La nuova legge sulla cultura
A me, che ho vissuto tanto tempo fuori provincia, mi è spesso stato chiesto come mai non sia tornata a vivere qui, dato che nella provincia autonoma di Bolzano la cultura è riccamente sostenuta dalla mano pubblica. Infatti, basta un’occhiata alla grande e variegata offerta nelle città e nell’intera provincia, fin nei più piccoli paesini, per avere la conferma di questa impressione percepita da occhi esterni. Tutto sponsorizzato? Tutto ben alimentato da mamma provincia, anzi dalle tre mamme, ossia la ripartizione cultura tedesca, italiana e ladina? Vien voglia di approfondire, puntare il focus sul «dietro le quinte», per cui avevo iniziato a raccogliere informazioni, volantini, folder e cataloghi delle varie realtà attive a vari livelli e in vari ambiti nella cultura ormai plurilingue in zona. Tante, tantissime le iniziative, tante, tantissime le persone che le seguono. Più ricca l’offerta, più ricca la risposta. Ma chi fa o crea la domanda? Per un buon andamento del mercato economico – si sa - sono importanti domanda e offerta, ma in ambito culturale, quali sono i presupposti e da quali punti di partenza? Gli interessi sono tanti, molteplici, in ambito musicale, teatrale, cinematografico, ma anche nella danza, la lirica, la poesia, per non dimenticare la letteratura, i nuovi media e le manifestazioni di tipo più folcloristico e tradizionale. La caratteristica di questa provincia sta infatti nel saper far convivere sfilate di bande musicali amatoriali e serate rock/punk sia nei paesini dell’hinterland quanto nelle città col carosello dei carabinieri vestiti a festa nelle migliori tradizioni della Repubblica italiana, col festival di teatro di strada che ospita clown e acrobati da tutto il mondo o la rassegna di danza contemporanea che fa conoscere, ad esempio, danze sacre indiane contaminate con gestualità contemporanea all’interno di scenografie tecnologicamente virtuali. Come si sostengono? Finanziamenti a pioggia? Favorendo l’uno o l’altro gruppo linguistico, o culturale, o il figlio del patron dei patroni? Non è facile districarsi nella giungla selvaggia formata da enti pubblici, società private, enti misti pubblici e privati, teatri più o meno istituzionali, teatri indipendenti, orchestre più o meno istituzionali, bande musicali professionisti e amatoriali, festival di serie A e di serie B o di eventi off… Pare ci sia una fiabesca culturilandia che si estende da Salorno fino al Brennero passando per il confine con la Svizzera e quello con l’Austria.
Parecchie sono le critiche sentite rispetto a cosiddette «creature ominose» sul versante italiano del tipo cooperative fondate ad hoc per fini precisi o istituzioni culturali gestite direttamente dall’assessorato, e quindi da mano pubblica. Può un ente pubblico gestire realtà culturali, praticamente autofinanziandosi, oppure, richiamandosi a chi nello specifico per la cosiddetta curatela? Con quale garanzia contro eventuali conflitti di interesse? Non si rischia un corto circuito tra cultura e incultura amministrativa?
Arriva la notizia di una nuova legge per regolare quest’universo complesso e ho deciso di guardare da vicino i presupposti, le basi, i cambiamenti o le continuità, chiedendo un parere a entrambi gli assessori provinciali, Philipp Achammer e Christian Tommasini (scusandomi da subito con l’assessore del gruppo ladino che avrebbe eguale diritto di parola) per scoprirne punti di partenza e arrivo. Ciò che emerge è una realtà che avanza a diverse velocità, si muove su piani diversi e ragiona seguendo altri principi e un’altra forma mentis. È interessante rilevare le divergenze culturali nella pratica quotidiana che non ha nulla a che fare con le solite discriminazioni e/o norme/principi/pregiudizi volutamente separatisti, anzi, è semplicemente segno di diversi modi di pensare, fare e vivere, di diversa filosofia di vita, pubblica e privata, dei diversi gruppi linguistici.
Per i non addetti ai lavori va detto che le nuove norme per richiedere contributi pubblici per attività nell’ambito della cultura, di editoria e cinema, nonché dei nuovi media, entrano in vigore col nuovo anno 2017. Come mai un anno e mezzo dopo la data di approvazione della legge che risale al 27 luglio 2015? I motivi sono diversi: dalla consultazione dei diretti interessati da parte degli assessorati al sintetizzare il tutto ai fini dell’elaborazione dei criteri di attuazione, necessari per applicare ogni nuova legge. Essendo territorio di minoranze linguistiche, i criteri dovevano essere notificati presso il Consiglio europeo. Poi ci si è avvalsi della via abbreviata grazie alla Gruppenfreistellungsverordnung, ossia un decreto che prevede il non obbligo in ambito culturale, ma che richiedeva ulteriori passaggi nella giunta provinciale: bisognava cambiare il passo nella legge in cui ora si dice che basta «comunicare» i criteri all’Ue e approvarli, gruppo per gruppo (linguistico), e se qualcosa dovesse andare storto sarà la stessa Ue a farsi viva…
Pertanto si prosegue, i criteri sono pubblicati dove quelli per il gruppo italiano benchè contengono una curiosa novità: un codice etico!
