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I ghiacciai respirano

Conclusi in Trentino i rilievi glaciologici annuali: le abbondanti precipitazioni hanno alimentato i ghiacciai con accumuli fino a sei metri di neve. Ma c'è anche la sabbia.
ghiacciaio trentino
Foto: PAT
  • Si sono conclusi nei giorni scorsi i rilievi glaciologici che vengono eseguiti annualmente al fine di determinare il bilancio di massa dei principali ghiacciai del Trentino. I lavori sono stati coordinati dalla Protezione Civile del Trentino, in collaborazione con la Commissione Glaciologica della SAT, il Muse (Museo delle Scienze di Trento), l'Università di Padova per i ghiacciai del Parco dello Stelvio, Careser e La Mare, e il Servizio Glaciologico Lombardo per il ghiacciaio Adamello-Mandrone.

    “Quello che emerge – dice il presidente di SAT, Cristian Ferrari – è che salvo un’evoluzione calda dell’estate, ci sono buoni presupposti perché l’abbondante copertura nevosa rilevata permanga sui ghiacciai almeno alle quote più alte contribuendo alla formazione di nuovo ghiaccio. Le condizioni di nevicate eccezionali nell’inverno appena trascorso non ci mettono comunque al riparo dall’attenzione che dobbiamo avere per una situazione glaciologica che rimane critica nel suo complesso”. Intanto, per quest’anno la salute dei ghiacciai si può definire in miglioramento. “In particolare sul Ghiacciaio del Careser, dove si effettuano rilevazioni fin dal 1967 – aggiunge Mauro Gaddo, direttore Ufficio previsioni pianificazioni della Provincia – è stato calcolato un contenuto d’acqua all’interno del manto nevoso pari a 1891 mm, valore appena inferiore ai 1900 mm registrati nel 1977 che costituiscono il record della serie storica”. Con l’occasione, la Protezione Civile del Trentino e la SAT raccomandano l’importanza durante tutte l’estate per le escursioni su ghiacciaio ancora con copertura nevosa, di procedere sempre in piena sicurezza ed in cordata, considerando che molti crepacci potrebbero ancora essere coperti da residui di neve.

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  • I dati in dettaglio

    Andando nei dettagli delle rilevazioni, che hanno lo scopo di determinare la quantità e le caratteristiche tecniche della neve accumulata alla fine del periodo invernale–primaverile, i tecnici hanno misurato con delle sonde la profondità della neve dalla parte più a monte fino alla parte basale del ghiacciaio. In punti rappresentativi della superficie sono state poi eseguite delle buche nella neve fino alla superficie ghiacciata; in queste buche si sono operate misure di densità del manto nevoso, di temperatura, si sono rilevate formazioni di lenti di ghiaccio o particolari accumuli. La densità della neve ed il suo spessore hanno consentito di stimare il “volume di acqua equivalente” accumulato sul ghiacciaio che verrà restituito in forma liquida durante l’anno o in parte accumulato per la formazione di nuovo ghiaccio.

    Se i rilievi sul ghiacciaio dell’Adamello-Mandrone nel Parco Adamello Brenta, hanno mostrato accumuli fino a 6 metri di neve invernale sotto la cima Adamello e poco meno di 4 verso la fronte, per i ghiacciai nel Parco dello Stelvio si sono misurati invece per il Ghiacciaio del Careser accumuli medi dai 4-5 metri ai 2.80 nella parte più bassa, mentre per il Ghiacciaio de La Mare accumuli medi tra i 4 ed i 3,5 metri. Le densità rilevate sono variabili dai 400 ai 600 kg/metro cubo e mostrano una neve che nonostante le recenti nevicate primaverili si è già parzialmente trasformata.

    Su tutti e tre i ghiacciai si sono rilevati inoltre negli strati più superficiali a circa 1-1,5 metri dalla superficie anche due evidenti depositi di polvere rossastra di origine desertica precipitati in concomitanza agli eventi verificati chiaramente anche in fondovalle. Questi strati rossastri contribuiranno poi alla maggior velocità di fusione della neve del momento in cui verranno esposti all'azione dell'irraggiamento solare come sta già succedendo a quote più basse. Nonostante gli accumuli siano formati da neve precipitata soprattutto nel periodo tardo-primaverile, gli accumuli rilevati sono paragonabili a quelli di buone annate, come quelli rilevati dopo l’inverno 2001.