisce le case e i fienili di Curon. Ma mentre la prima provoca paura e tensione, mettendo a rischio un processo ancora in atto – le trattative per l’autonomia –, la seconda è un punto fermo alla fine della storia del piccolo paese, le esplosioni sono accompagnate dalla rabbia tardiva, dalla sofferenza, dalla rassegnazione. Resto qui è fatto di silenzi assordanti, quelli delle istituzioni, del vescovo, del Papa a cui Trina arriva a scrivere, degli stessi abitanti che sono “assetati di tranquillità”. Non è una storia di successi: neanche la diga sarà in grado di produrre energia competitiva e diventerà presto un paesaggio da cartolina, il campanile che spunta dall’acqua come un dito inquisitore puntato verso il cielo. Anche in Eva dorme i personaggi sono travolti ciascuno da un pezzo di Storia, ma il Sudtirolo intero riesce a vincere, a ristabilire un equilibrio con lo Stato di cui fa parte – o almeno a rovesciare quello vecchio.

Insieme all’industrializzazione italiana arriva un progresso che parla tedesco, che costruisce funivie e impianti sciistici. Il turismo di massa sta nascendo, lo incarna Paul Staggl che fa la sua fortuna a partire da un terreno difficile da lavorare, senza molte velleità ideologiche (”Il denaro non solo non puzza, ma non ha nemmeno etnia”). La fabbrica dà lavoro a molti – tra cui Ulli, lo sfortunato cugino di Eva che sulle piste scriverà l’epilogo della sua vita –, il talento di Gerda nelle cucine dell’albergo di Merano la salva da quello che sarebbe stato il destino umiliante di una Matratze e di una ragazza madre, figlia di optanti e sorella di un terrorista. La ricchezza della modernità e la fine delle ostilità mescolano le carte, come nel sogno americano in cui tutti possono, contando sulle loro forze, riscattarsi. Un Südtiroler Traum che fa guardare avanti, una prosperità che sboccia nonostante il trauma, mentre Marco Balzano pone questo trauma esattamente al centro della storia.

C’è una storia che si preferisce raccontare? 

Resto qui vela di inquietudine l'ordinato modello Alto Adige, gli ingranaggi ben oliati che però nascondono qualcos’altro sotto la superficie. Lascia il dubbio che, se dietro a un fotogenico simbolo turistico si cela una storia dolorosa di prepotenze, allora possano essercene anche altre. Trina si affaccia sulle sponde del lago affollato di villeggianti che lo fotografano, ma che non vedono la storia di Curon, “come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, le piazze dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita”. Eppure è lì, sfacciatamente davanti agli occhi: c’è un lago, e nel lago c’è un campanile. C’è una storia che si preferisce raccontare? Magari la traduzione in lingua tedesca di Resto qui (già pubblicato in francese) potrà dargli la possibilità di uscire dagli scaffali dell’ufficio turistico dell’Alta Val Venosta. E a tutti, quella di vedere un po’ di buio dentro la luce senza avere paura che questo la offuschi.