Cosa ne sarà di Airbnb & co.
salto.bz: Prof. Lechner, è crisi per la sharing economy, big del settore come Airbnb o Uber hanno ridotto la forza lavoro a causa degli effetti del coronavirus, e già prima dell’emergenza sanitaria avevano puntato anche ad altri mercati. Crede che quello dell’economia condivisa sia un modello destinato a durare?
Christian Lechner: Occorre capire in che forma andrà avanti. Il problema della sharing economy è che aveva sempre un business model molto, molto fragile. È pur vero che a un certo punto è nata l’esigenza di non possedere necessariamente un bene, ma di condividerlo, ed è sorta la domanda: è possibile riuscire a costruire un’offerta che sia economicamente fattibile? Esistono due forme di sharing economy, quella in cui il bene esiste già - per fare un esempio: ho una borsa e la do a chi ne ha bisogno per andare all’opera una sera. E poi c’è quella in cui il guadagno arriva solo attraverso l’intermediazione, ed è il caso di Airbnb: le case ci sono già, la multinazionale deriva un utile facendo appunto l’intermediario. Il punto è che occorrono volumi d’affari molto alti - che dipendono dal numero degli utenti e dalla frequenza con cui questi utilizzano un servizio -, altrimenti la cosa non funziona.
Peggio ancora se il bene bisogna procurarselo.
Esatto. Se devo fare anche questo oltre ad agire da intermediario la faccenda si complica, pensiamo ad esempio al bike sharing o al car sharing. In questi casi con il noleggio devo coprire a lungo termine i costi del bene in questione e cercare al contempo di guadagnare dei soldi con l’intermediazione. Parliamo di margini molto bassi di profitto. Il car sharing ad esempio è redditizio solo se tutte le macchine vengono utilizzate con una certa frequenza. Airbnb invece questo problema ce l’ha in misura minore perché riguarda piuttosto i proprietari delle case. Nel momento in cui la frequenza di utilizzo o il numero di utenti si abbassa (ulteriormente) dopo una crisi come quella che stiamo vivendo, perché il comportamento della gente cambia, significa che sarà ancora più difficile per certi servizi sopravvivere.
Il problema della sharing economy è che aveva sempre un business model molto, molto fragile
Per la sharing economy, che ha di fatto ribaltato la cultura del consumo, non c’è dunque molto spazio di manovra per potersi reinventare?
No, non c’è. Questa crisi metterà in ginocchio un bel po’ di player. Airbnb dopo 4 settimane dall’inizio dell’emergenza coronavirus ha licenziato il 25% degli impiegati. E loro sono il numero uno del settore, insieme a Booking.
Molti modelli della sharing economy già prima della crisi-covid non funzionavano. Il bike sharing, che esiste da vent’anni, e che all’inizio era perlopiù gestito da privati, è passato in mano ai comuni in quasi tutte le città del mondo, perché per il privato non è un business proficuo. Anche il car sharing aveva già i suoi problemi. In Italia nell’impresa si è imbarcata l’Eni insieme a Enjoy, ma l’esperienza non è stata memorabile. L’altro grande attore del settore è car2go, nato dall’alleanza fra Daimler AG e BMW in parte con l’intento anche di controllare il mercato automobilistico, eppure anche loro vorrebbero cedere l’attività perché non rende. E poi c’è Uber che non ha di fatto generato profitti.
E come cambierà il comportamento dei consumatori? Il concetto tradizionale di proprietà privata, del possesso dei beni, scalzerà quello della condivisione?
Non sappiamo se si tratti di un cambiamento a breve o a lungo termine. Ritengo che anche in tema di comportamenti c’entrino le mode, sebbene molti siano convinti che quello causato dall’emergenza sanitaria sarà un cambiamento radicale. Per 15-20 anni al possesso di un bene o di un servizio abbiamo prediletto l’utilizzo temporaneo, e forse ora assisteremo a un ritorno della proprietà. Preferiremo essere proprietari di una bicicletta, una macchina, una casa. Dopo una crisi le persone cercano sicurezze ed è probabile che si verificherà un calo ulteriore della sharing economy, vedremo se durevole o no. Utilizzeremo un servizio più a lungo rispetto a prima, almeno nelle grandi città questo potrebbe essere uno dei cambiamenti a cui assisteremo. Ci sono operatori di car sharing che già offrono pacchetti che somigliano a dei leasing, per dire. O ancora: forse vedremo Airbnb diventare un’alternativa all’affitto tradizionale, anche in Alto Adige.
