Boris Ausserer, der Produzent
Chi è e cosa fa oggi un produttore cinematografico? L'immagine che viene subito in mente è desueta e, come vedremo, ormai incongrua. Pensiamo per esempio al personaggio in costante affanno di Otto e Mezzo, capolavoro di Federico Fellini, quasi sicuramente una parodia (affettuosa?) di Angelo Rizzoli. Un uomo economicamente facoltoso, interessato a costruire un film capace di incassare molti soldi, ma anche all'oscuro dei veri progetti del suo regista, impossibilitato nel comprenderne appieno il tormento, per non parlare delle finalità artistiche. Altri tempi. Adesso il produttore non è troppo distante dalla figura dello stesso regista o dell'autore, ossia chi scrive il soggetto di un'opera cinematografica. Anzi, talvolta è proprio il produttore a porre l'idea, la cellula germinale di un film, e ne culla il sogno fino a sentire poi l'esigenza di tessere la necessaria trama di relazioni che porteranno in primo luogo i finanziamenti e quindi via via tutte le altre componenti utili a realizzare l'opera.
Un produttore di quest'ultimo tipo è Boris Ausserer, doppio passaporto (francese e italiano), il nome (e i tratti somatici...) ne dichiarano le radici sudtirolesi, ma residente in Germania, a Monaco di Baviera, dove lavora per la Lucky Bird Pictures, fino al 2012 all'interno di una joint venture con la svedese Yellow-Bird-Gruppe e poi resasi indipendente. Il suo nome ha assunto notevole spessore in seguito alla realizzazione del bellissimo lungometraggio Elser- Er hätte die Welt verändert, basato sulla vita di Georg Elser, il falegname che l'8 novembre 1939 tentò di uccidere Adolf Hitler facendo esplodere una bomba da lui interamente costruita e innescata all'interno della famosa birreria monacense Bürgerbraükeller, a pochi metri dal palco dove stava parlando il Führer. L'attentato fallì per una manciata di minuti, 13 per l'esattezza, visto che Hitler, a causa delle avverse condizioni atmosferiche, fu costretto a modificare la scaletta del suo soggiorno bavarese in modo da tornare col treno anticipatamente a Berlino. Ma come dice il sottotitolo, se l'attentato fosse riuscito avrebbe forse potuto cambiare le sorti della seconda guerra mondiale: l'invasione della Polonia da parte della Wehrmacht, infatti, si era verificata appena due mesi prima.
Abbiamo intervistato Ausserer a Vilpiano, dove ha trascorso qualche giorno presso la casa di un cugino.
Come una staffetta
Il primo argomento che affrontiamo è proprio quello inerente il profilo della sua attività. “Io vedo il lavoro del produttore cinematografico come quello di chi comincia una corsa a staffetta: la mia preoccupazione è dare alla gara il giusto avvio e poi trovare i corridori che siano in grado di portarla in fondo. Il grosso del lavoro, soprattutto all'inizio, consiste nel cercare qualcuno in grado di scrivere una storia, aiutarlo nelle ricerche, per poi aggiungere tutti gli altri tasselli che dovranno far nascere il film, dal regista agli attori, passando per l'indispensabile raccolta dei fondi e l'allestimento dei luoghi in cui verranno effettuate le riprese”.
Ma una storia, appena accesa, può anche naufragare, insabbiarsi. Ecco allora che i progetti da allestire sono contemporaneamente diversi, come tanti scarabocchi, o matasse di linee, che da un complessivo stato embrionale si dipanano e crescono lungo percorsi paralleli, fino a trovare qualcosa o qualcuno in grado di far affiorare un disegno compiuto. Così è stato anche per Elser, film di ambientazione “tedesca”, girato però in buona parte anche in Alto Adige. “Il Sudtirolo offre moltissimi spunti per fare un film, non ultimo quello dovuto ai recenti programmi di finanziamento che stimolano diversi produttori a cercare di realizzare qui i loro progetti. Molte scene di Elser sono state realizzate proprio nei dintorni, per esempio a Terlano, dove in effetti, grazie anche all'aiuto di un bravissimo falegname della Val d'Ultimo, siamo riusciti a ricostruire alla perfezione l'interno della Bürgerbraükeller. Altre scene le abbiamo girate a Bolzano, a Merano, dove abbiamo ricostruito il campo di concentramento di Dachau, e perfino sul passo della Mendola, che si è rivelato adatto alla resa della vecchia frontiera tra la Germania e la Svizzera”. Non è un caso che il film sia stato presentato anche al cinema Capitol di Bolzano, durante la 29esima edizione dei Bozner Filmtage, alla presenza del Landeshauptmann Arno Kompatscher.
