Gesellschaft | DISABILITA', SCUOLA

IL GIUDICE E IL DIRIGENTE

Sull'ordinanza del giudice Michele MInestrina del TAR di Bolzano che contro il provvedimento di un dirigente della scuola italiana in Alto Adige.
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Il 16 dicembre il “Dolomiten”, organo ufficiale del “Geist” hegeliano altoatesino, ha pubblicato un trafiletto dal titolo «Mitarbeiter für integration muss 28 stunden da sein». L’articolo riferisce più o meno che: «Il Tribunale amministrativo di Bolzano ha sospeso il provvedimento del direttore di una scuola di lingua italiana in Alto Adige: esso prevedeva che la disponibilità del collaboratore all'integrazione per un alunno disabile passasse da 28 ore settimanali a solo 22 ore e 55 minuti. Il resto del tempo di lavoro sarebbe stato destinato alle attività di pianificazione. La decisione è stata impugnata dai genitori dell'alunno. L'udienza per decidere sul merito del caso è prevista per il prossimo anno. Prima di questo, però, la scuola deve immediatamente garantire che il collaboratore all'integrazione sia disponibile per assistere l'alunno ogni 28 ore. Questo tempo non può essere eroso a causa della necessità di attività di pianificazione, che andrebbe a scapito dell'inclusione dell'alunno, secondo il regolamento depositato ieri.»

L’ordinanza, datata 14 dicembre 2021, numero 00152/2021 reg.prov.cau, n°00213/2021 rec.ric. è reperibile in rete.  “Non costituiti in giudizio”, vi compaiono anche il Presidente della Provincia Autonoma di Bolzano e il Ministro della Pubblica Istruzione, in virtù della presenza dei quali il dirigente ha potuto godere della difesa nientepopodimeno che di una pletora avvocati; nell’’ordine: Laura Fadanelli, Alexandra Roilo, Jutta Segna, Lukas Plancker e Gianluigi Tebano.  Nonostante i quali, Golia è uscito sconfitto. Come recita l’articolo, l’ordinanza annulla il provvedimento emesso dal Dirigente in cui dichiara «che risultano assegnate all’alunno … 28 ore settimanali le quali “corrispondono a a 22 ore e 55 minuti effettivi”».

Il giudice ha infatti sentenziato che «avendo necessità di continua assistenza in ambito scolastico, [l’alunno] è costretto a subire una riduzione di orario di oltre sei ore rispetto ai suoi compagni di classe, ai quali, invece, sono assegnate ventotto ore e trenta minuti effettivi … con conseguente detrimento del suo diritto ad un’istruzione piena ed inclusiva.».

A margine, «parte ricorrente [i genitori dell’alunno] duole inoltre della mancata predisposizione del P.E.I. per l’anno scolastico 2021/2022». Il Piano Educativo Individualizzato è un documento la cui redazione è imposta dal Legislatore e la cui produzione, evidentemente, è sofferta come un’inutile pastoia burocratica da certe persone. Piano Educativo Individualizzato che, guarda caso, viene prodotto il 10 dicembre – quattro giorni prima della sentenza – e nel quale «alla voce “ore di frequenza scolastica” riconosce all’alunno ricorrente 28 ore di presenza della collaboratrice scolastica».

Una domanda si impone: è necessaria l’ordinanza di un giudice per spiegare questi concetti ad un dirigente nella scuola italiana in Alto Adige?

Una persona maligna potrebbe insinuare che il dirigente sia stato preso da un eccesso di zelo. L’eccesso di zelo è la malefica, perversa tentazione in virtù della quale chi comanda si ritiene autorizzato a andare oltre i limiti del proprio ruolo per calpestare i diritti altrui, il più delle volte al mero scopo di accondiscendere a quella che si ritiene essere la convinzione dei propri superiori.

Caso emblematico dell’eccesso di zelo è stata la condanna di Adolf Eichmann. Nel concludere la puntata di “Passato e Presente” dal titolo “Eichmann, il contabile dello sterminio” [1], Paolo Mieli precisa che «il processo fu del tutto legale, la difesa faceva la difesa davvero … la difesa aveva buon gioco perché Eichmann continuava a ripetere “io obbedivo alle leggi” ero solo una rotella di un grande ingranaggio …» [2]. La condanna si poté raggiungere solo perché fu dimostrato che, nell’esercizio delle sue funzioni, il nazista non si era affatto limitato ad obbedire agli ordini ma, a seconda delle situazioni, li aveva applicati con crudeltà non richiesta e, quando riteneva fossero ingiusti (!), aveva persino disobbedito. La tanto discussa quanto celebrata “banalità del male”, stringi stringi, è tutta qui. [3]

Garantista nel midollo, sono tuttavia sicuro che non sia questo il caso e sono certo che il Dirigente ha agito con le cautele e la prudenza dettate dalla delicatezza del caso quali, a mero titolo esemplificativo, accertarsi, nelle opportune sedi, in via preventiva, che quel provvedimento fosse giuridicamente fondato. Per fugare qualsiasi dubbio, propongo quindi che la sovraintendenza apra quanto prima un’indagine interna volta a fare luce sui fatti; non vorrei mai che, in esito alla vicenda, per aver compiuto il proprio dovere lo sventurato dirigente fosse anche condannato dalla Corte dei Conti al rimborso delle spese processuali che – immagino – siano finora a carico dell’erario.

La discussione del ricorso è fissata per il 23 novembre 2022 in udienza pubblica. Save the date!

NOTE

[1] reperibile in rete all’indirizzo: https://www.raiplay.it/video/2018/01/Passato-e-presente---IL-PROCESSO-EICHMANN-372446b9-712b-4820-807b-f5b988863462.html

[2] Chi, come me, ha letto la “Lettera ai giudici” di don Lorenzo Milani, rimane sconcertato che una simile strategia di difesa potesse essere efficace, e, tuttavia, lo stesso parroco di Barbiana pone ivi in risalto il diverso ruolo dei giudici – ai quali è chiesto di applicare le leggi vigenti – e dei maestri, il cui compito è tracciare le nuove vie.

[3] Il riferimento è al celebre testo scritto da Hannah Arendt “La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme”. A mio giudizio, nel titolo la filosofa ebrea ha commesso un imperdonabile errore: attribuire la qualifica di “banale” ad un’entità astratta, il male, sollevando così le persone concrete dall’assumersi la responsabilità delle loro azioni. Il titolo corretto sarebbe stato – casomai – la banalità dei malvagi.