Ora diamo una rapida occhiata ai vari tipi di contributi. Ce ne sono due macro: i contributi semplici, si dividono in “assegni o sussidi” (max. 4mila euro, destinati a persone singole o associazioni) con semplice report finale e lista delle spese senza rendicontazione, e in “assegnazioni” a enti (richieste soprattutto dal dipartimento del gruppo linguistico italiano, per cifre di oltre 200mila euro) erogate per intero (!) immediatamente dopo l’approvazione onde evitare problemi di liquidità, trattasi di attività annuali con strutture amministrative piuttosto ingombranti per annullare la prassi degli anticipi costosi dalle banche. Per non inimicarsi le realtà più piccole, sono stati innalzati a livello generale gli anticipi al 90% della somma totale che finora erano fermi al 30%.
L’altra tipologia sono i contributi triennali: qui la novità è che grazie all’avvenuta armonizzazione dei bilanci a livello locale e nazionale è stata riscritta la legge provinciale amministrativa, adeguandola alle scadenze pluriennali che sinora c’erano soltanto a livello teorico. Di fatto, anche la Giunta farà pianificazioni triennali (già pronto il triennio 2017-2019), per cui il denaro utile per futuri contributi triennali alle associazioni culturali richiedenti risulterà «a destinazione vincolata». Ne potranno usufruire coloro che fanno attività permanenti, i cui progetti e preventivi saranno valutati da commissioni e dalla consulta unificata (un’altra innovazione, finora erano tre le consulte, una per ogni gruppo linguistico) per decidere, pro o contro. É la stessa consulta a fare da istanza di «supervisione e controllo», in quanto è suo anche il compito di riflettere sulle tipologie dei costi ammessi. Tutt’altro discorso vale per realtà culturali di cui la Provincia è partner come, ad esempio, il Museion o l’Orchestra Haydn.
La legge dice inoltre di finanziare attività «non a scopo di lucro», per cui in teoria l’editoria non rientra essendo la loro un’attività «a scopo di lucro» (ossia: vendere), ma in pratica si possono chiedere sostegni per singoli progetti editoriali, ossia pubblicazioni e/o volumi (da parte italiana anche qui ci sono divergenze, facendo rientrare l’editoria come progetti da finanziare purché creino occupazione giovanile).
Per meglio valutare se questa legge che abolisce definitivamente tutte quelle precedenti e dovrebbe semplificare le pratiche burocratiche porterà davvero dei miglioramenti, ho approfondito il passaggio che dice «la provincia può organizzare direttamente…». É qui che si riconosce maggiormente il diverso punto di partenza tra gruppo tedesco e gruppo italiano: la Ripartizione di cultura italiana ha creato nel 1997 il Centro Trevi, gestito dalla stessa, organizzando mostre, conferenze e proiezioni di film (con oltre 87mila visitatori annuali, ci dicono). Perché? Ci viene detto che la motivazione è lo scarso numero di associazioni e attività culturali attive nel gruppo linguistico italiano (com’è invece il caso in quello tedesco) per cui è l’ente pubblico a offrire stimoli, risorse e innovazione. Al contrario, la Ripartizione di lingua tedesca segue il principio della sussidiarietà essendo tante le iniziative che coprono le altrettante esigenze sul piano culturale.
Ma sarà vero che ne esistono poche sul versante italiano? Mi viene precisato che sarebbero meno storicamente radicate… Questo sì che è un dato interessante, considerando la storia recente del secolo breve per cui tante persone di lingua italiana erano giunte in Alto Adige nel periodo della migrazione forzata da altre province d’Italia perché voluta dal regime nazional-fascista. Ma i figli di tali persone, ormai alla seconda o terza generazione, non si sono radicate qui? Alla luce dell’ormai famoso famigerato «diasgio degli italiani» sarebbe interessante saperne di più…
Tornando al passo citato, va detto che anche la Ripartizione tedesca vuole comunque tenersi la possibilità di organizzare direttamente eventi, come le grandi mostre nella Fortezza o Manifesta in passato. Attualmente l’unica iniziativa curata direttamente è la rivista »NUJ», pubblicazione annuale di culture giovanili nell’Euregio, distribuita gratuitamente tra biblioteche, scuole e associazioni.
Confrontando la nuova legge, le dichiarazioni raccolte e la realtà culturale degli ultimi anni, mi limito a dire – per ora - che di sicuro ci saranno condizioni più favorevoli per chi lavora in ambito culturale, e ricordo che il prossimo termine di scadenza per presentare i progetti è il 31 gennaio. (Di fatto sono due con questa legge, l’altro è il 20 novembre). E per valutare la situazione sine qua non, basta andare sul sito della provincia e dare un’occhiata alla voce «amministrazione pubblica trasparente»: è decretato per legge l’obbligo di rendere pubblici i contributi versati dall’amministrazione pubblica per cui si trovano tutte le somme erogate, piccole e grandi, a tutti i beneficiari, piccoli e grandi.