Sistemi come Airbnb funzionano ancora oggi perché di fatto vengono trattati come se non fossero imprese. Se dovessero pagare le tasse come altri alberghi o attività simili sarebbero già fuori mercato
A proposito di Airbnb - realtà come noto molto radicata in Alto Adige, su cui si è tentato di intervenire (senza successo) imponendo agli host il pagamento della tassa di soggiorno - un punto del dibattito riguarda come il portale degli affitti brevi stia modificando il volto dei centri storici, promuovendo sempre di più il turismo mordi-e-fuggi. In questo senso cosa dobbiamo aspettarci dall’era post-covid?
In tante città Airbnb ha devastato il tessuto cittadino, in Italia ma anche in Europa. Basta prendere la mappa di Firenze o di Lisbona per rendersi conto dell’altissimo numero di case-Airbnb in centro. E questo può essere un bene o un male a seconda dei punti di vista. I residenti hanno venduto le loro case del centro storico, spostandosi in periferia, aumentando la pressione demografica e svuotando così l’area metropolitana. Sistemi come Airbnb funzionano ancora oggi perché di fatto vengono trattati come se non fossero imprese. Se dovessero pagare le tasse come altri alberghi o attività simili sarebbero già fuori mercato. Alcune grandi città hanno siglato con la multinazionale americana un accordo che regola la modalità di riscossione dell’imposta di soggiorno. In California alcuni conducenti hanno deciso di fare causa a Uber per essere riconosciuti dipendenti a tutti gli effetti. Il problema è che il quadro giuridico è ancora molto fumoso per la sharing economy.
In termini di reazione sociale qual è la differenza fra questa crisi e quella del 2007, periodo in cui Airbnb venne fondato?
Dunque, l’ultima grande crisi finanziaria fu innescata da una crisi immobiliare. Airbnb e piattaforme simili sono nate perché hanno trovato in questo scenario una opportunità, sfruttando anche la volontà delle persone di affittare la propria casa perché in quella fase difficile avevano bisogno di soldi. La crisi odierna è diversa perché è stata provocata da un virus, che è un nemico invisibile, e che per questo crea più incertezze. Si nota in questa circostanza una tendenza a non “passare all’azione”. Ci siamo abituati a non andare al ristorante, a fare delle rinunce, con la probabile conseguenza che la gente consumerà di meno, comprerà di meno, e se questo accadesse sarebbe devastante per tutta l’economia, perché è vero che la sharing economy è fragile ma anche tutta l’economia lo è relativamente. La recessione economica iniziata nel 2007 non mise in questione il “comportamento da consumatore”, questa crisi invece lo fa.
La recessione economica iniziata nel 2007 non mise in questione il “comportamento da consumatore”, questa crisi invece lo fa
La sharing economy favorisce soprattutto i giovani, che hanno a disposizione solitamente risorse limitate. Saranno loro i fruitori più penalizzati dalla situazione attuale?
Loro saranno sicuramente svantaggiati, per i giovani la sharing economy rappresenta un modo fantastico per vedere il mondo. Modalità che per un po’ però rimarrà in sospeso, anche perché il virus non è scomparso. Mentre noi entriamo in una nuova fase, infatti, nell’altro emisfero del pianeta l’emergenza sanitaria sta esplodendo ora. A livello globale per ancora due anni le conseguenze di questa crisi le sentiremo tutte, diverso potrebbe essere il discorso sul piano locale. Un altro aspetto interessante da sottolineare, legato ai giovani, è questa nuova passione per il monopattino, che ha un costo non particolarmente elevato e che con la misura nazionale del bonus bici è ancora più accessibile. Anche a Bolzano si vedono molti giovani usare questo mezzo. Sono nati servizi di sharing in tutto il mondo - in Italia con un po’ di ritardo - ma molti ora, anche grazie alle agevolazioni, preferiscono comprarlo, a proposito del ritorno del concetto di proprietà.
Anche questa crisi, si dice ripetutamente, apre delle opportunità. Retorica o verità?
Sarà interessante vedere come cambierà per esempio l’impostazione dei posti di lavoro, ne abbiamo già avuto un assaggio con il remote working. Ci saranno anche tanti cambiamenti produttivi. È un discorso da approfondire ma negli ultimi cent’anni abbiamo visto crescere questo “mito della estroversione”, basta guardare alla maggior parte dei leader, del resto. E a un certo punto abbiamo costruito anche i luoghi di lavoro in quest’ottica: open space, trasparenti, con discussioni aperte e allargate a cui tutti devono partecipare attivamente. Abbiamo però dimenticato che la metà della nostra popolazione è introversa, e che si trova male in tali modalità e alla fine questo è controproducente anche per l’impresa. Credo che qualcosa in questo senso cambierà. In meglio, auspicabilmente, per chi finora si è sentito a disagio in certi contesti.