Elser, l'incoercibile desiderio di libertà
La forza di un soggetto come quello di Elser permette a Ausserer di diffondersi sui motivi che l'hanno spinto a riesumare la storia di un personaggio noto, ma meno di quanto dovrebbe esserlo, soprattutto in tempi – come quelli che stiamo vivendo – in cui il discorso razzista delle destre europee gode di un largo consenso pubblico, sollecitato dal fenomeno delle migrazioni e delle migliaia di persone in fuga da contesti di guerra. “In Germania le figure più note della resistenza al nazionalsocialismo sono sicuramente quelle di Claus Philipp Maria Schenk Graf von Stauffenberg e dei fratelli Scholl. Ma ciò che ha compiuto Georg Elser è enormemente significativo, considerando come la sua precoce intuizione dei possibili esiti della gestione del potere da parte di Hitler sia stata poi puntualmente verificata”. Elser aveva capito che solo decapitando il partito, uccidendone le figure preminenti si sarebbe potuto imprimere un altro corso agli eventi, liberando la Germania – e l'Europa – dal cancro che la stava divorando. Pur essendo stato vicino al partito comunista tedesco come simpatizzante, egli volle eseguire il suo attentato in completa solitudine, stupendo persino gli inquirenti della propria abilità e convinzione nel realizzare quanto si era prefisso. “Abbiamo cercato di ricostruire l'impresa di Elser nel dettaglio – racconta Ausserer –, mettendo la massima cura anche nella resa di aspetti in apparenza marginali e sfruttando così tutta la documentazione disponibile sul suo caso. La sceneggiatura è zeppa di note, si è trattato di un lavoro di ricerca enorme. Per noi l'importante era comunque riuscire a delineare ciò che mosse quest'uomo a sferrare il suo lucido e disperato attacco alla micidiale macchina che poi, inesorabile, si abbatté anche su di lui. E questo fu senz'altro il suo incoercibile desiderio, direi addirittura istinto per la libertà, in ogni sua forma. Una libertà che, come ha dichiarato lui stesso, forse lontanamente memore degli assunti profondi della tradizione pietista nella quale era cresciuto, non aveva bisogno di alcuna organizzazione esterna per amplificare la propria voce, e che perciò risuona nel suo gesto con tutto il nitore delle imprese eccezionali”.
Conservare i segni della storia, anche quelli nefasti
Il confronto con un tema che afferisce al passato ci permette di tornare a parlare di Sudtirolo, del contesto politico locale, che dal passato è costantemente influenzato anche e soprattutto riguardo all'elaborazione delle due dittature in questa terra incrociatesi in un modo del tutto peculiare. Chiedo a Ausserer se conosce il centro di documentazione che è stato ricavato sotto al Monumento alla Vittoria e come giudica, anche dal suo punto di vista tecnico, l'esistenza in loco di imponenti resti del periodo dittatoriale. “Non conosco il centro di documentazione, ma ho ben presente il contesto in cui è sorto. Devo dire che la conservazione del Monumento sia un fatto positivo, perché ci permette di poter disporre di un reperto assai rilevante. Se non sapessimo più guardare al passato non saremmo neppure in grado di costruire il futuro. In ogni caso le discussioni che avete avuto voi qui per il Monumento io le ho scorte in Germania di recente, quando sono scoppiate le polemiche per la ripubblicazione del Mein Kampf. Anche in questo caso abbiamo avuto opinioni preoccupate, tese a impedire che la pubblicazione finisse nelle mani dei ragazzi. Io ritengo invece che spazzare la polvere sotto al tappeto, come si dice, sia profondamente sbagliato, e che le nuove generazioni non abbiamo solo il diritto, ma anche il dovere di leggere con i propri occhi quanto accadde tanti anni fa. Ognuno deve essere insomma messo in condizione di giudicare con i propri strumenti critici, e in questo caso opere di finzione – come un romanzo, un film o una serie televisiva – possono fungere da motivo d'ispirazione per accostarsi di nuovo al passato”.
Cinema dell'arco alpino
I libri, i romanzi, ma anche i racconti delle persone incontrate lungo un viaggio a ritroso nella memoria familiare. Attualmente Ausserer sta battendo la provincia assieme a un autore viennese, per raccogliere ispirazione e motivi che dovrebbero sbocciare in un testo dal quale, se tutto andrà per il verso giusto, verrà ricavato un nuovo film. “Si tratta di una storia che interessa il Sudtirolo in uno periodo molto lungo, dall'ultimo quarto dell'Ottocento agli anni cinquanta del secolo scorso. Il ritratto di una terra che si congeda dall'epoca del patriarcato, ma non posso dire di più, siamo ancora nella prima fase della ricerca”. Parallelamente altri progetti in stato avanzato (come la realizzazione di un film tratto dal romanzo di Francesca Melandri, Eva dorme) e un'opera, in uscita, sulla mummia del Similaun (Ötzi the Iceman), alla quale la casa di produzione di Ausserer ha contribuito assieme ad altri soggetti provenienti da tutto l'arco alpino: “Queste cooperazioni si stanno moltiplicando, creano un flusso di lavoro tra i vari versanti alpini e rendono i nostri paesi un luogo estremamente interessante per la realizzazione di ambiziosi progetti cinematografici. Senza contare la ricaduta positiva sia per quanto riguarda l'indotto strettamente legato alla realizzazione di imprese artistiche che per la promozione turistica”.
Alla fine, come all'inizio, l'uomo è ciò che racconta
Chiedo ad Ausserer se è possibile rintracciare, in tutto quello che ha fatto e sta facendo, un filo rosso, la traccia di un suo particolare e costante interesse. “Non saprei, quello che mi appassiona sono delle storie in grado di convincere il pubblico. Posso occuparmi di generi diversi, adottare forme di vario tipo, ciò che conta, però, resta il puro piacere di raccontare delle storie, qualcosa che in fondo ci rende molto simili agli uomini primitivi, quando si riunivano nelle grotte, attorno a un fuoco, per narrarsi a vicenda le esperienze del giorno”. Bagliori lontani, lingue di fuoco che danzano su pareti rocciose, tuttavia somiglianti a quelli emanati dal grande schermo, dunque più vicini e anche più veri di quel che si potrebbe pensare.