Oltre il cliché
“Translate — Transfer — Transform”: è questa l’ambizione del nuovo Centro di traduzione alla Fiera del Libro di Francoforte, conclusasi domenica. Al suo interno e in vista della presenza dell’Italia come ospite d’onore nel 2024, Stefano Zangrando ha condotto un incontro sullo scambio letterario italo-tedesco tra professionisti di editoria e traduzione dei due paesi. Nell’intervista Zangrando, insegnante, scrittore e traduttore che vive e lavora tra Rovereto, Bolzano e Berlino, prende spunto dal dialogo interculturale descrivendo peculiarità e difficoltà nella traduzione letteraria fra Italia e Germania e riflettendo sul ruolo del Sudtirolo in questo scambio.
Salto.bz: L’evento da lei condotto alla fiera di Francoforte trattava le peculiarità che emergono nell’ambito della traduzione italo-tedesca. Perché si è voluto guardare proprio a questi due contesti linguistici, ovvero, quello del mondo di lingua tedesca e quello italiano?
Stefano Zangrando: Nel 2024 l’Italia sarà ospite d’onore alla fiera di Francoforte. In vista di questo evento sono state messe in campo diverse iniziative per lo scambio letterario e culturale italo-tedesco. Questo incontro tenutosi al Centro di traduzione della fiera di Francoforte, organizzato con il Goethe Institut e gli Istituti italiani di cultura di Berlino e Colonia, è servito per capire quali sono e possono essere gli spazi di risonanza e condivisione nell’ambito del transfer letterario fra l’Italia e la Germania, con l’Austria e la Svizzera in un ruolo forse un po’ ancillare, ma comunque parti in causa.
Come sono caratterizzati questi spazi di risonanza nei rispettivi paesi?
C’è uno scambio fecondo sul piano letterario: viene tradotto parecchio in entrambe le direzioni. Sul versante letterario parliamo di molte decine di libri all’anno. La grande editoria si appoggia però molto a libri, per lo più romanzi, che comprendono cliché e luoghi comuni. La letteratura e la cultura potrebbero contribuire a costruire e trasmettere la complessità delle realtà di ciascun paese. Ma di fatto non succede così. Anzi, i luoghi comuni spesso vengono rinforzati proprio per suo tramite. Il grande pubblico, quello che non determina la storia letteraria ma il mercato, cerca questi cliché e si nutre di essi.
Come si esprime questo focus sui cliché nei rispettivi mercati?
Il pubblico tedesco nella letteratura italiana cerca spesso un’italianità che confermi i suoi stereotipi. Per l’editore Hanser di Monaco, ad esempio, i nomi grossi di questi anni sono Camilleri, Baricco e Saviano, ovvero: sud, folklore, soft seller, criminalità. È solo un esempio, però dà un po’ l’idea di cosa vende. Cosa cerchi oggi il pubblico italiano nella letteratura contemporanea tedesca non so dirlo. Nei due decenni passati c’è stato sicuramente un grande interesse per la letteratura della DDR e post ’89. Anch’esso, tuttavia, si nutriva di luoghi comuni, come la “Ostalgie”, la nostalgia del socialismo, che in realtà ha sfumature ben più complesse e contraddittorie. Questo tema però, da quel che è emerso nel dialogo con i colleghi del settore, pare abbia perso attrattiva negli ultimi anni.
Noi traduttori e editori ci muoviamo in un campo di tensione.
L’editoria ha a disposizione mezzi per interrompere queste dinamiche imposte dal mercato di massa?
Noi traduttori e editori ci muoviamo in un campo di tensione: da un lato tocca tradurre ciò che il mercato richiede. Però c’è anche una componente più idealistica, che punta alla traduzione di ciò che può durare nel tempo e contribuire a forgiare le rispettive letterature nazionali. Per fare questo i rispettivi campi editoriali si servono di diversi sistemi di finanziamento. La Germania per esempio già da tempo ha un sistema di sovvenzione per le traduzioni, come il progetto Litrix, mentre l’Italia si è attivata solo da qualche anno in vista del 2024, stanziando fondi appositi.
La traduzione letteraria italo-tedesca è, o almeno potrebbe essere, di gran interesse anche per il Sudtirolo. Come si posizionano gli operatori locali di fronte a questo dialogo?
Qui c’è un grande punto di domanda: che ne è dell’Alto Adige/Südtirol in questo scambio? Ce la raccontiamo tanto come terra di frontiera e creatrice di ponti fra i due mondi, ma alla fine il transfer letterario avviene soprattutto fra i grandi centri editoriali: Monaco e Roma, Milano e Berlino, Torino e Francoforte. E così i ponti ce li vediamo passare sopra la testa. Folio Verlag, con sedi a Bolzano e Vienna, pubblica letteratura italiana nei paesi di lingua tedesca, ma offre una scelta di titoli limitata, dettata soprattutto da criteri di vendibilità. Raetia invece lavora molto su tematiche regionali e resta dunque da capire quale potrebbe essere il suo ruolo in un simile contesto. L’editore alpha beta, dal canto suo, opera nel campo di lingua italiana e sta svolgendo un’opera meritoria, ma il suo catalogo letterario è fortemente ancorato alla produzione locale. Anche lo ZeLT, il centro di letteratura e traduzione fondato a Bressanone da alcuni membri della SAAV, dovrebbe porsi delle domande in questo senso. La fiera del 2024 può forse essere un’opportunità internazionale per dare respiro e concretezza alla nostra pretesa di fare ponte. Ma i tempi sono stretti.
Lei come percepisce il suo ruolo in questo scambio?
Personalmente mi sento a mio agio in una dimensione sovranazionale. Ogni volta che torno ad operare in regione ho l’impressione che fatichiamo a costruirci le “ali” per librarci al di sopra dei nostri confini alpini, che mi sembrano anche molto mentali. Certo, ci sono ragioni storiche comprensibili per cui non siamo ancora arrivati ad assumere un ruolo più attivo in questo scambio. Né si può pretendere che questa terra si trasformi in un covo di cosmopoliti. Ma visto che nell’ambito turistico l’immagine dell’Alto Adige/Südtirol come ponte fra i mondi di lingua tedesca e italiana viene usato molto, mi chiedo se non sia possibile valorizzare la nostra posizione anche in altri ambiti, come appunto quello letterario.